Il CommentoAmministratori

Tre cose che si possono fare sulle concessioni balneari

di Giancarlo Montedoro

La questione delle concessioni balneari tiene banco. Essa incrocia il Codice dei contratti pubblici che all'articolo 178 contiene il divieto di proroga dei contratti di concessione scaduti e all'articolo 186 comma 2 esclude la prorogabilità dei contratti affidati senza gara.

La necessità di svolgere le gare è stata più volte affermata dalla giurisprudenza nazionale ed europea, da ultimo dalle note pronunce dell'adunanza plenaria n. 17 e 18 del 2021 secondo le quali la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative è in contrasto con il diritto Ue e le norme legislative nazionali che la dispongono (e che in futuro dovessero ancora disporla) non devono essere applicate né dai giudici, né dalla Pa.

La terza sezione della Corte di giustizia Ue, con la sentenza del 20 aprile 2023 (causa C-348/22), ha risposto ai quesiti rimessi, con ordinanza 743/2022 dal Tar Puglia, ribadendo l'obbligo di gara discendente dall'applicazione dell'articolo 12 della direttiva Bolkstein (2006/123/Ce relativa ai servizi nel mercato interno ).

L' articolo 12 dispone che «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento».

Per la Corte gli Stati membri conservano un certo margine di discrezionalità; a monte delle scelte di adottare disposizioni destinate a garantire concretamente l'imparzialità e la trasparenza di una procedura di selezione, l'ipotesi non arriva a legittimare mai affidamenti diretti considerando il principio generale che impone l'applicazione di una procedura di selezione imparziale e trasparente. Quindi quali margini di apprezzamento conserva lo Stato a tutela del pubblico interesse nell'ambito delle scelte legislative in itinere?

Il pubblico interesse in materia, è spesso trascurato e dimenticato e non si risolve nella pretesa tutta politica della categoria dei concessionari “in sella” senza gara di vedere prorogate sine die le concessioni; e nemmeno nella tutela delle pur legittime aspettative di ipotetici grandi investitori che intravedono nelle nostre spiagge possibilità di investimento stile Cancùn.

Al di fuori di tale conflittualità economica, lo Stato potrebbe forse dovrebbe fare tre cose :

1 decidere quali parti della nostra costa non affidare a privati e lasciare a spiaggia libera con gestioni dirette da parte di enti pubblici;

2 verificare sulla base di un parametro rilevante (dimensione mercato nazionale o locale) se i tratti di costa che si è deciso di affidare a privati siano un bene scarso, solo allora sorgendo l'obbligo di gara ai sensi del diritto Ue (fatto che non esclude una scelta nazionale in favore di una procedura selettiva obiettiva e imparziale ); ciò richiede un accertamento mediante indagine di mercato della consistenza, nel mercato ritenuto rilevante, della domanda e dell'offerta ( in assenza di tale procedura potrebbe ipotizzarsi che le spiagge, in quanto sono un numero limitato, siano sempre scarse ma potrebbe tale ipotesi finirebbe per trascurare altre opzioni di allocazione dei beni );

3 calcolare il valore, sopra o sotto soglia, della concessione scarsa da affidare e decidere sulle modalità di affidamento delle concessioni cosiddette sottosoglia. ossia non necessariamente reclamanti una gara europea (non nel senso che la gara o procedura selettiva non debba esserci ma nel senso che essa possa essere più light, specie con riferimento alla necessità o meno di un bando europeo).

Si tratta di margini di discrezionalità possibile per valutare interessi pubblici rilevanti che possono anche escludere che alcuni tratti di costa siano beni economici decidendo di non affidarli a privati (il diritto Ue interviene solo ove lo Stato decida di affidare i beni ai privati).

L'interesse pubblico si rivela allora, per esempio, come interesse paesaggistico a mantenere liberi tratti di costa di singolare bellezza rimasti non edificati; o come interesse pubblico all'accesso della popolazione al mare gratis per scopi di benessere e tutela della salute pubblica; o come interesse ad affidare le concessioni non scarse – capaci per il loro numero di saturare con facilità la domanda nel mercato rilevante - con modalità più semplici e flessibili ma sempre competitive, tale essendo la tradizione giuridica nazionale di disciplina degli affidi di beni demaniali (articolo 37 Codice della navigazione), senza danno per il mercato e per altri interessi diversi (essendo le coste non assegnabili abbondantemente eccedenti la domanda di concessioni).

Oppure l'interesse a costruire bandi nazionali sottosoglia incentrati su maggiore equilibrio finanziario (canoni concessori aumentati in linea con i valori di mercato) e maggiore presenza di clausole sociali o ambientali (sempre a tutela del pubblico ).

Si tratta di interessi dimenticati in un dibattito nazionale incentrato sulla questione gara o non gara (questione in fondo da tempo risolta nel senso che le concessioni non possano prorogarsi alla scadenza e che le gare debbano farsi se i beni sono scarsi e si presumono tali in assenza di una procedura che accerti che non lo sono).

Ciò che si vuole dire è che l'obbligo di fare le gare - per il buon andamento nella gestione dei beni pubblici – è importante quantomeno al pari delle scelte che lo Stato deve fare sull'uso dei beni demaniali, non potendo risolversi ogni questione dell'uso dei beni nella questione del necessario rispetto delle garanzie competitive per il loro (eventuale ) affidamento ai privati.

Un uso virtuoso delle coste e del nostro mare deve partire da queste semplici consapevolezze: i beni sono una cosa mentre le procedure per la loro assegnazione un'altra cosa prevista a garanzia della concorrenza come metodo per la corretta allocazione delle risorse aventi valore economico.