Fisco e contabilità

Balneari, se slitta la delega nuovi concessionari solo nel 2025

Ai Comuni per chiudere le gare servono almeno 10 mesi dopo il Dlgs con i criteri

di Carmine Fotina e Gianni Trovati

È certamente vero che per trovare una soluzione strutturale sul caso delle concessioni balneari serve un’intesa con la Commissione europea. Ma intanto, senza troppa fatica, al governo potrebbe bastare davvero poco: un emendamento, anche di una sola riga, per spostare di fatto l’arrivo di nuovi concessionari a 2024 inoltrato e in diversi casi fino al 1° gennaio 2025.

È l’effetto perverso delle clausole contenute nella legge per la concorrenza approvata lo scorso agosto. Lì si fa riferimento in prima battuta alla data del 31 dicembre 2023 come termine di chiusura delle attuali concessioni, ma si chiarisce poi che «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva» entro quel termine, «connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa», le concessioni sono prorogate fino al tempo necessario per concludere la gara, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024.

Ed ecco che interviene, con un probabile emendamento al decreto Milleproroghe in discussione al Senato, l’allungamento del termine entro il quale il governo deve emanare il decreto delegato con i criteri per le nuove gare, attualmente fissato a fine febbraio. Basterà scavallare di tre o quattro mesi per rendere praticamente impossibile alla quasi totalità dei Comuni coinvolti di concludere le gare entro il 2023.

In assenza dei criteri si configureranno in automatico, in sostanza, quelle ragioni oggettive che impediscono di chiudere le procedure entro quest’anno.

Il perché è facile da ricostruire. Basta esaminare i tempi medi dei Comuni per preparare e completare una gara di questo tipo.

La procedura che porta alla gara deve partire con una delibera dirigenziale che porta il Comune a fare una ricognizione complessiva di tutte le concessioni da mettere a gara, che devono essere poi suddivise in lotti.

Questa mossa propedeutica si prende, a essere ottimisti, almeno 30 giorni. Ma è, appunto, solo la premessa.

Completata la prima ricognizione, è indispensabile individuare la posizione reddituale dei concessionari uscenti: un’operazione che assorbe in media almeno un paio di mesi.

Su questa base, occorre prevedere l’ammortamento degli investimenti autorizzati dall’ente concedente, con un’altra operazione che ha bisogno di una trentina di giorni.

Dalla casella di partenza, quindi, sono già passati quattro mesi. Ma delle gare non c’è ancora traccia. E anzi l’orizzonte prospetta a questo punto l’ostacolo più alto: quello della definizione dei canoni annui concessori, che viaggiano su dinamiche molto diversificate caso per caso e territorio per territorio e richiedono un lavoro di almeno un paio di mesi.

A questo punto si può pubblicare il bando, che norme alla mano deve essere disponibile per almeno 30 giorni. E sempre ammesso che tutto fili liscio si può passare nei 30 giorni successivi all’aggiudicazione provvisoria a cui segue in 35 giorni quella definitiva.

Insomma, al netto di probabili intoppi e contenziosi che pure in questa materia sono più che una semplice eventualità, un percorso ideale in assenza di attrito amministrativo può essere concluso in non meno di nove-dieci mesi dalle amministrazioni più capaci e fortunate. Basta aggiungere la mini-proroga in arrivo, e il congelamento fino al 2025 è servito.

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