Amministratori

Consiglio di Stato, illegittimo scaricare sui Comuni le spese elettorali dello Stato

Le prefetture devono favorire la loro partecipazione al procedimento di liquidazione onde evitare possibili sfasature

di Amedeo Di Filippo

Il ministero dell'Interno non può scaricare sui bilanci dei Comuni parte delle spese per le elezioni che competono allo Stato e le prefetture devono favorire la loro partecipazione al procedimento di liquidazione onde evitare possibili sfasature. Lo afferma il Consiglio di Stato nel parere n. 1786/2021.

La questione
Il parere è espresso nell'ambito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica presentato da un Comune per l'annullamento del decreto con il quale il prefetto ha disposto il rimborso delle somme dovute per lo svolgimento delle elezioni politiche in misura inferiore a quelle sostenute e rendicontate. La prefettura avrebbe inoltre omesso di comunicare l'avvio del procedimento impedendo al comune di addurre le proprie giustificazioni nella formazione del provvedimento.
La disciplina di riferimento è costituita dall'articolo 17 della legge 136/1976, come modificata dalla legge 147/2013, il cui comma 1 stabilisce che tutte le spese per l'organizzazione tecnica e l'attuazione delle elezioni politiche e dei referendum sono a carico dello Stato nei limiti massimi fissati dal decreto previsto dall'articolo 55, comma 8, della legge 449/1997 e dal comma 9 del medesimo articolo 17, secondo cui l'importo massimo da rimborsare a ciascun comune è stabilito con decreto del ministero dell'Interno nei limiti delle assegnazioni di bilancio. Le disposizioni di riferimento quindi prevedono da un lato che tutte le spese elettorali sostenute dai Comuni debbano essere rimborsate, dall'altro che ciò abbia luogo nei limiti fissati con decreto ministeriale.

Il controllo ministeriale
Il Consiglio di Stato ha precisato che per le consultazioni elettorali politiche il Comune, autorizzato ad anticipare le relative spese con diritto al rimborso da parte dello Stato, opera quale organo periferico dell'amministrazione statale e non esercita le funzioni proprie di ente autonomo territoriale, con la conseguenza che vige un sistema di controllo da parte del Viminale di tipo «repressivo-sostitutorio», di talché l'amministrazione statale non si limita al mero riscontro delle spese anticipate, ma deve esaminarle nel merito, anche attraverso valutazioni discrezionali sull'opportunità degli impegni di spesa assunti, verificandone la necessaria funzionalizzazione alle attività connesse all'esercizio del diritto di voto.
Purtuttavia, evidenziano i giudici di Palazzo Spada, le disposizioni di legge vanno lette alla luce dei parametri costituzionali, in primo luogo l'articolo 119, che stabilisce una corrispondenza stretta tra titolarità delle funzioni e disponibilità delle relative risorse finanziarie. L'autonomia sancita dalla Costituzione rischia di essere lesa nel caso in cui i comuni siano obbligati a utilizzare risorse proprie in favore di organismi statali per l'esercizio di compiti istituzionali di questi ultimi.

La partecipazione
Proprio perché si tratta di contemperare due principi costituzionali ugualmente tutelati – autonomia locale e coordinamento della finanza pubblica – la prima sezione sostiene che la partecipazione al procedimento amministrativo possa assumere un ruolo dirimente e, nel caso di specie, la comunicazione di avvio del procedimento di corresponsione di somme inferiori a quelle per cui era stato richiesto il rimborso avrebbe consentito alla prefettura di considerare e ponderare le ragioni del comune ed eventualmente evidenziare le spese eccedenti i limiti della buona gestione oppure applicare le riduzioni in misura diversa. Nei termini in cui si esprime il parere, la garanzia e l'effettività dei diritti partecipativi comunali costituiscono «la camera di compensazione di esigenze altrimenti incompatibili». Tanto più che dalla documentazione versata in atti non è emerso alcun elemento atto a suffragare un cattivo utilizzo delle risorse da parte del Comune e che i parametri utilizzati per il computo delle spese devono essere verificati nel loro approdo finale. Questi difetti procedurali dunque determinano una carenza motivazionale del provvedimento di rimborso e ne causano l'illegittimità.

La falla è nel metodo
All'esito dell'esame, il Consiglio di Stato non manca di bacchettare il legislatore nazionale e l'amministrazione centrale nel rilevare che l'assegnazione delle risorse a ciascun comune in un momento successivo allo svolgimento delle elezioni non semplifica le relazioni finanziarie: si tratta anzi di uno «snodo irrisolto» che impone un tetto alle spese senza considerare quanto poi i singoli comuni effettivamente sborsano. Tetto che viene peraltro fissato in un momento successivo alla celebrazione delle elezioni, così confliggendo con il parametro costituzionale dell'autonomia finanziaria degli enti locali, che determina in sostanza l'accollo di quota parte delle spese alle finanze dell'ente locale.

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