Amministratori

Ok all'algoritmo nel procedimento amministrativo ma solo con motivazione rafforzata

Non può mai comportare un abbassamento del livello delle tutele procedimentali

di Amedeo Di Filippo

Il ricorso all'algoritmo all'interno del procedimento amministrativo non può mai comportare un abbassamento del livello delle tutele procedimentali e in particolare dell'obbligo di motivazione del provvedimento, che anzi deve essere rafforzato. Lo afferma il Tar Campania con la sentenza n. 7003/2022.

Il titolare di una azienda agricola ha impugnato la nota con cui l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura ha provveduto al ricalcolo dell'importo versato a titolo di indennità compensativa applicando un nuovo algoritmo di calcolo degli importi delle riduzioni e delle sanzioni. Ha eccepito in particolare la carenza di motivazione, in quanto l'Agenzia si è limitata a esternare il risultato della procedura di ricalcolo senza menzionare quale fosse l'algoritmo utilizzato e il relativo funzionamento; e la violazione delle norme sul procedimento, posto che in sede di contraddittorio avrebbe potuto fornire elementi utili per evitare le anomalie. Il Tar Campania accoglie il ricorso.

I giudici campani partono dal sempre più frequente ricorso allo strumento algoritmico all'interno dei procedimenti amministrativi, la cui applicazione ha il "pregio" di portare sempre a un risultato imparziale, senza che alcun elemento soggettivo possa intervenire a alterare o mutare il risultato: la decisione "imposta" dall'algoritmo, si legge nella sentenza, viene spogliata da ogni margine di soggettività. In questo senso, la prospettiva è non solo quella della semplificazione ma anche quella della buona amministrazione. Purtuttavia, evidenziano, è emersa l'opposta esigenza di «assicurare un controllo umano del procedimento, in funzione di garanzia (human in the loop), in modo che il funzionario possa in qualsiasi momento intervenire per compiere interlocuzioni con il privato, per verificare a monte l'esattezza dei dati da elaborare, mantenendo il costante controllo del procedimento».

Una unanime giurisprudenza afferma che il ricorso alla funzione algoritmica all'interno del procedimento amministrativo non è vietato, neppure in relazione ai procedimenti caratterizzati da discrezionalità, ma a condizione che si rispettino i requisiti derivanti dai principi di diritto interno e dalle norme del diritto europeo. In particolare, il ricorso all'algoritmo deve avere una funzione integrativa e servente della decisione umana e non può mai comportare un abbassamento del livello delle tutele garantite dalla legge sul procedimento amministrativo, con particolare riferimento alla individuazione del responsabile del procedimento, all'obbligo di motivazione, alle garanzie partecipative e alla non esclusività della decisione algoritmica.

Il Tar Campania fa riferimento particolare al principio di trasparenza, che trova un immediato corollario nell'obbligo di motivazione degli atti amministrativi e non può essere soppresso né ridotto per la presenza di un algoritmo all'interno dell'iter procedimentale. Anzi, afferma, l'utilizzo del calcolo impone l'opposto effetto di rafforzare l'obbligo motivazionale, al fine di rendere intelligibili i parametri scelti e la relativa combinazione. La conoscibilità dell'algoritmo deve essere garantita in tutti gli aspetti: autori, procedimento usato per l'elaborazione, meccanismo di decisione, priorità assegnate, dati selezionati come rilevanti. E ancora, parafrasando il Consiglio di Stato: la "caratterizzazione multidisciplinare" dell'algoritmo comporta che la sua comprensione non richieda solo competenze giuridiche, ma anche tecniche, informatiche, statistiche, amministrative, sicché non esime dalla necessità che la "formula tecnica", che di fatto rappresenta l'algoritmo, sia corredata da spiegazioni che la traducano nella "regola giuridica" ad essa sottesa e che la rendano leggibile e, quindi non solo "conoscibile", ma anche "comprensibile".

L'altro principio è quello di «non esclusività della decisione algoritmica», previsto dal Gdpr, il quale attribuisce al destinatario degli effetti giuridici di una decisione automatizzata il diritto a che tale decisione non sia basata unicamente sul processo automatizzato, affidando al funzionario responsabile il compito di controllare, e quindi validare o smentire, la decisione automatica. Principio che impone all'amministrazione di selezionare, verificare e aggiornare costantemente l'algoritmo, al giudice di valutare la correttezza del processo automatizzato in tutte le sue componenti, al ricorrente di difendersi in giudizio conoscendo l'iter logico-giuridico seguito dall'amministrazione.

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