Urbanistica

Abusi, il rigetto di una domanda di condono deve essere sempre motivato

Con questa motivazione il Tar Lazio ha accolto il ricorso di un'associazione religiosa contro il Comune di Roma

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di Davide Madeddu

La legge «non contempla alcun meccanismo di silenzio diniego e il rigetto di un'istanza di condono richiede necessariamente una motivazione esplicita». È una delle motivazioni con cui il Tar del Lazio ha accolto, con la sentenza n. 2655/2023 il ricorso presentato da un'associazione religiosa contro l'ordinanza di Roma Capitale che aveva imposto la demolizione di opere abusive e ripristino dei luoghi legati al cambio di destinazione d'uso di un locale (acquistato all'asta) da autorimessa in luogo di culto.
Il ricorso era partito quando da Roma Capitale, in seguito a esposto di terzi e controllo, era stata emanata la determinazione dirigenziale relativa al cambio di destinazione d'uso da autorimessa a chiesa.

Nel ricorso l'associazione aveva sottolineato che l'immobile era stato acquistato in un'asta pubblica in sede di procedura esecutiva presso il Tribunale «sulla quale l'Amministrazione non si è pronunciata». In sede processuale Roma Capitale aveva sostenuto che la domanda di condono «sarebbe inammissibile sotto diversi profili, tanto da poter fare ritenere, nel caso di specie, derogabile il principio secondo il quale la demolizione va preceduta dalla previa definizione della domanda di condono pendente». Impostazione non condivisa dal Collegio.

I giudici, ricordando che l'esposto era partito in seguito alla segnalazione di terzi e che non risultavano controinteressati hanno poi evidenziato che in presenza di una richiesta di condono sono sospesi i procedimenti sanzionatori. Non solo, dai magistrati anche un'altra sottolineatura. Ossia, che «mentre il decorso del termine per provvedere sull'istanza di condono può fondare un accoglimento tacito la legge non contempla invece alcun meccanismo di silenzio diniego – come invece avviene nell'ipotesi dell'accertamento di conformità ex art. 36 del Dpr 380/2001 – con la conseguenza che il rigetto dell'istanza di condono richiede necessariamente una motivazione esplicita, con provvedimento espresso, così che non può ammettersi una reiezione implicita quale effetto dell'adozione di atti che pur la presuppongano logicamente e funzionalmente (come nel caso di specie)».

Per i magistrati quindi il provvedimento impugnato è illegittimo.

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