Amministratori

Acqua, nei Comuni del Sud investimenti zero per 8 milioni di italiani

Con le gestioni in economia a rischio i fondi europei proprio dove c’è più bisogno

di Stefano Pozzoli

Viene presentato oggi (in diretta streaming su ilsole24ore.com) grazie a Utilitalia il Blue Book prodotto dalla Fondazione di studi Utilitatis sul servizio idrico integrato. Il rapporto è sempre un’occasione di riflessione, e cade in un momento opportuno sia perché si avvicina la Giornata mondiale dell’acqua (22 marzo), sia perché è stato da poco comunicato l’elenco della prima tranche di finanziamenti del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili per il servizio idrico integrato destinati al Sud Italia.

Gli esiti del bando giustificano le preoccupazioni per il destino del Pnrr come strumento di riequilibrio, anche se il Governo ha destinato a investimenti per la risorsa idrica oltre 4 miliardi di euro. Nel Sud, infatti, nonostante i passi avanti nel riassetto della governance del sistema, permangono forti ritardi nella regolarizzazione degli affidamenti a soggetti gestori adeguati. Ed è dunque forte il timore che i pur innegabili progressi siano incompatibili con i tempi del Pnrr, perché pare sottovalutata la necessità di una politica di accompagnamento dei territori più in ritardo, per evitare il paradosso che i fogndi non vadano proprio dove sono più necessari.

Il tema del resto non riguarda solo il Pnrr: per la Commissione europea il mancato adeguamento dei territori a ragionevoli standard di servizio comporta l’esclusione da fondi pubblici del Por Fesr e da quelli della politica di coesione 2021-2027. Una partita che vale miliardi in un Paese in cui gli investimenti nel settore idrico sono essenziali.

In questo quadro, a oltre 30 anni dalla approvazione della legge Galli e con una disposizione di rafforzamento del principio della «unicità» del servizio nel decreto Sblocca-Italia, il servizio idrico integrato resta una chimera in gran parte del Sud, con oltre 8 milioni di italiani ancora serviti direttamente dai Comuni.

Solo questione di forma? Il Blue Book, al contrario, ci dimostra che si tratta di una questione fondamentale e di enormi conseguenze pratiche. Colpisce, infatti, il dato sugli investimenti: 8 euro per abitante nel caso delle gestioni comunali, contro una media nazionale di quasi 50 euro e di circa il doppio a livello europeo. Da qui le enormi perdite idriche (50% al Sud contro il 40% della media nazionale), gli alti costi di gestione e la cattiva qualità dell’acqua. Sul fronte della depurazione, ancora, le procedure Ue interessano quasi mille agglomerati urbani per 29,7 milioni di abitanti, e il 73% delle procedure d'infrazione si concentra nel Mezzogiorno, dove appunto il servizio è gestito dai Comuni.

Il rapporto fornisce anche un quadro della frammentazione strutturale, e gestionale, del comparto idrico, anche dove operano società. Su un campione di 231 società, oltre il 50% ha un fatturato inferiore ai 10 milioni, per appena il 4% del fatturato totale del settore. Per contro, le società con ricavi superiori ai 100 milioni sono il 7% del totale ma rappresentano il 53% dell’intero fatturato del campione. E questo nonostante che il servizio idrico sia un comparto, dimostra Utilitatis, in cui sono evidenti le economie di scala. Anche sotto questo profilo, dunque, il percorso da fare è molto lungo e non può che dipendere dall’efficacia della governance multilivello del sistema, anch’essa bisognosa di essere adeguata alla situazione, come ritiene il Pnrr che mira a una semplificazione normativa e al rafforzamento della governance per la realizzazione degli investimenti nelle infrastrutture di approvvigionamento idrico, oltre che a individuare misure capaci di assicurare la piena capacità gestionale.

Il momento, però, è adesso.

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