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Al recesso unilaterale per la pensione anticipata serve la definizione a monte dei criteri generali - Le istruzioni della Funzione pubblica

Tra i criteri, anche l'esigenza di riorganizzazione funzionale o la razionalizzazione degli assetti organizzativi

di Gianluca Bertagna e Salvatore Cicala

La disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro è contenuta nell'articolo 72, comma 11, del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, e consente alle amministrazioni, con decisione motivata in riferimento alle esigenze organizzative e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi, di operare una risoluzione del contratto individuale di lavoro con quei dipendenti, anche dirigenti, che abbiano maturato il diritto alla pensione anticipata, a prescindere dall'età anagrafica.

L'amministrazione, prima di procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto per raggiungimento dei requisiti contributivi per l'accesso alla pensione anticipata, deve adottare criteri generali, calibrati a seconda delle proprie esigenze, in modo da seguire una linea di condotta coerente ed evitare comportamenti che conducano a scelte contraddittorie.

Tra i criteri previsti, le pubbliche amministrazioni, possono far rientrare anche l'esigenza di riorganizzazione funzionale o la razionalizzazione degli assetti organizzativi.

Sono queste le principali indicazioni fornite dalla Funzione pubblica con il parere DFP-0054803-P-18/08/2021, pubblicato in questi giorni nella sezione «Pareri e circolari» del sito istituzionale.

I tecnici di Palazzo Vidoni rilevano inoltre che, a seguito della riforma del sistema pensionistico operata dal decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, con cui è stata generalizzata l'applicazione del sistema contributivo per le anzianità maturate successivamente al 1° gennaio 2012, non è più attuale il concetto di «anzianità massima contributiva».

Il conseguimento da parte dei dipendenti del requisito contributivo utile per l'accesso alla pensione anticipata non si configura perciò come un limite massimo, bensì come un requisito necessario alla maturazione del diritto stesso.

Il dipendente resta quindi soggetto al solo limite di età anagrafica per la permanenza in servizio, relativo all'ordinamento di appartenenza (65 anni per la generalità dei dipendenti pubblici) e, se consegue il diritto all'accesso alla pensione anticipata a un'età inferiore, può optare di esercitare tale diritto chiedendo la cessazione del rapporto di lavoro o di permanere in servizio fino all'età di 65 anni, momento in cui l'amministrazione dovrà far cessare il rapporto di lavoro d'ufficio per raggiunti limiti di età.

In ogni caso, è chiaro che l'amministrazione, nell'individuare la data di effettiva cessazione, dovrà necessariamente tenere conto del regime delle decorrenze, come disciplinato dall'articolo 24, comma 10, del Dl 201/2011, che individua una finestra mobile applicabile di tre mesi.

Durante questo periodo, conformemente ai criteri generali e agli indirizzi forniti in materia, il rapporto di lavoro prosegue e cessa effettivamente al conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico, ossia una volta che il dipendente abbia scontato i tre mesi di finestra.

In ultimo, con riferimento all'età anagrafica a partire dalla quale l'amministrazione può esercitare l'istituto della risoluzione unilaterale, viene rammentata la disapplicazione delle penalizzazioni percentuali sull'importo della pensione per effetto dell'articolo 1, comma 194, della legge 232/2016.

Questa indicazione legislativa, si legge nel parere, consente all'amministrazione ai fini dell'applicazione della risoluzione unilaterale, di esercitare tale istituto a prescindere dall'età anagrafica, fermo restando, come sopra detto, il regime delle decorrenze.

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