Appalti

Dopo la «diffida accertativa» più semplice la conciliazione tra lavoratore e impresa

Prime indicazioni dell'Inl sulle novità del Dl 76 in materia di diffida accertativa dei crediti patrimoniali

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di Massimo Frontera

Diffida accertativa per crediti patrimoniali più estesa, dopo le modifiche introdotte dal Dl Semplificazioni. Per spiegare le novità è intervenuto l'Ispettorato nazionale del lavoro con una circolare diffusa il 5 ottobre scorso con le indicazioni applicative inviate a tutte le sedi territoriali, alle Forze dell'ordine, oltre che Inps e Inail. Le novità normative, introdotte dall'articolo 12-bis del Dl Semplificazioni intervengono modificando l'articolo 12 del Dlgs n.124/2004 e si applicano a tutte le diffide emesse dopo il 15 settembre, cioè dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del Dl Semplificazioni.

La responsabilità in solido
«Un primo elemento di novità - informa la circolare - risiede nella estensione della platea dei destinatari della diffida. Il legislatore ha infatti espressamente previsto che "la diffida trova altresì applicazione nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati"». «Ciò comporta - spiega l'Inl - che la diffida accertativa, nell'ambito di un appalto o di una somministrazione di manodopera, avrà in ogni caso come destinatari sia il datore di lavoro sia il responsabile in solido, ai quali il lavoratore potrà dunque, indifferentemente, rivolgersi per dare esecuzione al titolo esecutivo».

Agevolati i tentativi di conciliazione
Al secondo posto tra le novità segnalate dalla circolare Inl c'è la «forte semplificazione delle procedure» del tentativo di conciliazione. Il testo previgente del Dlgs 124 prevedeva un tentativo facoltativo entro 30 giorni con un provvedimento di "convalida" della diffida da parte dell'Inl in caso di esito negativo della conciliazione (o della scadenza del termine) . «La nuova formulazione dell'art. 12 conferma la possibilità di instaurare un tentativo di conciliazione entro 30 giorni dalla notifica della diffida accertativa - premette la circolare -. Una volta promosso il tentativo di conciliazione e sino alla conclusione dello stesso – anche in data successiva ai 30 giorni dalla notifica della diffida – il provvedimento resta sostanzialmente "congelato", senza dunque acquisire efficacia di titolo esecutivo». D'altra parte, ricorda sempre la circolare «la stessa formulazione del nuovo comma 3 dell'art. 12 del d.lgs. n. 124/2004 subordina l'efficacia di titolo esecutivo della diffida al decorso "inutile" – vale a dire senza che sia promosso il tentativo di conciliazione – del termine dei 30 giorni». Anche in questo caso, l'Inl sottolinea la contiguità con il responsabile in solido dell'impresa di somministrazione: «Benché la disposizione rimetta la possibilità di conciliare al "datore di lavoro" si ritiene che, nelle ipotesi di esternalizzazioni, tale facoltà vada estesa anche all'obbligato solidale datore».

Conciliazione, convocare anche chi non lo ha chiesto
La precisazione è importante perché al tentativo di conciliazione è richiesto di fatto la partecipazione di tutte le parti coinvolte. «In tali circostanze- si legge nelle indicazioni dell'Ispettorato - appare opportuno convocare per il tentativo di conciliazione, nelle forme della conciliazione monocratica, anche il soggetto obbligato che non ne abbia fatto formalmente istanza, onde consentirgli di partecipare e di siglare l'eventuale accordo che, in tal modo, dispiegherà effetti nei confronti di tutte le parti. Si ricorda infatti che, come già previsto dalla precedente formulazione, "in caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo del codice civile"». Pertanto, «nell'ipotesi in cui l'accordo venga siglato soltanto da uno dei soggetti obbligati, la diffida accertativa perderà efficacia soltanto nei suoi confronti mentre acquisterà valore di titolo esecutivo nei confronti della parte che non abbia aderito all'accordo di conciliazione. Il lavoratore potrà quindi attivarsi per l'esecuzione dell'accordo (ove lo stesso non sia rispettato) ai sensi dell'art. 11, comma 3 bis, del d.lgs. n. 124/2004 – secondo cui "il verbale (…) è dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata" – ovvero mettere in esecuzione la diffida accertativa nei confronti della parte che non abbia aderito alla conciliazione».

Quando scatta l'esecuzione automatica
Al di fuori dei casi di esito positivo del tentativo di conciliazione, l'Ispettorato, alla luce delle novità, riassume i casi in cui la diffida dell'ispettore acquista efficacia in modo automatico, «senza alcun provvedimento ulteriore da parte del Dirigente di sede o altro provvedimento da parte dell'Ufficio». Si tratta dei seguenti casi: trascorsi 30 giorni dalla notifica, salvo che non sia promosso un tentativo di conciliazione o sia presentato ricorso al "Direttore dell'Ufficio che ha adottato l'atto"; in caso di mancato raggiungimento di un accordo in sede conciliativa, "attestato da apposito verbale"; in caso di "rigetto del ricorso". «L'eventuale accoglimento del ricorso impedisce pertanto la formazione del titolo esecutivo. Nel caso di accoglimento parziale sarà invece necessario rettificare il provvedimento di diffida in conformità alle indicazioni contenute nella decisione del ricorso e notificarlo al datore di lavoro e al lavoratore, il quale potrà sin da subito attivare eventuali procedure esecutive».

Infine, sulle modalità di notifica del provvedimento al datore di lavoro, la circolare rinvia a una successiva circolare ulteriori istruzioni operative e relativa modulistica.

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