Fisco e contabilità

Cassazione, le aree con diritti edificatori compensativi non sono soggette a Imu

Le Sezioni unite si pronunciano sul caso di un'area, prima edificabile e poi assoggettata a un vincolo di inedificabilità

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di Pasquale Mirto

Le sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 28 ottobre 2020 n. 23902, affermano che «un'area, prima edificabile e poi assoggettata ad un vincolo di inedificabilità assoluta, non è da considerare edificabile ai fini Ici ove inserita in un programma attributivo di un diritto edificatorio compensativo, dal momento che quest'ultimo non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso». In altri termini, la Cassazione ha escluso l'imponibilità dei diritti edificatori compensativi.

Nell'articolata sentenza, la Corte ricostruisce minuziosamente i termini della vicenda, partendo dalla circostanza che in realtà i diritti edificatori, variamente definiti dalle leggi regionali, hanno visto un riconoscimento, a livello di legislazione statale, con il Dl 70/2011, che ha introdotto l'articolo 2643, n. 2 bis del codice civile, il quale impone la trascrizione dei contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori, comunque denominati, previsti da normative statali, regionali o da strumenti di pianificazione territoriale.

La Corte si è interrogata sulla natura del diritto edificatorio, allorquando questo assume carattere compensativo, ovvero rappresenta la modalità di risarcimento o pagamento della modifica urbanistica del suolo, sul quale viene apposto un vincolo di inedificabilità. In questo caso, ad avviso della Corte, si realizza un complesso programma di compensazione, che vede la fase del "decollo", nella quale viene assegnato il titolo volumetrico indennitario al proprietario che ha subìto il vincolo, la fase del "volo", che rappresenta la fase intermedia in cui l'area di atterraggio, ovvero quella dove sarà possibile utilizzare il credito edificatorio, non è stata individuata, ed infine la fase dell'atterraggio. A completare il quadro, si dà rilievo alla circostanza che durante la fase del volo i diritti edificatori, sganciati da qualsiasi terreno, possono essere oggetto di autonomi contratti di compravendita. E ciò in coerenza con la natura del diritto edificatorio compensativo, che non costituisce nulla di diverso da una «indennità ripristinatoria – in moneta urbanistica – di un patrimonio inciso, che il proprietario può valorizzare sul mercato indipendentemente dal suolo generatore».

La Corte è però attenta a precisare le differenze che esistono tra interventi compensativi e quelli di tipo perequativo. In quest'ultimo caso, il diritto edificatorio viene riconosciuto al proprietario del fondo come una qualità intrinseca del suolo stesso, considerato che questo accede all'edificabilità del comparto che viene spalmata all'interno dell'ambito territoriale di trasformazione. In altri termini, nel suolo oggetto di perequazione lo strumento urbanistico già attribuisce un diritto edificatorio, mentre nel caso del diritto edificatorio di natura compensativa, questo ha una funzione sinallagmatica, volta a ristorare il proprietario del fondo su cui è stato apposto il vincolo.

Proprio questa funzione, la libera circolabilità, svincolata nella fase del volo da qualsiasi terreno, non permette di qualificare tale diritto come "reale".

Infine, la Corte ha evidenziato come la legittimazione dell'imponibilità di tali diritti edificatori, svincolati dalla presenza di un terreno, almeno nella fase del volo, determinerebbe un illegittimo ampliamento del presupposto dell'Ici, ma anche dell'Imu e della nuova Imu, ovvero il possesso di un fabbricato, di un terreno o di un'area edificabile.

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