Cessione crediti a rischio, un avviso nel cassetto può attivare il blocco
Non sempre il blocco preventivo delle cessioni dei bonus casa si traduce in una richiesta di documenti.
Professionisti e intermediari stanno ragionando su come affrontare al meglio i controlli che l'agenzia delle Entrate ha avviato in base al decreto Antifrodi (Dl 157/21). Diversi operatori hanno ricevuto nei giorni scorsi le richieste di documentazione dagli uffici (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Ma l'invio di una lettera non è un passaggio obbligato.Secondo la legge (articolo 122-bis del decreto Rilancio), le Entrate – dopo la ricezione di una comunicazione di cessione o sconto in fattura – hanno cinque giorni per decidere di congelare il trasferimento del bonus, quando emergono profili di anomalia, ad esempio nei dati comunicati o nei soggetti coinvolti. A questo punto l'Agenzia rende nota l'eventuale sospensione al soggetto che ha trasmesso la comunicazione, con una ricevuta resa disponibile tramite i servizi telematici, e si apre un periodo di 30 giorni durante il quale gli uffici di controllo devono decidere se rendere definitivo il blocco (e annullare a tutti gli effetti la cessione) oppure lasciar decorrere il termine senza provvedimenti espressi, rimuovendo così la sospensione.
Insomma, può bastare un avviso nel cassetto fiscale per arrivare al blocco della cessione, in tutti i casi nei quali l'Agenzia non ritenga di chiedere documenti all'intermediario. Se invece l'ufficio invia la richiesta della documentazione, si apre una fase di confronto con un funzionario che sembra ricordare altri meccanismi già sperimentati.Quando il controllo conferma i rischi che avevano fatto scattare la sospensione, le Entrate rendono noto l'annullamento «degli effetti della comunicazione» al soggetto che l'ha trasmessa, con la relativa motivazione. Secondo il provvedimento delle Entrate del 1° dicembre 2021, solo a questo punto l'intermediario è tenuto a informare dell'annullamento il titolare della detrazione, inoltrandogli quanto ricevuto dall'Agenzia. Anche se, chiaramente, i contribuenti preferiranno essere informati prima.
Proprio il fatto che si tratti di un atto motivato, riguardante un credito d'imposta, implica che – contro il provvedimento di annullamento – sia possibile fare ricorso. Naturalmente, andranno valutati costi e benefici del contenzioso, perché durante il processo non si potrà tentare di ripetere la comunicazione di cessione, scelta che – almeno in teoria – non è preclusa se non si fa ricorso (anche se probabilmente l'Agenzia farebbe scattare nuovamente il blocco). Al di là del contenzioso, rimane il rimedio generale dell'autotutela, con cui si potrebbe chiedere agli uffici di sbloccare una cessione di un credito d'imposta anche dopo i 30 giorni e anche se dovessero essere scaduti i termini per l'eventuale ricorso davanti al giudice tributario. Toccherebbe però al contribuente e all'intermediario dimostrare la bontà delle proprie ragioni, magari sottoponendo alle Entrate un documento che nella prima fase non si è riusciti a reperire.