Componenti perequative da contabilizzare nel titolo terzo dell’entrata
La Sezione Autonomie della Corte dei conti, con la delibera n. 13/2025, è intervenuta a dirimere la questione della contabilizzazione delle componenti perequative introdotte, in aggiunta alla Tari/tariffa corrispettiva, dalla deliberazione Arera n. 386/2023.
Due sono le questioni sottoposte alla Sezione Autonomie dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Regione Marche, sulla base di uno specifico quesito rivoltole, tramite il Consiglio delle Autonomie Locali (Cal), da un Comune marchigiano. La prima, riguardava il criterio per la determinazione delle somme delle componenti perequative da riversare alla Csea da parte del gestore delle tariffe e dei servizi per l’utenza, ossia se dovesse utilizzarsi il criterio di competenza (quello delle somme addebitate agli utenti), come sostenuto da Arera e dalla Csea (la quale, anzi, richiede il versamento degli importi delle componenti perequative determinate sulla base del numero delle utenze, indipendentemente non solo dall’incasso ma addirittura dell’effettivo addebito nell’anno di competenza), ovvero quello di cassa, basato sugli importi effettivamente introitati nell’anno di riferimento. La seconda questione atteneva invece alla corretta contabilizzazione in bilancio delle somme relative alle componenti perequative, ossia se l’imputazione di tali importi debba avvenire nel titolo terzo dell’entrata ovvero nelle partite di giro.
La Sezione delle Autonomie ha rilevato il contrasto interpretativo tra la Corte dei conti della Liguria che, con le deliberazioni n. 4 e 5 /2025, ha sostenuto che le componenti perequative vanno riversate alla Csea sulla base degli importi incassati e che, pertanto, la contabilizzazione debba avvenire a partite di giro e la Corte dei conti della Lombardia che, con le deliberazioni n. 15-19/2025, non si era pronunciata sulla questione della determinazione dell’importo da riversare alla Csea, ma aveva ritenuto che la contabilizzazione dell’entrata dovesse avvenire nel titolo terzo dell’entrata e non nelle partite di giro.
In primo luogo, la Sezione Autonomie ha ricordato che il Dlgs 197/2021 ha assimilato i rifiuti accidentalmente pescati ai rifiuti urbani e che il successivo intervento della legge 60/2022 ha stabilito che il finanziamento dei costi dei rifiuti anzidetti debba avvenire al di fuori della Tari o della tariffa corrispettiva, prevedendo un sistema alternativo di finanziamento e copertura a cui partecipano gli enti territoriali. Rimettendo all’Arera il compito di definire tale sistema.
L’Arera, con la deliberazione n. 386/2023, ha istituito, dal 1/1/2024, la componente UR1, destinata al finanziamento dei costi per la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e volontariamente raccolti, pari a € 0,10 ad utenza. Inoltre, con la medesima deliberazione, l’Arera, analogamente a quanto avviene negli altri settori di mercato regolati, ha introdotto, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2024, una specifica componente perequativa da applicare alle utenze del servizio dei rifiuti urbani per compensare le eventuali agevolazioni tariffarie a favore delle zone colpite dagli eventi eccezionali e calamitosi (UR2), pari a € 1,50 a utenza. La stessa deliberazione ha disciplinato le modalità di successiva dichiarazione e riversamento (o rimborso) alla Csea, delle somme delle componenti perequative, al netto di quanto speso dal Comune per la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti.
La Sezione Autonomie ha evidenziato che il Comune, in quanto gestore delle tariffe e dei rapporti con l’utenza, è titolare di tre diverse obbligazioni giuridiche. La prima, vede il Comune titolare di un diritto di credito nei confronti dei contribuenti/utenti, in base a un’obbligazione la cui natura civilistica è stata affermata dalla sentenza n. 35282/2023 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, seppure con riferimento agli “oneri di sistema” del mercato energetico, in relazione ai quali appare del tutto evidente, per i Magistrati contabili, la similitudine con le componenti perequative, che svolgono analoga funzione nel mercato della raccolta dei rifiuti. A livello contabile, va considerato che la componente perequativa è dovuta dal contribuente/utente al Comune nell’anno a, mentre l’obbligazione di riversamento delle somme alla Csea sorge solo l’anno dopo. Il legislatore ha introdotto non un’entrata autonoma, ma una componente fiscale che si aggiunge alla Tari; pertanto, il trattamento contabile da applicare si deve determinare per accessorietà e complementarietà, come affermato dalla Corte lombarda. Conclude la Sezione Autonomine, che il credito verso l’utenza va rappresentato “come” la Tari, e allo stesso tempo va esposto separatamente. Esso, di conseguenza, va accertato tra le entrate di parte corrente del titolo III, seguendo la classificazione fornita dall’Allegato 13/1 al Dlgs n. 118/2011 (articolo 15, comma 2); tuttavia va accertato attraverso una posta separata dalla Tari. In merito all’imputazione, visto che non ci sono regole specifiche, occorre seguire il criterio della competenza finanziaria “potenziata”. Il credito va accertato in base all’esigibilità e non per cassa; esso va rilevato in bilancio nell’anno “a” in cui matura il credito, in quanto esso sorge privo di termini o condizioni. Tale credito è collegato a una futura obbligazione di riversamento alla Csea, del tutto eventuale, che sorgerà nell’anno a+1. Nell’anno a, l’obbligazione di riversamento è solo potenziale, comportando l’obbligo di accantonare le somme relative alla componente perequativa nella riga B del risultato di amministrazione (avanzo accantonato).
La seconda obbligazione che riguarda il Comune (in quanto gestore delle tariffe) è quella eventuale nei confronti delle imprese che hanno provveduto a fornire i mezzi per la raccolta o al trattamento dei rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, considerato che l’organizzazione, la gestione dei servizi di raccolta e avvio allo smaltimento e recupero dei rifiuti urbani compete ai Comuni (rientra tra le funzioni fondamentali). Tale obbligazione va pertanto rappresentata, separatamente, in parte spesa, secondo l’ordinario criterio della competenza finanziaria potenziata, anche questa nell’anno “a”.
La terza obbligazione è quella del Comune nei confronti della Csea per il riversamento della componente perequativa (al netto del costo dei rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti) (o per il rimborso della differenza negativa), obbligazione che sorge solo nell’anno successivo a quello di riferimento delle componenti perequative. Il debito o il credito deve però prima essere quantificato, ricorda la Corte, secondo i criteri determinati dalla normativa sostanziale vigente contenuta nella deliberazione Arera e nelle disposizioni interne di funzionamento della Csea. Tale obbligazione grava, infatti, direttamente sul gestore delle tariffe e quindi sul Comune, come è evidenziato dalla delibera Arera 386/2023 che prevede, in caso di ritardo nel versamento, interessi moratori in capo allo stesso, nonché la sospensione di tutte le erogazioni in favore dell’ente. Il patrimonio del gestore della tariffa, in base alla delibera, è direttamente esposto a conseguenze patrimoniali automatiche collegate all’inadempimento, impegnandolo in nuove spese, ovvero, compromettendo la possibilità di nuove entrate. La Corte ha precisato che l’obbligazione di riversamento intercorre quindi direttamente tra Comune e Csea e che è distinta dall’obbligazione che riguarda l’utente. Tuttavia, la Corte non è entrata nel merito del criterio di quantificazione dell’obbligazione intercorrente tra Comune e la Csea, evidenziando come tale aspetto sia estraneo al problema contabile della sua rappresentazione. Le eventuali controversie tra le parti di quest’ultima obbligazione, il gestore delle tariffe e la Csea, devono essere risolte in ambiti giurisprudenziali specifici e diversi da quello contabile.
Ciò ha spinto la Corte a non pronunciarsi sulla questione relativa alla quantificazione del riversamento delle componenti perequative sulla base del criterio di cassa o di competenza, dichiarando inammissibile il relativo quesito, in quanto incide sulla determinazione del quantum debeatur dell’obbligazione di riversamento, presupposta rispetto alla rappresentazione contabile e suscettibile di generare contenziosi di competenza di altre magistrature.
Sul secondo quesito, invece, quello relativo alla contabilizzazione, ha ritenuto che non sia corretto inserire le poste relative alle componenti perequative e al riversamento alla Csea nelle partite di giro. Quest’ultime, infatti, riguardano casi in cui l’ente agisce come mero “esecutore di spesa” di un altro ente, privo di discrezionalità decisionale (in quanto la titolarità della funzione, e quindi l’onere di spesa, è di un altro ente). In questo caso il Comune non è un esecutore per conto della Csea, ma deve adempiere adun onere proprio il cui costo, tuttavia, viene successivamente rimborsato sulla base di un meccanismo solidaristico che presuppone una contabilità analitica e la rendicontazione separata di risorse e impieghi utilizzati e sostenuti. Anzi, al contrario è la Csea che agisce per conto dei Comuni che hanno sostenuto spese per rifiuti marini e non il contrario, alla stregua di un mandatario collettivo per legge, che svolge un servizio pubblico di tipo finanziario a scopo solidaristico. Inoltre, il Comune è esposto a specifiche conseguenze negative in caso di inadempimento dell’obbligazione dei confronti della Csea.
La Corte ha concluso quindi che: «le somme derivanti dalle componenti perequative Tari vanno imputate nel bilancio comunale tra le entrate di parte corrente; l’obbligo di riversamento, in quanto obbligazione propria del Comune, non costituisce una partita in conto terzi e deve essere regolato a carico della parte corrente del bilancio».
In definitiva, è rimasta ancora insoluta la questione della determinazione dell’importo da riversare alla Csea (o da ottenere a rimborso), se la stessa debba avvenire sulla base del criterio di competenza o cassa, questione che probabilmente svilupperà un contenzioso tra Comuni e Csea. In relazione alla contabilizzazione, invece, si è assistito a un cambiamento di rotta rispetto a quanto affermato dalla Ragioneria Generale dello Stato che, nel parere del 1/7/2024, aveva ritenuto che le componenti perequative e il relativo riversamento dovessero contabilizzarsi a partite di giro. La Corte ha proceduto per la contabilizzazione dell’entrata nel titolo terzo dell’entrata, con accantonamento delle somme nel risultato di amministrazione accantonato, da applicare l’anno successivo per il finanziamento della spesa (corrente) per il riversamento. Va considerato che, con la contabilizzazione nel titolo terzo, l’entrata deve essere svalutata con l’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, considerando che l’incasso delle componenti perequative è esposto allo stesso rischio di insoluto della Tari/tariffa.
Si pone a questo punto il problema della tempistica di applicazione di tale avanzo. In base all’articolo 187, commi 3-quinquies e 3-sexies, del Dlgs 267/2000, l’applicazione delle quote vincolate o accantonate del risultato di amministrazione, prima dell’approvazione del rendiconto, è possibile solo dopo che la giunta ha aggiornato, con apposita deliberazione, il prospetto del risultato di amministrazione presunto da effettuarsi con riferimento a tutte le entrate e le spese dell’esercizio precedente e non solo alle entrate e alle spese vincolate. Quindi, tenuto conto che la quantificazione delle somme da riversare alla Csea avviene entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento delle componenti perequative, solo dopo tale data sarà possibile determinare la quota di avanzo accantonato e quindi aggiornare il prospetto del risultato di amministrazione presunto (che la giunta in realtà di norma effettua entro il 31 gennaio, laddove il bilancio comprenda quote vincolate del risultato di amministrazione presunto) e procedere ad apposita variazione di bilancio di competenza consiliare, per applicare la quota accantonata al bilancio di previsione al fine di finanziare la spesa per il riversamento alla Csea in tempo utile per il 15 marzo (data di scadenza fissata dalla delibera 386/2023). Senza considerare che, tenuto conto dell’orientamento della Csea nella Faq n. 12, relativa al “data entry rifiuti”, il Comune deve riversare alla Cassa le somme delle componenti perequative di competenza dell’anno precedente anche non effettivamente addebitate agli utenti (come, ad esempio, ciò che rischia di accadere quest’anno in diversi casi per la nuova componente perequativa UR3). Situazione in cui non si determina alcuna quota accantonata del risultato di amministrazione, mancando i presupposti per l’accertamento contabile dell’entrata nell’anno precedente, accertamento da assumere nell’anno successivo (lo stesso di riversamento), tuttavia però solo con l’emissione dei documenti di pagamento (emissione che potrebbe verificarsi anche dopo il 15 marzo).
(*) Vicepresidente Anutel
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