Urbanistica

Con fotovoltaico e pompe di calore efficienza anche nei vecchi edifici

Questa duplice azione è sostenuta, in Italia, da diversi incentivi oltre che con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 di decarbonizzazione

di Maria Chiara Voci

La produzione e lo stoccaggio di energia elettrica rinnovabile (da fotovoltaico) e la contemporanea installazione in casa di sistemi di climatizzazione in pompa di calore, alimentati senza processi di combustione. Questa duplice azione – in linea con gli obiettivi europei di taglio alle emissioni inquinanti in atmosfera, è sostenuta, in Italia, da diversi incentivi oltre che con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 di decarbonizzazione (Pniec). A partire dal superbonus del 110% o dall’Ecobonus con sconto diretto in fattura per il recupero dell’esistente fino alla concessione di bonus volumetrici o la riduzione degli oneri di urbanizzazione (messi a disposizione da molti comuni) per le nuove costruzioni che puntano sull’elettrico.

Pompa di calore più efficiente

La pompa di calore è un sistema di climatizzazione e produzione di acqua calda che basa il proprio funzionamento su un concetto totalmente diverso rispetto alla caldaia tradizionale: non genera calore bruciando un combustibile (gasolio, gpl o metano), ma lo trasferisce da una fonte naturale esterna come l’aria, l’acqua o l’energia geotermica presente nel sottosuolo, all’interno della casa, attraverso l’utilizzo di un compressore e un gas refrigerante.

Si alimenta ad elettricità e riesce a restituire (per effetto di un principio termodinamico) una quota di energia termica da 2 a 5 volte superiore rispetto a quella in entrata, ragione per cui si tratta di un sistema molto efficiente. Ancora di più se abbinato a un impianto fotovoltaico con accumulo.

Tuttavia, se per il raffreddamento estivo l’installazione di impianti in pompa di calore (i condizionatori, che peraltro funzionano sia per la produzione di caldo che di freddo) è molto diffusa come opzione aggiuntiva all'impianto di riscaldamento, diversa è la vera e propria sostituzione della caldaia tradizionale con una pompa di calore. E ancora: se nel caso di edifici nuovi stanno crescendo le realizzazioni di questi sistemi (con o senza abbinata al fotovoltaico e in attuazione anche al decreto rinnovabili), diverso è il discorso per ciò che riguarda costruzioni esistenti con impianto centralizzato.

«La ragione è insita nella struttura degli immobili stessi – spiega Samuel Sala, product manager Hydronic Solution di Hitachi Cooling & Heating –. I radiatori, specie quelli più vecchi in ghisa così come i vecchi pannelli radianti, sono solitamente dimensionati per funzionare a 65-70°C. Una pompa di calore standard riscalda, al contrario, l’acqua fra i 30 e i 60°C. Ne discende che l’impianto di distribuzione a radiatori non sempre è adatto ad erogare la potenza necessaria a soddisfare il fabbisogno termico dell’edificio, almeno non nelle stagioni o nelle giornate più rigide».

Non solo. A differenza dei generatori a combustibile fossile, quelli delle pompe di calore hanno prestazioni diverse a seconda della temperatura esterna e delle condizioni di lavoro dell’impianto (temperatura di mandata e ritorno). La resa varia con il diminuire della temperatura della fonte energetica. Non in tutte le condizioni climatiche sostituire la caldaia è vincente.

Al posto della caldaia

A fronte di una corretta analisi della situazione, però, la trasformazione di un edificio in una soluzione completamente elettrica può risultare un investimento molto efficace per il cliente. In grado di generare importanti risparmi, anche nell’ordine del 60% e capace di garantire agli abitanti di una casa una situazione di comfort importante, specie in abbinata a un sistema di riscaldamento a bassa temperatura. Non solo. La tecnologia sta avanzando. «Ad esempio, fra la gamma dei nostri prodotti, l'integrazione di bollitori nel sistema in pompa di calore e l’uso di un doppio stadio di compressione del gas refrigerante – spiega ancora Sala – offrono una temperatura di mandata di acqua calda da 20 °C a 80 °C, cioè ben oltre il limite dei 60 °C delle pompe di calore standard con un solo grado di compressione. Raggiungono così livelli paragonabili a quelli di una caldaia, con le performance se pur ridotte di una pompa di calore, e risultano ideali anche per questo tipo di terminali».

Le sinergie con il solare

L’integrazione di un impianto fotovoltaico con accumulo può rivelarsi un’ottima scelta in abbinata, in caso di edifici uni e bifamiliari. Fra le case history recenti, a Fermo, nelle Marche, un pool di soggetti (guidati da Fotovoltaico Semplice) hanno installato in soli due giorni in una villa di campagna di 300 mq un impianto fotovoltaico da 5Kw di potenza, composto da 19 moduli da 270W, abbinato a un sistema di accumulo Varta e a un sistema in pompa di calore (in questo caso ibrido) Daikin Rotex. I moduli garantiscono operatività per temperature di esercizio comprese tra i -45° e +85°.

Incentivi ai sistemi di accumulo

Proprio l’accumulo (cioè lo stoccaggio dell’energia prodotta in batterie per un uso spalmato nelle 24 ore della giornata) è fra le tecnologie più promettenti del 2021 per il residenziale autonomo. Non solo per via della diffusione di sistemi sempre più efficienti e garantiti sulla durata. Ma per le stesse modalità con cui è stato pensato il decreto rilancio. Come spiega Vincenzo Ferreri, ceo della divisione italiana di Sonnen, «la norma prevede che l’energia prodotta in eccesso e non consumata, non venga più gestita con il meccanismo di vendita dello scambio sul posto, ma debba essere regalata dalle utenze alla collettività così da ridurre per tutti gli oneri di rete. In questo quadro, l’accumulo diventa indispensabile per chi ha un impianto, per garantirsi la possibilità di avere energia sufficiente al proprio autoconsumo anche nelle ore serale e nei giorni che per le condizioni meteo i pannelli non ne producono».

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