Amministratori

Concessioni balneari, il giro di proroghe non vale per tutti

Smentito il riesame che aveva annullato la misura del sequestro

di Giovanni Negri

La lunga teoria di proroghe sulle concessioni agli stabilimenti balneari rischia di lasciarne qualcuno all’asciutto, esposto cioè, fuor di metafora al rischio penale per la contestazione del reato di occupazione abusiva di suolo pubblico. La Cassazione, con la sentenza n. 29105 della Terza sezione penale depositata ieri arriva alla conclusione per cui una concessione in scadenza alla data del 31 dicembre 2007, non potendo essere prorogata automaticamente per effetto dell’immediata applicazione nell’ordinamento interno della direttiva Bolkstein , è da considerare ormai decaduta. Non esisteva cioè più al momento dell’entrata in vigore del decreto legge n. 194 del 2009 e come tale non poteva rientrare nel perimetro di applicazione della proroga prima al 31 dicembre 2015 e poi al 31 dicembre 2020.

La sentenza ha così accolto il ricorso del pubblico ministero contro l’ordinanza del riesame con la quale era stato annullato il sequestro di uno stabilimento balneare disposto dal Gip. Il tribunale aveva escluso l’esistenza dei presupposti per applicare la misura cautelare, sostenendo che la concessione rilasciata nel 2002 non fosse scaduta a fine 2007 per effetto di una sorta di “rinnovo automatico” oggetto di una serie di interventi normativi.

Per la Cassazione, che compie un’ampia ricostruzione della normativa applicabile nella materia, la conclusione è opposta. La Corte, infatti, osserva che il riesame ha sbagliato nell’interpretare la portata del decreto legge n. 113 del 2016, con il quale il legislatore italiano, preso atto della capitale pronuncia della Corte Ue del 14 luglio 2016, critica sulla prassi italiana del rinnovo automatico delle concessioni ma con alcune aperture, disponeva comunque la conservazione di validità dei rapporti gia instaurati e pendenti sulla base dell’articolo 1, comma 18, decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194.

Per il riesame l’intervento del 2016 avrebbe riconosciuto la validità di tute le concessioni in essere al 30 dicembre 2009, data di entrata in vigore del decreto di riferimento e in scadenza al 31 dicembre 2015. Una lettura che però alla Cassazione appare «non persuasiva», perchè il «logico corollario» della legge del 2016 «è che le disposizioni ex legge n. 194 del 2009 si riferiscono esclusivamente alla concessioni nuove, ovvero a quelle sorte dopo la legge n. 88 del 2001 e comunque valide a prescindere dalla proroga automatica di cui al decreto legge 400 del 1993, come modificato dalla legge n. 88 del 2001, introdotta nel 1993 e abrogata nel 2001».

Una diversa interpretazione, per la Cassazione, porterebbe a a ritenere in maniera inammissibile che il legislatore abbia abrogato solo formalmente il regime della proroga automatica, salvaguardandone comunque gli effetti, in contrasto con la disciplina comunitaria.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©