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Condono edilizio, il Comune risarcisce i danni per il ritardo ingiustificato dell'istruttoria

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di Michele Nico

Il Comune che nel rilasciare il titolo edilizio in sanatoria incorre in un ritardo ingiustificato deve risarcire il danno ingiusto, cagionato per l'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. Lo ha stabilito il Tar Campania, con la sentenza n. 1343/2020.
La pronuncia è meritevole di rilievo, perché ha declinato il principio previsto dall'articolo 2-bis della legge 241/1990 (conseguenze per il ritardo della Pa nella conclusione del procedimento) all'istruttoria dell'istanza di condono edilizio Dl 269/2003, convertito in legge 326/2003, indicando le modalità, i presupposti e le condizioni per l'insorgenza dell'obbligo di risarcimento in capo all'ente.

La decisione
Nel 2004 l'odierna ricorrente aveva presentato al Comune intimato un'istanza di condono, riguardante un intervento di ampliamento di un locale con destinazione commerciale.
L'istanza era rimasta a lungo inevasa per il fatto che l'immobile risultava ricadere su una porzione di suolo di proprietà comunale, benché ciò non corrispondesse al vero, in quanto il Comune aveva redatto erroneamente il tipo di frazionamento, a seguito dell'esproprio di un'area attigua a quella in questione.
Dopo anni di vane attese, la ricorrente ha presentato ricorso al Tar Campania, che con la sentenza n. 571/2011 ha dichiarato illegittima l'inerzia dell'ente e ha ordinato a quest'ultimo di pronunciarsi sull'istanza di rettifica del frazionamento, nonché su quella di condono, entro il termine di 90 giorni.
Il Comune però ha ulteriormente protratto il ritardo per la difficoltà di reperire la documentazione e di svolgere le conseguenti verifiche, con il risultato che l'ente ha rilasciato il titolo edilizio in sanatoria solo in data 6 marzo 2014.

Il risarcimento del danno
Nel vagliare la domanda risarcitoria i giudici si sono attenuti all'orientamento dominante, che ha incluso il danno da ritardo nello schema della responsabilità extra-contrattuale prevista dall'articolo 2043 del codice civile, e ha sancito che il privato che intende ottenere il risarcimento ha l'onere di provare:
• la violazione dei termini procedimentali;
• il dolo o la colpa dell'amministrazione;
• il nesso di causalità materiale o strutturale;
• di aver subito un danno ingiusto.
In questa chiave di lettura, il Tar Campania ha ritenuto fondata la domanda risarcitoria e ha ordinato al Comune di formulare un'offerta risarcitoria con la somma da corrispondere alla ricorrente quale ristoro del danno patito (sub specie di «lucro cessante»), attenendosi ai seguenti criteri:
• calcolare il valore locatizio dell'immobile di parte ricorrente, tenuto conto del valore medio delle locazioni di immobili posti nella stessa zona e aventi la stessa destinazione;
• moltiplicare l'importo di cui sopra per il numero di mesi in cui si è protratta l'illegittima inerzia dell'amministrazione comunale, con l'aggiunta degli interessi legali.
Nel vaglio dei giudici ha giocato un ruolo preponderante la condotta di scarsa collaborazione dimostrata dagli uffici tecnici comunali, che nonostante i reiterati solleciti della ricorrente non si sono attivati con diligenza e tempestività nel reperire la documentazione del caso.
Ciò conferma, in buona sostanza, che la colpa della Pa non è stata rinvenuta nella mera violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, bensì in una condotta caratterizzata da inescusabile negligenza, in ragione dell'interesse giuridicamente protetto del soggetto che ha instaurato il rapporto con l'amministrazione.

La sentenza del Tar Campania n. 1343/2020

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