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Covid, la Consulta frena le Regioni

La Corte sospende le misure varate dalla Valle d'Aosta in deroga alla stretta prevista dal Dpcm

Nei giorni della riapertura delle scuole a macchia di leopardo e del rischio di una campagna di vaccinazione con i Governatori a decidere quali categorie immunizzare per prime, arriva dalla Corte Costituzionale un altolà alle Regioni. I giudici della Consulta, con l’ordinanza n.4, hanno sospeso gli effetti della legge della Valle d’Aosta che rendeva meno stringenti le misure di contenimento anti-Covid decise dal Governo via Dpcm. È la prima volta che la Corte decide di accogliere la richiesta, presentata dal presidente del Consiglio, di un provvedimento d’urgenza qual è la «sospensione». Un segnale chiaro, rivolto a tutte le Regioni. «La pandemia in corso ha richiesto e richiede interventi rientranti nella materia della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato», scrive la Consulta nell’ordinanza che sospende la legge votata dal Consiglio regionale valdostano lo scorso 2 dicembre e che consentiva a bar e ristoranti e impianti sportivi di riaprire in contrasto con quanto stabilito dal Dpcm.

Una legge, mutuata dalla Provincia di Bolzano, che aveva permesso di non rispettare le prescrizioni decise per l’intero territorio nazionale dal Governo. I giudici costituzionali (presidente Giancarlo Coraggio, redattore Augusto Barbera) non si sono limitati a intervenire sulla specifica richiesta di sospensiva, ma hanno messo nero su bianco un orientamento generale in materia di rapporti tra Stato e Regioni sulle restrizioni sanitarie per contrastare la pandemia: «Le modalità di diffusione del virus Covid-19 rendono qualunque aggravamento del rischio, anche su base locale, idoneo a compromettere, in modo irreparabile, la salute delle persone e l’interesse pubblico ad una gestione unitaria a livello nazionale della pandemia, peraltro non preclusiva di diversificazioni regionali nel quadro di una leale collaborazione». Ed è questo il motivo per cui i giudici costituzionali - in attesa dell’udienza pubblica fissata per il 23 febbraio prossimo - hanno ritenuto fondata la richiesta di sospensiva avanzata dal Governo. La legge regionale impugnata, «sovrapponendosi alla normativa statale» di fatto espone «di per sé stessa al concreto e attuale rischio che il contagio possa accelerare di intensità, per il fatto di consentire misure che possono caratterizzarsi per minor rigore», hanno spiegato i giudici. Una decisione che non convince il presidente della Valle d’Aosta Erik Lavevaz. La Consulta «non ha colto pienamente quello che era l’intento politico contenuto in questa legge», ha commentato. Per il presidente valdostano non c’è stato «nessun passaggio pericoloso per la salute dei valdostani » e lo conferma il fatto che «da fine ottobre e soprattutto nel mese di novembre la Valle d’Aosta è stata la regione in cui il miglioramento dei dati è stato più rapido».

Ma al di là del caso specifico è evidente che l’intervento deciso della Corte evidenzia quanto confuso e quindi fragile sia attualmente il rapporto tra Stato e Regioni. Un vulnus che il Covid ha inevitabilmente amplificato. In più occasione sono intervenuti anche i Tribunali amministrativi. Il Tar dell’Aquila ha deciso a dicembre di sospendere l’ordinanza della Regione Abruzzo che di fatto aveva consentito di passare da zona rossa ad arancione. Il Tar della Calabria ha sospeso l’ordinanza regionale che ha chiuso le scuole elementari e medie. Lo stesso ha fatto recentemente quello della Lombardia, contestando la decisione del presidente Attilio Fontana di mantenere la didattica a distanza per le superiori al 100% fino al 24 gennaio. È la conferma di quanto sia urgente ridefinire i confini non solo a tutela della “supremazia” dello Stato su alcune materie ma anche delle stesse Regioni.

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