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Decreto Pa, nasce Acque del Sud per rilanciare il sistema idrico nel Mezzogiorno

La società è destinata a prendere il testimone dell'Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia

di Stefano Pozzoli

Nasce, nel corso della conversione del Dl 44/2023 (articolo 23), la società Acque del Sud Spa, con una capitale di 5 milioni di euro. La società è destinata a prendere il testimone da parte dell'Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (Eipli), che è stato soppresso e posto in liquidazione da tempo, con il Dl 201/2011.

Eipli è però ancora attivo, e continua a svolgere la gestione, l'esercizio e la manutenzione della rete di adduzione che ha a suo tempo realizzato, e a operare, di conseguenza, quale fornitore all'ingrosso di acqua non trattata, per usi potabili, agli acquedotti Pugliese, Lucano e al Consorzio Jonio Cosentino in Calabria. Parte della risorsa idrica è anche destinata a usi irrigui a nove consorzi di bonifica nelle regioni Basilicata, Campania e Puglia, e a usi industriali.

Eipli, a oggi gestisce ben otto dighe, quattro traverse, le sorgenti del Tara e centinaia di chilometri di grandi reti di adduzione.

Acque del Sud Spa è dunque destinata, nelle intenzioni del legislatore, a diventare una grande società di adduzione. Infatti, «sono trasferite alla società Acque del Sud Spa le funzioni del soppresso Ente (…), con le relative risorse umane e strumentali, nonché i diritti a questo attribuiti in forza di provvedimenti concessori, liberi da qualsiasi vincolo e a titolo originario. Con decreto (…), è operata la ricognizione delle risorse da trasferire. Tutti i contratti di fornitura idrica del soppresso Ente sono trasferiti alla società Acque del Sud Spa e sono rinnovati entro i successivi centoventi giorni…».

L'Eipli, invece, sopravvive quale "bad company", visto che «i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, sorti in capo al soppresso Ente producono effetti esclusivamente nei confronti dell'Ente posto in liquidazione o nei confronti della gestione a stralcio del medesimo Ente, funzionale all'esecuzione del piano di riparto».

Il capitale costitutivo della società è evidentemente inadeguato per l'impresa prospettata, che probabilmente, nella mente degli ideatori, è quella di avere una unica grande società di adduzione nel Sud Italia, la quale, necessariamente, dovrà intervenire più in generale nella manutenzione delle reti idriche del mezzogiorno. Quasi una nuova Cassa del Mezzogiorno, per intendersi.

Ovviamente 5 milioni di euro sono quindi una goccia nel mare del fabbisogno degli investimenti necessari per riqualificare le reti del Sud. È vero, però, che la costituzione della società è solo l'avvio di un processo articolato e complesso. Infatti, «Le azioni sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze, che può trasferirle nel limite del 5 per cento a soggetti pubblici, nel limite del 30 per cento a soggetti privati individuati come soci operativi (…) e per la restante parte a società delle quali abbia il controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile». In sostanza il primo compito del Mef, nonché del nuovo consiglio di amministrazione, sarà quello di individuare un socio industriale e di dare forza e contenuto a un progetto che potrebbe rappresentare un punto di svolta per il servizio idrico nel Mezzogiorno. Sarebbe stato forse opportuno, per altro, aprire il capitale ai conferimenti da parte dei soci pubblici delle altre società di adduzione presenti sul territorio.

È probabile, però, che vi siano imprese interessate a una operazione del genere, giacché già oggi è in atto un processo di concentrazione attuato da grandi società quotate. Vedremo, anche a fronte di due dubbi. Il primo riguarda la compatibilità con l'idea di unicità del servizio idrico integrato. Il secondo, meno teorico, è sulla concreta capacità di riscossione della tariffa da parte di questa società, scoglio su cui il modello in questione è più volte naufragato.

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