Appalti

Focus revisione prezzi: a quali contratti si applica (e come) la novità del Dl Sostegni

La disciplina dettata dal decreto è alquanto complessa: il rischio di un'applicazione complicata e poco lineare

di Roberto Mangani

Il Decreto legge 27 gennaio 2022, n. 4 reintroduce nell'ordinamento dei contratti pubblici una disciplina organica della revisione prezzi. Viene così superata l'impostazione propria del D lgs. 50/2016, che contemplava la revisione prezzi come una mera possibilità senza peraltro prevederne una disciplina specifica.

Infatti, l'articolo 106 del Dlgs. 50 ricomprende la revisione prezzi nell'ambito più generale delle modifiche che possono essere apportate ai contratti nel corso della loro esecuzione. In particolare, il comma 1, lettera a) consente che le stazioni appaltanti inseriscano nei documenti di gara una clausola di revisione prezzi, definendo in quella sede anche le relative condizioni di funzionamento. Quindi l'introduzione della clausola di revisione prezzi resta una facoltà che la stazione appaltante può decidere se esercitare o meno e, in caso positivo, è libera di determinarne i contenuti e le modalità di funzionamento.

Il Decreto legge 4/2022 ribalta totalmente questa impostazione. Per i contratti che temporalmente rientrano nel suo ambito applicativo la revisione prezzi deve essere necessariamente prevista nei documenti di gara e il meccanismo di funzionamento è puntualmente disciplinato dal legislatore. Questo cambio di indirizzo trova giustificazione, secondo la stessa formulazione contenuta nella norma, nell'esigenza di fronteggiare le ricadute economiche negative causate dall'emergenza Covid, unitamente alla necessità di incentivare gli investimenti pubblici. In sostanza, l'anomalo aumento dei fattori della produzione (il c.d. caro materiali) ha indotto il legislatore a reintrodurre un meccanismo volto a mantenere l'equilibrio contrattuale dell'appalto, nel tentativo di evitare rilevanti difficoltà in fase esecutiva e probabili contenziosi.

Si ritrova in questa scelta il recupero della ratio tipica dell'istituto revisionale, da sempre identificata nella necessità di introdurre a fronte di un evidente squilibrio delle reciproche prestazioni contrattuali uno strumento di compensazione volto a riequilibrare le stesse. Questo meccanismo compensativo viene posto a tutela non solo dell'appaltatore che a fronte di un anomalo incremento dei prezzi dei materiali si vede riconosciuto un compenso aggiuntivo, ma anche dell'ente appaltante che in questo modo è messo nelle condizioni di evitare ritardi e problemi in fase esecutiva, che possono giungere in alcuni casi anche all'interruzione dei lavori. Va peraltro evidenziato che la disciplina introdotta è molto dettagliata e alquanto complessa e, a una prima lettura, non sembra facilitare un'applicazione agevole e lineare dell'istituto.

Per orientarsi, appare opportuno procedere in prima battuta a un inquadramento generale, per poi analizzare in concreto il meccanismo operativo delineato e le fonti di finanziamento.

A quali contratti si applica
La nuova disciplina contenuta all'articolo 29 si applica a tutti i contratti pubblici relativi a procedure di affidamento che siano state avviate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (cioè a partire dal 27 gennaio) e fino al 31 dicembre 2023. Per stabilire quando una procedura possa considerarsi avviata vale il criterio tradizionalmente utilizzato in questi casi. Nell'ipotesi di procedura assistita da pubblicità, vale la pubblicazione del bando e dell'avviso; per le altre procedure – prima fra tutte la procedura negoziata senza preventiva pubblicità – vale l'invio delle lettere di invito a formulare offerta. Non viene espressamente contemplata l'ipotesi di affidamento diretto non preceduto da negoziazione; in questo caso deve ritenersi che valga la data di stipulazione del contratto.

La nuova disciplina e il relativo obbligo di inserire nei contratti la clausola di revisione prezzi vale per tutti i contratti pubblici, quindi sia di lavori che di servizi e forniture. Tale obbligo è sancito dal comma 1, lettera a), dell'articolo 29, che peraltro fa salvo quanto previsto dal secondo e terzo periodo del comma 1, lettera a) dell'articolo 106 del Dlgs 50. Tale richiamo sembra in realtà poter valere per le forniture e i servizi, ma non per i lavori. I periodi richiamati consentono infatti che le clausole inserite nei documenti di gara fissino la portata e la natura delle modifiche contrattuali nonché le condizioni per il loro utilizzo, stabilendo nel contempo che tali modifiche non debbono alterare la natura del contratto. Considerato che la disciplina complessiva dell'articolo 29 – come si vedrà tra poco - definisce nel dettaglio il meccanismo di funzionamento della clausola di revisione prezzi relativamente ai lavori, se ne deve dedurre che la libertà riconosciuta agli enti appaltabnti in virtù del richiamo all'articolo 106 valga solo per le forniture e i servizi.

La revisione prezzi per le forniture e i servizi
Volendo riassumere, nei contratti di appalto di forniture e servizi l'introduzione della clausola di revisione prezzi è obbligatoria, ma i contenuti specifici della stessa e la definizione delle relative modalità di funzionamento rientrano nella discrezionalità della stazione appaltante, che non è limitata da regole cogenti dettate dal legislatore.

La revisione prezzi per i lavori
Diversa è la situazione per gli appalti di lavori. Tutte le norme contenute nei commi 2 e seguenti dell'articolo 29 si riferiscono esclusivamente agli appalti di lavori, con l'effetto che la disciplina della revisione prezzi in materia di lavori è sostanzialmente dettata dal legislatore.Occorre quindi in primo luogo riassumere il quadro regolatorio definito dal legislatore. Secondo quanto previsto dal comma 1, lettera b), la revisione prezzi opera solo se le variazioni di prezzo dei singoli materiali di costruzione, in aumento o in diminuzione (ma la diminuzione è un'ipotesi del tutto astratta), siano superiori al 5% rispetto ai prezzi rilevati nell'anno di presentazione dell'offerta, tenuto conto di quanto indicato dal decreto del Mims (vedi dopo). Se la soglia del 5% viene superata, la compensazione – cioè la revisione – opera solo per l'eccedenza rispetto a tale soglia, e anzi per l'80% di tale eccedenza. Per esemplificare, se il costo di un singolo materiale è aumentato dell'8%, all'appaltatore spetterà l'80% del 3% (fermo restando la verifica in concreto dell'effettivo aumento, come sarà successivamente esaminato).

Per far funzionare il meccanismo revisionale è necessario che via sia una rilevazione ufficiale delle variazioni dei prezzi dei materiali di costruzione. A tal fine il comma 2 prevede un doppio passaggio. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto legge 4/2022 l'Istat, sentito il Mims, definisce la metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali. Successivamente, con scadenza 31 marzo e 30 settembre di ogni anno, il Mims con propri decreti determina – tenuto conto della metodologia indicata dall'Istat - le effettive variazioni intervenute in relazione ai vari materiali nel semestre di riferimento. Considerato questo inquadramento generale, occorre analizzare come in concreto opera il meccanismo di funzionamento delineato dal legislatore. Tema che affronteremo in un successivo articolo.

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