Fisco e contabilità

Fondo contenzioso, gli enti in disavanzo rischiano di finanziare due volte lo stesso rischio

Tutti i problemi in caso di oneri da soccombenza che dovessero manifestarsi durante l'anno

di Daniela Ghiandoni e Elena Masini

La gestione dei rischi da contenzioso negli enti che hanno chiuso il proprio rendiconto in disavanzo di amministrazione (lettere a) o e) presenta aspetti peculiari per quanto riguarda il finanziamento di eventuali oneri da soccombenza che dovessero manifestarsi durante l'anno.

L'articolo 1, commi 897-898 della legge di bilancio 2019 (legge 145/2018), infatti, ha introdotto un limite all'applicazione al bilancio di previsione della quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello di cui alla lettera A) del prospetto, al netto della quota minima obbligatoria del Fondo crediti dubbia esigibilità e del Fondo anticipazioni di liquidità, incrementato della quota di disavanzo da recuperare iscritta nel primo esercizio del bilancio. Nel caso in cui la lettera A) risulti negativa o inferiore alla quota minima obbligatoria accantonata nel risultato di amministrazione per Fondo crediti dubbia esigibilità e Fondo anticipazioni di liquidità, potrà essere applicata una quota non superiore alla quota di disavanzo iscritta nel primo esercizio del bilancio.

Gli enti in disavanzo, quindi, potrebbero trovarsi in grave difficoltà di fronte a eventuali soccombenze di rilevante importo, anche se avessero già accantonato un congruo fondo negli anni precedenti che potrebbe essere inutilizzabile per due motivi:
a) la quota applicabile al bilancio nei limiti suddetti è largamente inferiore agli oneri di soccombenza;
b) la quota è stata applicata per finanziare altre spese ritenute urgenti e indifferibili dell'amministrazione (ad esempio, utilizzo contributi ricevuti con obbligo di utilizzo entro l'anno).

Il paradosso, quindi, è rappresentato dal fatto che questi enti potrebbero dover finanziare per due volte il medesimo rischio, una prima volta con le somme confluite nel fondo negli anni precedenti e una seconda volta con le somme da finanziare a competenza, salvo poi recuperare le quote confluite nel fondo, e conseguentemente diminuire il proprio disavanzo in sede di rendiconto. Inoltre le amministrazioni non sarebbero per nulla incentivate ad accantonare ulteriori somme durante l'anno, tanto più in un periodo già funestato dalla grave pandemia.

É gioco forza che questi enti dovranno tentare di ottenere un piano di rateizzazione, in accordo con il creditore, che possa imputare parte degli impegni di spesa negli esercizi successivi, come previsto dall'articolo 194, commi 3 e 4, del Tuel che, a seguito della modifica introdotta dall'articolo 53, comma 4, del Dl 104/2020, prevede la possibilità di spalmatura triennale o di piani di rateizzazioni con durata superiore, garantendo però la copertura finanziaria delle rate in ciascuna annualità dei corrispondenti bilanci, in termini di competenza e di cassa. Nella deliberazione consiliare con la quale sarà riconosciuto il debito fuori bilancio, dovrà essere inoltre adeguatamente motivata l'eventuale impossibilità di reperire altre risorse.

L'attestazione di congruità che sarà tenuto a rilasciare il responsabile finanziario nel questionario in scadenza del prossimo 8 marzo e la necessaria valutazione che sarà espressa dall'organo di revisione nella sua attività di vigilanza potrebbe quindi non ritenersi esaustiva, in quanto dovrà tener conto anche degli stanziamenti di competenza laddove l'avanzo non fosse completamente disponibile. Un paradosso che, ci auguriamo, il tavolo tecnico istituiti dalla legge di bilancio 2021 chiamato a riesaminare i limiti della legge 145/2018 prenda in considerazione.

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