Appalti

Gare, la Pa può farsi risarcire da chi vince l'appalto ma non firma il contratto

Dal Consiglio di Stato anche le indicazioni per quantificare i danni

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di Roberto Mangani

Nel caso in cui non si proceda alla stipula del contratto di appalto per responsabilità dell'aggiudicatario la stazione appaltante è legittimata ad agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti per la mancata stipula. Tali danni sono quantificabili in termini di danno emergente, derivante dall'aver dovuto aggiudicare la gara al concorrente secondo classificato che aveva offerto un prezzo più alto di quello proposto dall'originario aggiudicatario; nonché degli ulteriori danni conseguenti al minore contenuto tecnico dell'offerta del secondo classificato.

Qualora sorga una controversia in merito all'azione di risarcimento danni proposta dalla stazione appaltante e alla relativa quantificazione, competente a decidere sulla stessa è il giudice amministrativo, in virtù della giurisdizione esclusiva che gli è riconosciuta in materia di procedure per l'affidamento di contratti pubblici.

Sono queste le più rilevanti affermazioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 27 ottobre 2021, n. 7217, che offre peraltro molti altri profili di notevole interesse in merito alle vicende che possono verificarsi nel segmento procedimentale che intercorre tra aggiudicazione della gara e stipula del contratto, specie in relazione agli ambiti di responsabilità che possono gravare rispettivamente sulla stazione appaltante e sull'aggiudicatario.

Il fatto
Una stazione appaltante aveva proceduto all'annullamento dell'aggiudicazione a favore del concorrente primo classificato per non avere lo stesso completato la consegna della documentazione amministrativa necessaria per procedere alla stipula del contratto. A tale provvedimento di annullamento era poi seguita l'aggiudicazione a favore del secondo classificato. A fronte della mancata stipula la stazione appaltante proponeva azione davanti al giudice amministrativo per il risarcimento dei danni subiti. L'originario aggiudicatario resisteva in giudizio, eccependo in primo luogo la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo nonché la tardività dell'azione e, nel merito, contestava la fondatezza della pretesa risarcitoria in relazione al fatto che i danni reclamati dalla stazione appaltane erano ascrivibili alla sua autonoma decisione di procedere allo scorrimento della graduatoria, mentre avrebbe potuto indire una nuova gara.

Il giudice amministrativo di primo grado ha totalmente disatteso le argomentazioni dell'aggiudicatario, accogliendo quindi la domanda di risarcimento danni avanzata dalla stazione appaltante. In primo luogo ha affermato la sussistenza della propria giurisdizione, mentre nel merito ha riconosciuto fondati i profili di responsabilità imputati dalla stazione appaltante in capo all'aggiudicatario in relazione alla mancata stipula del contratto. Ha quindi proceduto al riconoscimento del danno, per la cui quantificazione ha adottato due criteri.

In primo luogo ha fatto riferimento al danno emergente, derivante dalla circostanza che la stazione appaltante ha dovuto aggiudicare la gara al secondo classificato, e quindi a un prezzo maggiore di quelle formulato dall'aggiudicatario originario. Il danno è stato quindi quantificato nel differenziale esistente tra l'offerta del primo classificato e quella del secondo classificato. In secondo luogo, ha aggiunto anche il danno derivante dal minor contenuto tecnico della prestazione offerta dal secondo classificato, da liquidarsi in via equitativa con una maggiorazione del 40% dell'importo riconosciuto a titolo di danno emergente. Contro la sentenza del Tar Toscana, l'originario aggiudicatario ha proposto appello al Consiglio di Stato.

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
In sede di giudizio di appello è stata riproposta in via preliminare la questione di giurisdizione, ritenendo l'appellante che sul contenzioso in oggetto non fosse competente a decidere il giudice amministrativo. Secondo l'appellante, nella fase procedimentale che si colloca tra l'aggiudicazione e la sottoscrizione del contratto il riparto di giurisdizione sarebbe fondato sulla tradizionale distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo. Con la conseguenza che poiché nel caso di specie la posizione del privato sarebbe di diritto soggettivo – non attenendo alla fase pubblicistica della gara - la competenza a decidere sarebbe del giudice ordinario.

Al riguardo il Consiglio di Stato riconosce che non vi è una posizione univoca della giurisprudenza. La norma di riferimento è costituita dall'articolo 133, comma 1, lettera e), n. 1 del Codice del processo amministrativo, che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alle procedure di affidamento degli appalti pubblici, ivi incluse quelle di natura risarcitoria. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, la norma va interpretata nel senso che il riconoscimento al giudice amministrativo della competenza a decidere sulle controversie relative alle procedure di affidamento ricomprende anche quelle che traggono origine da atti e comportamenti assunti nella fase ricompresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto.

L'opposto orientamento offre invece un'interpretazione più restrittiva della norma, ritenendo che nella suddetta fase valgano le regole ordinarie sul riparto di giurisdizione, con la conseguenza che la competenza del giudice amministrativo sarebbe limitata alle situazioni di interesse legittimo, mentre laddove si controverta di diritti soggettivi la competenza sarebbe del giudice ordinario. E la situazione in cui si trova il privato nella fase ricompresa tra aggiudicazione e contratto sarebbe appunto di diritto soggettivo.

La sentenza in commento aderisce con decisione al primo orientamento. Ritiene infatti che la fase ricompresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto sia nel suo complesso da considerare a valenza pubblicistica, così da attrarre nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie di natura risarcitoria che traggono origine dalla responsabilità precontrattuale.

Sulla base di questo principio si deve ritenere – come già affermato in precedenti pronunce del Consiglio di Stato – che siano di competenza del giudice amministrativo le controversie relative all'esercizio dei poteri di autotutela dell'ente appaltante relativi alla rimozione degli atti di gara – comprese l'annullamento e la revoca dell'aggiudicazione - comprese le conseguenze che ne derivano in termini risarcitori. Così come anche le controversie relative al provvedimento di decadenza dell'aggiudicazione adottato nei confronti dell'aggiudicatario per carenza dei requisiti o per mancata allegazione della documentazione necessaria alla stipula del contratto. Su queste questioni decide il giudice amministrativo in termini di giurisdizione esclusiva, che si può di conseguenza pronunciare anche sull'escussione della cauzione provvisoria e sul risarcimento del danno.

In definitiva vanno considerate controversie relative alle procedure di affidamento – come tali soggette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - anche quelle che, pur collocandosi temporalmente dopo l'aggiudicazione, determinano le sorti delle procedure stesse, incidendo sull'individuazione del contraente ed essendo originate dall'adozione o dalla caducazione di provvedimenti amministrativi.Inoltre, trattandosi di giurisdizione esclusiva restano di competenza del giudice amministrativo le controversie di natura risarcitoria riconducibili alle ipotesi di responsabilità precontrattuale dell'ente appaltante o dell'appaltatore.

La quantificazione del danno
Di notevole interesse sono anche le argomentazioni sviluppate nella pronuncia in merito ai criteri di quantificazione del danno risarcibile. L'appellante ha contestato la definizione di tali criteri operata dal giudice di primo grado. Infatti, da un lato non vi sarebbe un danno emergente, poiché i costi della gara non sarebbero stati sopportati inutilmente dalla stazione appaltante in quanto la stessa sarebbe comunque addivenuta all'aggiudicazione a favore del secondo classificato. Dall'altro, non vi sarebbe neanche un lucro cessante, in quanto la gara si è comunque conclusa con esito soddisfacente per l'ente appaltante, che in caso contrario non avrebbe dovuto aggiudicare bensì indire una nuova gara.Il Consiglio di Stato ha respinto questi motivi di appello. Nell'articolata argomentazione, il giudice amministrativo ha in primo luogo ribadito che in caso di mancata stipula del contratto per fatto imputabile all'aggiudicatario la stazione appaltante può agire in giudizio per il risarcimento del danno eccedente l'importo della cauzione provvisoria, poiché questa si configura come caparra confirmatoria e la sua escussione non esclude il diritto al risarcimento del maggior danno.

Quanto alla concreta quantificazione del danno, il Consiglio di Stato opera una distinzione a seconda che la relativa responsabilità sia imputabile all'ente appaltante o all'aggiudicatario.Nel primo caso il risarcimento – riconducibile a un'ipotesi tipica di responsabilità precontrattuale - è limitato ai solo danni correlati al così detto interesse negativo, ravvisabile nelle spese inutilmente sopportate dall'aggiudicatario per la partecipazione alla gara e nella perdita di occasioni di guadagno alternative. Al contrario, nel caso in cui la responsabilità per la mancata stipula faccia capo all'aggiudicatario, non si può ricorrere alla categoria giuridica della responsabilità precontrattuale.

Non si tratta infatti puramente della violazione dei principi di correttezza e buona fede nelle trattative precontrattuali, giacché sull'aggiudicatario grava un vero e proprio obbligo di stipulare il contratto, con la conseguenza che la responsabilità per l'inadempimento a tale obbligo travalica l'ambito precontrattuale.In sostanza, nella fase che intercorre tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto l'ente appaltante gode di una tutela rafforzata rispetto all'aggiudicatario. Questa tutela rafforzata comporta che il danno risarcibile a favore dell'ente appaltante sia rapportato al maggior prezzo che quest'ultimo ha dovuto sborsare a seguito dell'aggiudicazione a favore del secondo classificato, ma anche al pregiudizio subito per l'eventuale inferiore qualità della prestazione, da quantificare in via equitativa, prendendo come riferimento il differenziale di punteggio tra il primo e il secondo classificato ottenuto in sede di valutazione dell'offerta tecnica.

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