Immobiliare, a Pesaro il maxi cantiere alla marina è paralizzato da un caos autorizzativo
C'è l'ok del Comune per costruire ma la Procura indaga per abuso edilizio
Un "pasticcio" sul filo del cavillo. Un cantiere impantanato e 80 caparre ferme. Si sposta al Tar l'ultimo atto – e certamente non il definitivo – della vicenda che da tempo oppone la società Nova Portum srl (il cui socio di maggioranza, al 70%, è un fondo israeliano, il 25% è in mano al Gruppo Renco e il 5% al professionista Paolo Tanoni) al Comune di Pesaro. Obiettivo dell'azienda, indurre l'amministrazione del capoluogo marchigiano a eliminare le incongruenze del piano regolatore, in base alle quali la Capitaneria di Porto ha presentato un esposto in Procura contro la costruzione di 80 appartamenti nell'area portuale, che ha portato al rinvio a giudizio di tre persone con l'accusa di abuso edilizio. Modifiche che il Comune non intende apportare. Una vicenda che si trascina da anni, che si gioca sul filo delle interpretazioni di norme ambigue e che merita un passo indietro. Ad aprile 2018, dopo le dovute considerazioni e conferenze di servizi – in cui Capitaneria di Porto e Autorità portuale sostengono di essersi espresse in senso negativo, evidenziando l'interferenza del progetto edilizio con le funzioni portuali – il Comune di Pesaro rilascia il permesso a costruire per l'area su cui insiste un fabbricato abbandonato e in disuso nei pressi del porto di Pesaro.
A settembre 2020, Nova Portum Srl – società di scopo costituita nel 2020 per sviluppare e realizzarvi un progetto immobiliare – rileva da un'azienda in liquidazione, la Carducci srl, un "pacchetto chiavi in mano", ovvero l'area e i relativi permessi a costruire già approvati due anni prima. Nel frattempo, Renco spa, oltre a partecipare come investitore nella Nova Portum, si aggiudica il contratto d'appalto per la realizzazione del progetto immobiliare che prevede la demolizione e il successivo sviluppo di 84 appartamenti su due torri fronte mare, in classe NZeb (near to zero building emission). Due mesi dopo, ricevuto dal Comune il permesso a costruire – ratificato con il cambio di intestazione, e dopo aver pagato circa 2,3 milioni di euro di oneri di urbanizzazione – Nova Portum dà avvio ai lavori, con le demolizioni e le vendite degli appartamenti.A febbraio 2021, Paolo Giorgini (l'amministratore e legale rappresentante della Nova Portum), Luca Ferretti (il direttore del lavori) e Alessandro Gurini (il responsabile del cantiere) ricevono un avviso di garanzia nell'ambito di un'indagine della Procura di Pesaro con ipotesi di reato per abuso edilizio, su denuncia della Capitaneria di Porto di Pesaro. La quale contesta la validità del permesso a costruire. La Capitaneria, nello specifico, contesta l'applicabilità del Prg 90 (il piano regolatore generale), affermando che a Pesaro va applicato il successivo Prg 2000.
Sembra però che, in sede di approvazione dell'ultimo Piano regolatore generale – in vigore dal 30 dicembre 2003 (appunto il Prg 2000) – la Provincia abbia cancellato la previsione edilizia sull'area portuale, mentre il Comune avrebbe, per un refuso, continuato ad applicarla. In pratica, il vecchio Prg lasciava la possibilità di costruire residenze anche in zona porto. Il nuovo, per l'area portuale, non prevede nulla. Cosa che farebbe venire meno anche altri eventuali permessi di costruzione deliberati.E così, il 12 agosto scorso, la Procura di Pesaro notifica la richiesta di rinvio a giudizio ai tre soggetti coinvolti nella procedura penale, in cui il Comune di Pesaro risulta parte lesa insieme alla Provincia di Pesaro e al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Capitaneria di Porto). Da quì, l'ultimo atto – per ora – a settembre scorso, con il ricorso al Tar Marche di Nova Portum, contro il Comune di Pesaro e la Provincia di Pesaro e Urbino perchè correggano – secondo l'azienda – «errori e cavilli del piano regolatore» che hanno dato origine al contenzioso.In realtà, nessuno sembra sapere davvero come venirne fuori. Il cantiere è paralizzato, come le caparre regolarmente versate. E sul filo dell'interpretazione all'italiana delle norme, c'è un investitore con capitali esteri che ha acquisito un asset con regolare permesso a costruire, pagato gli oneri di urbanizzazione e, per questo, indagato per abuso edilizio. Non c'è modo migliore – peraltro in tempi di crisi – per tenere investimenti e investitori lontani dal nostro Paese.