Personale

Indennità di funzione dimezzata anche per l'amministratore comunale a tempo determinato

È quanto viene affermato dalla Corte dei conti calabrese il linea con il parere del Viminale

di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Il dimezzamento dell'indennità di funzione degli amministratori locali opera anche nei confronti di coloro che nella qualità di dipendenti a tempo determinato non possono, in virtù di previsioni legislative o contrattuali fruire dell'aspettativa e, pertanto, continuano a svolgere un'attività lavorativa, sia pure a tempo.

Una diversa soluzione giuridica finirebbe con il creare, in nome di una pretesa parità di trattamento, effetti distorsivi perché consentirebbe ai lavoratori a tempo determinato di fruire del doppio trattamento economico, l'indennità per intero e i proventi dell'attività lavorativa.

È quanto viene affermato dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Calabria, con deliberazione n. 24/2023/PAR.

L'articolo 81, comma 1, del Dlgs 267/2000 (Tuel) riconosce a favore di sindaci e assessori un'indennità di funzione, nella misura fissata da apposito decreto del Viminale, che viene dimezzata «per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa».

Il dimezzamento dell'indennità in questione si applica anche nei confronti dell'amministrazione locale che è titolare di un contratto individuale di lavoro a tempo determinato presso una pubblica amministrazione?

Questo l'interrogativo posto direttamente da un Comune calabrese alla magistratura contabile.

I giudici calabresi, aderendo a un'interpretazione letterale e teleologica, ritengono che l'articolo 81 del Tuel faccia riferimento solo ai lavoratori dipendenti che non abbiano chiesto l'aspettativa, senza distinguere se la mancata richiesta dipenda da una scelta personale o sia preclusa da disposizioni legislative e/o contrattuali, con la conseguenza che il dimezzamento opera nei confronti di tutti coloro che non siano stati collocati in aspettativa non retribuita.

Pertanto, il dimezzamento dell'indennità operi anche nei confronti di coloro che nella qualità di dipendenti a tempo determinato non possono, in virtù di previsioni legislative o contrattuali fruire dell'aspettativa e, pertanto, continuano a svolgere un'attività lavorativa, sia pure a tempo.

In altri termini è la mancata fruizione dell'aspettativa a giustificare la riduzione dell'indennità, restando irrilevante, contrariamente a quanto sostenuto in talune pronunce (Campania n. 172/2011 e Puglia n. 19/2013) il fatto che sia dipeso da una scelta volontaria o dall'impossibilità giuridica.

Analogamente, anche la disciplina in materia di contributi previdenziali assistenziali e assicurativi (articolo 86 del Tuel) prende in considerazione solo il fatto del collocamento in aspettativa non retribuita stabilendo che per gli amministratori locali che si trovino in tale situazione vengano versati direttamente dagli enti, senza fare alcun riferimento alla categoria dei dipendenti a tempo determinato che non hanno la possibilità di chiedere l'aspettativa.

Una diversa soluzione giuridica, conclude la Corte dei conti, finirebbe con il creare, in nome di una pretesa parità di trattamento, effetti distorsivi perché consentirebbe ai lavoratori a tempo determinato di fruire del doppio trattamento economico, l'indennità per intero e i proventi dell'attività lavorativa.

La ricostruzione fornita dalla magistratura contabile calabrese si allinea così a quanto espresso di recente dal Viminale con il parere n. 22847 del 10 agosto 2022.

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