Il CommentoFisco e contabilità

Infrastrutture di comunicazione, sulle antenne un forfait generoso e confuso

I profili di criticità della norma prevista dal comma 831-bis del Dl semplificazioni

di Pasquale Mirto

In sede di conversione in legge del Dl 77/2021 è stato introdotto il nuovo comma 831-bis nella legge 160/2019, che prevede un canone forfettario per le antenne. In particolare, la nuova disposizione prevede che gli operatori che forniscono i sevizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto «insistente sul territorio di ciascun ente». L'importo non è modificabile dagli enti e deve essere versato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione. La nuova disposizione presenta diversi profili di criticità, anche interpretativi. Il primo problema è quello della decorrenza. La norma è stata introdotta con la legge di conversione 108 del 29 luglio 2021, e quindi non può che esplicare i suoi effetti dal 2022, anche perchè il termine del 30 aprile previsto per il versamento è già scaduto, e non è prevista alcuna possibilità di rimborso per gli importi maggiori eventualmente versati sulla base delle tariffe deliberate per quest'anno dagli enti.

Per quanto riguarda la precisazione che l'impianto deve insistere «sul territorio di ciascun ente», deve ritenersi che il riferimento è alle occupazioni delle aree appartenenti al Demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, ma non con riferimento alle occupazioni su aree appartenenti al patrimonio disponibile, per le quali gli enti operano a libero mercato, con normali contratti di locazione. Si arriva a questa conclusione considerando che la norma prevede espressamente che «il canone non è modificabile ai sensi del comma 817» della legge 160/2019, e quindi il riferimento è al canone unico, che si applica appunto solo su aree appartenenti al Demanio o patrimonio indisponibile. Altro problema è il riferimento alle occupazioni con impianti «che non rientrano nella previsione di cui al comma 831». Quest'ultimo comma disciplina le occupazioni con cavi e conduttore per la fornitura di servizi di pubblica utilità, compresi i servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi. Per queste occupazioni è previsto un canone rapportato al numero delle utenze. La Corte di Cassazione, con riferimento all'analogo canone previsto dall'articolo 63 del Dlgs 446/1997, ha ritenuto che il criterio forfettario sia applicabile solo in presenza di utenti finali (ordinanza n. 23257/2020).

Pertanto, sembra che il comma 831 sia applicabile solo se vi siano utenti, mentre il nuovo 831-bis, lo sia nel caso in cui non sia possibile riferire all'impianto un numero definito di utenti, come avviene per le antenne della telefonia. Ed è per questo motivo che la maggior parte degli enti ha deliberato per quest'anno delle tariffe rapportate alla superficie occupata, tariffe mediamente alte, anche considerando che il nuovo canone unico non prevede una tariffa massima. Di norma, le tariffe elevate sono state giustificate dalla significativa utilità economica che si ritrae da queste occupazioni e dal sacrificio imposto alla collettività. Infine, è da rilevare un ulteriore profilo di criticità collegato a una tariffa che non tiene conto della superficie occupata. Con la nuova disposizione, infatti, un'occupazione di 10 metri quadrati e una di 90 metri quadrati pagano sempre la (irrisoria) cifra di 800 euro, il che appare all'evidenza discriminatorio.