Fisco e contabilità

Iva in eccesso, recupero direttamente dall’Erario

Il diritto si concretizza attraverso il meccanismo dello scomputo

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di Lisa Castellani e Alessandro Garzon

Per gli enti locali il recupero dell’Iva addebitata in eccesso dai fornitori non è affatto facile: non lo è rispetto agli acquisti istituzionali e ancor meno nell’attività commerciale. A quest’ultimo proposito va segnalato che la sentenza n. 10439/2021 della Cassazione – pur se molto preoccupante (e molto contestata dalla dottrina) – non dovrebbe tuttavia compromettere la detrazione dell’Iva in eccesso sulle fatture d’acquisto in split payment degli enti locali.

Secondo la sentenza l’importo dell’Iva detraibile (in relazione alla sola attività commerciale dell’acquirente, ovviamente) non è quello riportato in fattura, ma soltanto quello correttamente riferibile all’operazione. Anche per questo, fatture emesse in regime di imponibilità, e che invece riguardano operazioni esenti o non imponibili o anche escluse, non possono dare origine ad alcuna detrazione dell’Iva dal momento che non vi è alcun ammontare di Iva in sé detraibile. Per l’ente locale che riceve fatture in split la gestione dell’Iva addebitata in eccesso assume contorni particolari soprattutto se il versamento all’Erario è già stato effettuato e il fornitore non può oppure non vuole emettere una nota di accredito.

Sul punto, la risposta 243/19 ha preso in considerazione il tema del recupero della maggiore Iva split istituzionale versata all’Erario da una Pa, e non più rettificabile a mezzo di nota di accredito del fornitore a causa dell’avvenuta decorrenza del termine di un anno previsto dall’articolo 26, comma 3, del decreto Iva. In questa evenienza – e più in generale in tutti i casi di avvenuto versamento di Iva in misura superiore al dovuto in assenza di successiva nota di accredito del fornitore – la strada tracciata dalla risposta all’interpello 243/19 è comunque chiara: occorre in primo luogo acquisire certezza (di solito, attraverso un’istanza di interpello) della misura dell’importo fatturato e versato in eccesso all’Erario. Dopodiché, una volta constatata la sussistenza di un indebito oggettivo ex articolo 2033 del Codice civile, l’ente locale potrà utilizzare la somma versata in eccesso semplicemente scomputandola dai successivi debiti per Iva split istituzionale. Con ogni probabilità, è stato proprio lo split payment (in forza del quale l’acquirente è obbligato a riversare l’Iva all’Erario, anziché al proprio fornitore), a escludere lo schema usuale previsto dalla direttiva Iva per cui, per il recupero dell’Iva versata in eccesso, l’acquirente deve rivalersi sul fornitore in via civilistica, costringendolo poi a chiederne il rimborso dell’Erario. Del resto, non c’è alcun motivo per cui il fornitore, non avendo introitato l’Iva dall’acquirente, gliela debba poi restituire.

Questa circostanza, insieme al riconoscimento da parte dell’amministrazione finanziaria di un indebito oggettivo per l’Iva split introitata in eccesso, costituisce un’evidente ammissione del fatto che, nel contesto dello split payment, l’Erario è il creditore di ultima istanza del cessionario: se anche lo split non fa venir meno – in capo al fornitore – la formale qualifica di debitore dell’imposta, occorre tener conto che, alla fine, è l’acquirente ad assumere gli obblighi di pagamento dell’imposta nei confronti dell’Erario.

Posto, dunque, che quest’ultimo assume la veste di creditore di ultima istanza dell’ente acquirente, è la stessa sentenza 10439/21 a confermare – sia pure ex adverso – il diritto di quest’ultimo al recupero dell’Iva direttamente nei confronti dell’Erario, e non invece nei confronti del proprio fornitore. Dopodiché, come nello split istituzionale questo diritto si concretizza attraverso il meccanismo dello scomputo, così nello split commerciale dovrebbe alla fine essere confermata la detrazione dell’imposta, che in effetti costituisce la via più semplice e trasparente per il recupero dell’Iva versata in eccesso.

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