Appalti

L'affidamento diretto all'Aci della riscossione del bollo auto non è compatibile con il diritto europeo

No all'affidamento diretto se la contropartita finanziaria prevista non risponde unicamente a considerazioni inerenti all'interesse pubblico

di Ulderico Izzo

La Corte di Giustizia dell'Unione europea, con l'ordinanza c-619/2019, ha affermato che le Regioni non possono affidare direttamente all'Automobil Club Italia la riscossione della tassa automobilistica, in quanto ciò non è compatibile con il diritto eurounitario.

Il fatto
Il Consiglio di Stato aveva chiesto alla Corte di giustizia Ue di chiarire se osta al diritto europeo, e, in particolare, ai principi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell'ambito degli appalti pubblici di servizi, una norma della Regione Campania, che consente l'affidamento diretto, senza gara, dei servizi relativi alla gestione della tassa automobilistica all'Aci.

La decisione
La curia europea ha stabilito il principio di diritto che deve seguire il giudice nazionale, secondo cui un autorità nazionale non può affidare, senza procedura a evidenza pubblica, il servizio di riscossione della tassa automobilistica poiché l'articolo 12, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/Ue sugli appalti pubblici deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione nazionale che consente l'affidamento diretto, senza gara, dell'appalto dei servizi relativi alla gestione della predetta tassa a un ente pubblico non economico che ha il compito di gestire il pubblico registro automobilistico.
L'Aci è titolare della funzione di servizio pubblico della gestione del pubblico registro automobilistico, mentre non è titolare di funzioni pubbliche relative alla tassa automobilistica, che è un tributo proprio dello Stato che lo stesso ha attribuito alle Regioni.
L'accordo stipulato, ai sensi dell'articolo 15 della legge 241/90, tra la Regione e l'Aci, in assenza di procedura concorsuale, può ritenersi valido ed efficace, se, e solo, se realizza una cooperazione finalizzata a garantire che i servizi pubblici che i due enti sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che i due enti in comune.
L'articolo 12 della direttiva comunitaria di riferimento, rubricato appalti pubblici tra enti nell'ambito del settore pubblico, prevede che un contratto concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni, cioè:
• il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che gli enti sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che gli enti hanno in comune;
• l'attuazione di questa cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico;
• le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.
La Corte di giustizia ha ritenuto che sotto la veste di un partenariato pubblico-pubblico pareva celarsi l'affidamento di un servizio secondo lo schema dell'appalto o della concessione che dovrebbe, dunque, presupporre il previo espletamento di una gara pubblica. I giudici europei hanno rilevato che la contropartita finanziaria prevista dal contratto in questione non risponde unicamente a considerazioni inerenti all'interesse pubblico, in contrasto proprio con l'articolo 12, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2014/24.

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