La Cassazione «libera» le amministrazioni sugli stipendi dei dirigenti
La sentenza assume un importante rilievo per la configurazione della graduazione o pesatura delle posizioni dirigenziali come un atto che ha natura privatistica
La graduazione delle posizioni dirigenziali è un atto che ha natura privatistica e che può essere sindacato solamente nel caso in cui l'ente non abbia applicato le stesse regole per tutte le posizioni ovvero se non si è fatto riferimento a criteri oggettivi e predeterminati ovvero se nella concreta applicazione sono stati commessi degli errori. Possono essere così sintetizzate le principali indicazioni contenute nella sentenza della Sezione Lavoro della Corte di cassazione n. 29228/2022, che conferma le pronunce di primo e secondo grado che hanno rigettato il ricorso presentato da una dirigente di azienda ospedaliera contro la graduazione dell'incarico dirigenziale che le è stato conferito.
La sentenza assume un importante rilievo per la sua affermazione essenziale, cioè la configurazione della graduazione o pesatura delle posizioni dirigenziali come un atto che ha natura privatistica, oltre che per la definizione degli spazi di ricorso contro questi atti. Ricordiamo che invece le scelte compiute dalle Pa nella cosiddetta macrorganizzazione, cioè la ripartizione delle attribuzioni tra le articolazioni organizzative di vertice, sono da considerare come atti che hanno una natura amministrativa e, quindi, vengono assoggettati alla competenza del Tar. E ancora, che hanno una natura privatistica gli atti di cosiddetta microrganizzazione, cioè quella interna alle articolazioni di vertice. Siamo in presenza di differenze che sono chiare sul terreno teorico, ma che operativamente possono dare corso a problemi applicativi: pensiamo a un atto che sia contemporaneamente di modifica della struttura organizzativa di vertice e di graduazione delle posizioni dirigenziali.
In premessa, la sentenza conferma che la graduazione o pesatura delle posizioni dirigenziali è un passaggio essenziale per determinare la misura della indennità di posizione da attribuire al dirigente cui questo incarico viene conferito. Nel caso degli enti locali e delle regioni, tra il minimo ed il massimo previsti dal contratto nazionale, in altri comparti per fissare la misura della quota variabile della retribuzione di posizione, visto che la quota fissa è stabilita direttamente dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Ricordiamo che per i giudici contabili matura responsabilità nel caso di erogazione della indennità di posizione senza la preventiva graduazione.
Il cuore della sentenza è costituito dal riconoscimento della natura privatistica degli atti con cui gli enti, il più delle volte avvalendosi degli organismi di valutazione, danno corso alla graduazione del rilievo e delle responsabilità connessi all'incarico e, di conseguenza, alla determinazione della indennità di posizione da attribuire.
Le amministrazioni si devono dare preventivamente dei criteri, che ricordiamo essere oggetto di informazione preventiva e di confronto con i soggetti sindacali. Essi devono contenere dei parametri oggettivi e devono fare riferimento -in applicazione delle regole dettate dai contratti nazionali- alla collocazione nella struttura, alla complessità organizzativa, alle responsabilità gestionali interne ed esterne, nonché alla professionalità richiesta.
Questi criteri devono essere predeterminati da parte degli enti e devono essere applicati in modo unitario a tutte le singole posizioni dirigenziali, quindi con metodi e parametri che devono avere una natura oggettiva. Per cui gli spazi per il contenzioso sono dati dalla loro mancanza o dalla non applicazione in modo unitario o dagli errori concretamente compiuti che hanno determinato un concreto pregiudizio alla posizione di qualche dirigente. Mentre non c'è spazio per la sindacabilità delle scelte compiute dall'ente nel caso in cui i criteri sono stati predeterminati, sono oggettivi e sono applicati in modo unitario e senza errori: il giudice non può entrare nell'ambito della sfera dell'apprezzamento discrezionale se lo stesso è stato esercitato nell'ambito dei criteri che l'ente si è dato.