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Legge Severino, la Consulta «promuove» la sospensione degli eletti con condanna non definitiva

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di Daniela Casciola

È infondata la questione di costituzionalità dell'articolo 11, comma 1, lettera a), della cosiddetta legge Severino (Dlgs 235/2012) che prevede la sospensione dalla carica degli eletti negli enti locali che siano stati condannati in via non definitiva prima dell'elezione. Lo ha deciso ieri la Corte costituzionale in continuità con le sue precedenti pronunce sull’argomento.

La questione
Il caso è stato sollevato dal Tribunale di Lecce in riferimento agli articoli 1, comma secondo, 2, 3, 48 e 51, primo comma, della Costituzione. La disposizione censurata prevede che siano sospesi di diritto dalle cariche elettive negli enti locali coloro che abbiano riportato una condanna non definitiva per determinati delitti. Il giudice rimettente ha dubitato della legittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui non prevede che la sospensione dalla carica consegua solo alle sentenze non definitive di condanna pronunciate «dopo l'elezione o la nomina», come è previsto invece alla lettera b) del comma 1, dell'articolo 11 che assoggetta alla stessa misura «coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l'elezione o la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo». Diversi sono stati gli argomenti svolti a sostegno della fondatezza della questione, quali il mancato rispetto dell'«intrinseca finalità» della sospensione, la diversità di trattamento tra fattispecie analoghe, la lesione del diritto di elettorato attivo e di quello di elettorato passivo.

La decisione
In continuità con le sue precedenti pronunce sul sistema delineato dalla “Severino”, la Corte ha respinto le censure sollevate dal Tribunale di Lecce. In particolare ha ritenuto non irragionevole l'applicazione della misura della sospensione a chi sia stato condannato, anche prima della candidatura, per determinati reati gravi o connessi all'esercizio di una funzione pubblica.
Ha escluso che sia irragionevole il diverso trattamento di quest'ipotesi rispetto a quello della condanna per reati meno gravi (previsto alla lettera b) dello stesso comma 1), condanna che comporta la sospensione solo se pronunciata dopo l'elezione. Ha ritenuto infine che la soluzione legislativa non comprima irragionevolmente il diritto di elettorato attivo e passivo.

I precedenti
La Consulta si è più volte pronuncita a favore della legge Severino. In particolare , con la sentenza n. 276/2016 in cui si chiarisce che il criterio direttivo della «condanna definitiva» riguarda esclusivamente la decadenza di diritto e non la sospensione. Guardando poi alle finalità della normativa, la Consulta aveva già rilevato che «il legislatore ha inteso essenzialmente contrastare il fenomeno dell'infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto istituzionale locale», e che «la scelta di intervenire a livello degli enti locali si fonda su dati di esperienza oggettivi, i quali dimostrano che i fenomeni che si intendono arginare trovano in tale ambito le loro principali manifestazioni: tale scelta, pertanto, non può certamente ritenersi viziata da irragionevolezza».

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