Urbanistica

Nell'edificio non c'è la banda ultra larga? Allora la casa non è agibile

Dal 1 gennaio 2022. Lo prevede lo schema di Dlgs sulla connettività. Ance: adeguamento tecnologico non c'entra con salubrità o risparmio energetico

di Massimo Frontera

Dal primo gennaio 2022 per tutte le case di nuova realizzazione è richiesta anche la predisposizione per la banda ultra larga. Lo prevede lo schema di decreto legislativo che attua la direttiva 2018/1972 che a sua volta istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche. Il testo - che ha già ricevuto l'ok di Regioni e comuni e ha appena ricevuto anche il parere favorevole delle commissioni Trasporti della Camera e Lavori pubblici del Senato - sostanzialmente riordina la normativa che attiene alla connettività del Paese, e tocca l'edilizia in modo marginale, salvo per un punto, che però ha allarmato i costruttori. E non per la scadenza del 1 gennaio prossimo. Peraltro, la norma non rappresenta solo una sfida per le imprese ma coinvolge anche gli Enti locali, non solo per i normali obblighi di ricezione e verifica della Scia per l'agibilità, ma anche per l'impegno aggiuntivo di comunicare informazioni a una banca dati centrale. Oltre al fatto che i comuni dovranno adeguare i regolamenti comunali, in quanto la novità interviene modificando il testo unico edilizia (precisamente gli articoli 24 e 235-bis del Dpr 380).

La norma dello schema di Dlgs
La norma prevede, da una parte, che gli edifici con richiesta di autorizzazione edilizia successiva al 1 gennaio 2022 siano predisposti per la «banda ultra larga»; e, dall'altra, che la relativa attestazione del tecnico sia aggiunta alla lista dei requisiti da indicare nella Scia per l'agibilità, che si leggono all'articolo 24 del Dpr 380. Si tratta appunto della segnalazione da inviare all'ente locale per attestare la «sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità». Da parte sua, l'Ente locale deve inviare i dati relativi agli «edifici infrastrutturali» al «Sistema nazionale federato delle infrastrutture» (Sinfi) entro 90 giorni dalla ricezione della Scia.

Il perimetro applicativo
Quali edifici sono interessati dalla misura? Il perimetro di applicazione tracciato dal nuovo comma 2-bis da aggiungere all'articolo 135-bis del Dpr 380 include sia le nuove costruzioni, sia (attraverso un rimando normativo) le «le nuove opere che richiedono il rilascio di permesso di costruire ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 135-bis» e cioè gli interventi di ristrutturazione edilizia "pesante". Più precisamente si tratta di quelli che il testo unico edilizia definisce come «interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio».

Le preoccupazioni dei costruttori
L'Ance ha segnalato che la norma, così come è scritta, crea confusione, non solo per imprese e professionisti che operano nell'edilizia privata, ma anche presso gli enti locali, perché l'infrastrutturazione digitale non c'entra nulla con la salubrità o il risparmio energetico ma «attiene a una dotazione aggiuntiva dell'edificio che deve essere certamente presente, ma la cui obbligatorietà non può essere rimessa nell'ambito dell'agibilità, anche in considerazione della mancanza di competenze specifiche in capo ai Comuni per i relativi controlli». Ma soprattutto, secondo i costruttori, il nuovo obbligo di agibilità produce una incongruenza per il fatto di mettere insieme due cose concettualmente diverse come le categorie edilizie (cioè nuova costruzione e ristrutturazione edilizia "pesante"), e le tipologie di intervento edilizio soggetto all'agibilità (cioè nuove costruzioni; ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali; interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene e salubrità degli immobili e dei loro impianti). «Ne consegue - conclude l'Ance - un sistema non chiaro che implicherà notevoli problemi interpretativi delle categorie di intervento sia per i professionisti deputati ad attuare il nuovo obbligo, sia per le amministrazioni che andranno a definire nelle loro normative locali (es. regolamenti edilizi) in maniera differente le relative casistiche. Ciò determinerà un'applicazione non uniforme della norma sul territorio nazionale con evidenti problemi di disparità di trattamento».

Ok del Parlamento

In attesa della versione definitiva del testo, i costruttori hanno incassato l'ok del Parlamento. Sia la commissione Trasporti della Camera, sia la commissione Lavori pubblici del Senato, hanno infatti accolto la tesi dell'Ance e hanno chiesto di «prevedere che l'obbligo di attestazione della predisposizione dell'edificio alla banda larga non sia vincolante ai fini del rilascio della certificazione di agibilità». In aggiunta, la commissione Trasporti della Camera ha anche chiesto di promuovere «politiche di sostegno all'infrastrutturazione digitale degli edifici, a titolo esemplificativo attraverso voucher».

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