Niente esimente politica agli organi di governo che hanno assunto compiti di gestione
Come ad esempio, l'affidamento di un incarico di ordinarie funzioni istituzionali a soggetto esterno
L'esimente politica stabilita dall'articolo 1, comma 1-ter, della legge 14 gennaio 1994 n. 20 non si applica agli organi di governo che si siano assunti compiti di gestione, alterando il fisiologico riparto di competenze e funzioni individuati dal Tuel, divenendo, quindi, soggetti all'ordinario regime di responsabilità che a tali compiti consegue, come ad esempio, l'affidamento di un incarico di ordinarie funzioni istituzionali a soggetto esterno, il quale non costituisce un compito tipico della giunta, ma un provvedimento (non generale) di gestione in materia di personale. Questo è il principio della sentenza n. 374/2021 della Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale centrale d'appello.
Tale "esimente", prevede che «nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l'esecuzione». La norma, si legge nella sentenza, è stata introdotta nell'ordinamento con la finalità, di tutelare gli organi locali di governo nell'esercizio delle funzioni deliberative loro proprie laddove la decisione di loro competenza necessiti di una istruttoria tecnico-amministrativa complessa, che coinvolga accertamenti affidati a organi tecnico amministrativi interni.
Questa regola costituisce infatti la naturale conseguenza, sul piano delle responsabilità, del principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico (spettanti agli organi di governo) e attività di gestione (spettanti agli organi amministrativi di vertice), introdotto dal Dlgs 3 febbraio 1993 n. 29 e, poi, dall'articolo 4 del Dlgs 30 marzo 2001 n. 165, ed è volta a garantire che l'organo politico-amministrativo rimanga esente da responsabilità connesse all'esercizio di proprie funzioni che risultino, in concreto, viziate da un errore imputabile agli accertamenti istruttori di specifica competenza dei dirigenti.
Da tale ratio consegue che, dve sia alterato il fisiologico riparto di competenze e funzioni individuati dal Tuel (è il corollario del divieto di interferenza reciproca tra i due comparti di funzioni, di governo e amministrative, nello specifico settore del governo degli enti locali), detta regola non si applica e gli organi di governo che si siano assunti compiti di gestione sono soggetti all'ordinario regime di responsabilità che a tali compiti consegue.
Il principio generalissimo che trova applicazione al fine di individuare i centri di responsabilità per il danno conseguente a deliberato di organi collegiali è che del danno possono rispondere i soggetti che hanno proposto la delibera, quelli che avevano compiti consultivi o di controllo sul rispetto delle condizioni di legge e quelli che, in seno all'organo collegiale, hanno espresso voto favorevole laddove fossero nelle condizioni di conoscere le violazioni che con il deliberato sono state perpetrate, o avrebbero dovuto esserlo in ragione del fatto che il deliberato esprime competenze proprie dell'organo collegiale o comunque da quello assunte. E in questo senso occorre verificare la colpa grave dei convenuti rispetto alla conoscenza o conoscibilità da parte loro delle circostanze che determinano l'illegittimità degli atti deliberati, con l'avvertenza che la sentenza richiama il principio secondo il quale «la colpa grave non può ritenersi esclusa dalla mera prospettazione di un fideistico affidamento sulla legittimità della condotta altrui, giacché la diligenza richiesta al pubblico amministratore indubbiamente impone a colui che subentra nella gestione di un affare in corso di assumere un atteggiamento comunque finalizzato a ponderarne la legittimità» (Sezione II Appello n. 278/2020).