Appalti

Nimby Forum: «Voglia di partecipare ma con i social è un caos. Speriamo nel dèbat public»

di A.A.

I progetti di infrastrutture energetiche e nel campo dei rifiuti restano i più "contestati" in Italia. È quanto emerge dal XII° rapporto dell'Osservatorio Nimby Forum, l'unico database nazionale che dal 2004 monitora la situazione delle opposizioni contro opere di pubblica utilità e insediamenti industriali in costruzione o ancora in progetto.
Il rapporto è stato presentato ieri in un convegno alla Camera dei deputati, e monitora 359 impianti oggetto di contestazione nel 2016 (di cui 119 "new entries"), in crescita del 5% rispetto al monitoraggio precedente. Il 56,7% dei progetti presi di mira dai "comitati per il no" riguarda l'energia, e il 37,4% quelli in materia di rifiuti (arrivando così al 94% del totale).
Ma la verà novità nella presentazione è stato l'allarme sui social network: «Le fake news inquinano la partecipazione e fanno aumentare i no».

PARTECIPAZIONE
La partecipazione attiva ai processi decisionali è diventata, per i cittadini, un'esigenza imperativa (commenta il rapporto) : le comunità si aspettano di essere interpellate, consultate, coinvolte. Non a caso, l'assenza di coinvolgimento ricorre al secondo posto, dopo le preoccupazioni per l'ambiente, come causa alla base delle contestazioni, con un trend di incremento progressivo ma costante: 14,6% nel 2014, 18,6% nel 2015, 21,3% nel 2016.
«Il desiderio delle comunità locali di dire la propria è diventata – commenta Alessandro Beulcke, Presidente di Allea, società che promuove l'Osservatorio Nimby Forum® lo specchio di una consapevolezza che è ormai solida tra i cittadini. A disarmare questa consapevolezza è, tuttavia, il meccanismo dei social media, che mescola informazione e disinformazione, scienza e opinione, verità e post-verità»
«Che il Débat Public - prosegue Beulcke - introducendo nuove modalità di informazione e confronto pubblico, possa funzionare da antidoto possibile alle Fake News e al dilagare della sindrome Nimby è quanto da tempo auspichiamo. In questo senso, ci aspettiamo che il 2017 sia l'anno spartiacque: il banco di prova dell'efficacia di questo strumento, che in attuazione del codice degli appalti, entra finalmente nel nostro ordinamento e che avremo modo di vedere in azione».

ENERGIA E RIFIUTI: NO E ANCORA NO
Anche nel 2016, la politica industriale italiana sembra incepparsi in maniera prevalente attorno ai nodi dell'energia e dei rifiuti: rispettivamente al primo (56,7%) e al secondo posto (37,4%), si contendono il podio dei comparti più contestati.
Il settore energetico vede le opposizioni orientarsi in maniera preponderante verso gli impianti da fonti rinnovabili (75,4%). Le tipologie di impianto più avverse sono, in particolare, la centrale a biomasse (n. 43 impianti), la struttura di compostaggio (n.20) e il parco eolico (n. 13).
Meno ricorrenti in termini assoluti rispetto alle fonti rinnovabili, le fonti di energia convenzionale si aggiudicano il primato relativo alla tipologia specifica di impianto più contestata. Si tratta degli impianti di ricerca ed estrazione di idrocarburi, che da soli assommano a 81 opere censite.
Le politiche europee in materia di rifiuti ed economia circolare sembrano, dal 2015, corrispondere al revamping della sindrome Nimby in questo settore: l'auspicata transizione alla green economy sta, infatti, concentrando un numero crescente di investimenti nella filiera del recupero dei rifiuti, moltiplicando iniziative progettuali inevitabilmente contestate. Termovalorizzatori (n.37), discariche rifiuti urbani (n. 30) e discariche rifiuti speciali (n. 18) ricorrono tra i primi posti in questo comparto.

SOGGETTI COINVOLTI E MOTIVI DI PROTESTA
Il monitoraggio della stampa nel 2016 conferma il ruolo di assoluta centralità della politica, che – tra enti pubblici e partiti politici – trascina le contestazioni nel 50% dei casi censiti. Seguono le organizzazioni e i comitati dei cittadini, che pesano per un terzo sull'insieme dei soggetti promotori del No. Un peso corrispondente alla quantità abnorme di ricorsi alla giustizia amministrativa, che sempre più spesso è chiamata a dirimere richieste di interruzione/revoca di iter già avviati o conclusi. Una survevy ad hoc del Nimby Forum riportava che nel 2015 un terzo degli impianti contestati aveva subito almeno una interruzione della procedura di autorizzazione a causa di ricorsi al TAR o al Consiglio di Stato.
Ulteriore conseguenza del ruolo del soggetto "popolare" è il ranking delle ragioni di protesta: al primo posto figura l'impatto con l'ambiente, che si attesta al 30,1%, in leggera flessione rispetto al 2015 (32,8%). Segue il già citato scontento causato dalle carenze procedurali e dal mancato coinvolgimento nell'iter autorizzativo.

DISLOCAZIONE GEOGRAFICA E INIZIATIVE DI COMUNICAZIONE
La mappa del contagio Nimby evidenzia la trasversalità delle opposizioni anche dal punto di vista geografico. Seguendo pedissequamente la distribuzione dei progetti di sviluppo industriale, il NO ricorre con maggiore capillarità nel Nord Italia (41%): Lombardia ed Emilia Romagna mantengono i primi posti, con rispettivamente 56 e 48 impianti contestati.
Non mancano tuttavia, le opposizioni nelle regioni del Centro e del Sud Italia. Con 32 impianti contestati (erano 6 nel 2014), la Basilicata rappresenta ormai un territorio di grande frizione tra imprese, politica e cittadini, tanto da surclassare regioni come Lazio (n. 30), Veneto (n. 28) e Sicilia (n. 26), assai più visibili nei confronti dei media e dell'opinione pubblica nazionale.
Rispetto al 2015, passa dal 15% al 20% il numero soggetti che si esprime a favore degli impianti. Voci che, pur flebilmente, si spendono per affermare come grandi opere e infrastrutture possano essere occasioni di rilancio economico, di miglioramento dei servizi e incremento dell'occupazione.
In ogni caso, le iniziative di comunicazione rimangono prerogativa degli oppositori (80%), i quali fanno leva in maniera meno frequente ai media tradizionali (25,7% nel 2016 vs 29,9% nel 2105).
La bilancia della comunicazione Nimby inizia così a pendere anche in favore dei social media, che passano dal 16,8% del 2015 al 22,9% del 2016 nella ricorrenza d'uso da parte dei contestatori. Nell'epoca delle post verità e delle fake news, compaiono a livello territoriale veri e propri ‘influencer del No', che hanno spesso facile gioco nel confondere le carte dell'informazione e ostacolare la possibilità degli individui di formarsi una opinione laica sui fatti.

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