Personale

Nuovi compensi delle commissioni di concorso: «no» della Corte dei conti agli enti locali

I giudici si pongono in contraasto con un recente parere del Dipartimento per la Funzione pubblica

di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

La complessa vicenda della remunerazione dei componenti delle commissioni di concorso alla luce dell'articolo 3, commi 13 e 14, della legge 56/2019, si arricchisce di nuovi elementi e si allontana ancora da un chiarimento definitivo. La Corte dei conti per la Lombardia, con la deliberazione n. 253/2021, risponde ai quesiti posti da un Comune ritenendo inapplicabile la norma agli enti locali e facendo traballare le timide certezze alimentate da un recente parere del Dipartimento per la Funzione pubblica. Ma andiamo per ordine.

Il Comune ha chiesto di sapere se i compensi per la partecipazione alle commissioni concorsuali di cui alla legge richiamata possano essere erogati anche in favore dei dipendenti della stessa amministrazione che bandisce il concorso; se essi siano da considerarsi trattamento accessorio e quindi debbano transitare per il fondo risorse decentrate e, discendendo da ciò, se siano soggetti al limite 2016; se sia necessaria l'autorizzazione per la loro attività ex articolo 53 del Tupi; infine, come debbano essere remunerati i dipendenti di terze amministrazioni.

La norma in esame ha introdotto alcune novità in tema di partecipazione dei pubblici dipendenti alle commissioni di concorso e loro remunerazione. Tra gli aspetti salienti l'inquadramento della prestazione dei dipendenti nell'attività di servizio a tutti gli effetti di legge, qualsiasi sia l'amministrazione che bandisce il concorso, nonché l'annuncio di un Dpcm contenente l'aggiornamento dei compensi relativi. La norma, nel frattempo, è stata modificata dal Dl 162/2019, che ha abrogato il comma 12, il quale, tra l'altro, prevedeva la necessità di autorizzazione da parte dell'ente di appartenenza in caso di coinvolgimento di dipendenti altrui.

Proprio partendo dall'esame delle modifiche apportate del Decreto "Milleproroghe", la Corte dei conti lombarda evidenzia come il comma 13, nel ragionare dell'aggiornamento dei compensi, si rivolga solo alle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, e agli enti pubblici non economici nazionali. Da ciò, abrogato il comma 12, che invece ragionava in modo soggettivamente più ampio, riferendosi in generale alle "amministrazioni" e all'accesso "al pubblico impiego", i magistrati lombardi ricavano che l'intenzione del legislatore sia stata quella di circoscrivere la portata della norma a quelle specifiche amministrazioni centrali e che pertanto essa non possa essere applicata agli enti locali. Inclusa la deroga al principio di onnicomprensività fissato dall'articolo 24, comma 3, del Dlgs 165/2001. In sostanza, partendo da una lettura sistematica dell'intero articolo 3 della legge "Concretezza", la norma avrebbe lo scopo «di accelerare le procedure assunzionali gestite a livello centrale». Rafforzativo di questa lettura, rimarcano i giudici, il contenuto degli atti parlamentari del Dl 162/2019.

La sezione respinge gli altri quesiti: stabilire se i compensi (a questo punto si ragionerebbe, per gli enti locali, di quelli applicabili in forza della veccchia normativa) siano trattamento accessorio è competenza dell'Aran. Da ciò discende, ovviamente, l'impossibilità di pronunciarsi sul loro assoggettamento al limite ex articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017. La questione della necessità o meno dell'autorizzazione, infine, non ha rilievo contabile e risulta quindi inammissibile, così come la modalità di remunerazione dei dipendenti di terze amministrazioni, che «non può essere sganciata dalle questioni già affrontate».

Recentemente il Dipartimento per la Funzione Pubblica, rendendo un parere a un Comune, aveva ritenuto la norma applicabile anche ai Comuni, e che i compensi debbano essere riconosciuti, evitando ingiuste sperequazioni tra personale dirigente e no, anche al personale della stessa amministrazione che bandisce il concorso. Il tutto per compiti da svolgersi nell'orario di servizio, aderendo alla lettera della norma che li vuole, come visto, attività di servizio a tutti gli effetti. Il Dfp aveva anche evidenziato come il Dpcm attuativo del comma 13, che la Corte conti riferisce alle sole amministrazioni centrali, preveda la possibilità per gli enti locali di recepirne il contenuto.

Gli enti locali restano nel dubbio sia sulla natura dei compensi, sia sulla loro debenza o meno ai propri dipendenti, sia ancor prima, a questo punto, sull'applicabilità della norma al loro caso. Urge un intervento chiarificatore del legislatore.

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