Appalti

Nuovo codice/2. Da Palazzo Spada ok al Dm Beni culturali e un'eccezione in più al divieto di appalto integrato

di Giuseppe Latour

Il perimetro dell'appalto integrato si allarga ancora. E adesso include anche gli interventi sui beni culturali per i quali ci sia l'esigenza di integrare la progettazione durante le fasi di cantiere. È il risultato dell'interpretazione estensiva che il Consiglio di Stato ha messo a punto, combinando l'articolo 147 del Codice appalti e il nuovo regolamento attuativo in materia di beni culturali. L'interessante novità è contenuta in un parere di Palazzo Spada (n. 263 del 30 gennaio 2017) che dà via libera, con la richiesta di alcune integrazioni, al decreto del ministero dei Beni culturali realizzato in attuazione del Dlgs n. 50 del 2016.

Il decreto, composto da 28 articoli, è stato scritto dal Mibact a valle dell'articolo 146 del Codice appalti e riguarda, anzitutto, «i requisiti di qualificazione dei direttori tecnici e degli esecutori dei lavori e le modalità di verifica ai fini dell'attestazione». In altre parti del Dlgs n. 50 del 2016, poi, vengono assegnati a questo provvedimento la disciplina di esecuzione e collaudo, dei livelli e dei contenuti della progettazione, dei tipi di interventi per i quali è consentita l'esecuzione dei lavori di somma urgenza. Insomma, si tratta della norma chiave in materia di beni culturali.

La linea seguita dal Governo è di continuità con il passato: «Lo schema – spiega il parere – mutua in buona parte la previgente disciplina regolamentare contenuta nel Dpr n. 207/2010». Solo su alcuni passaggi ci sono degli aggiornamenti e delle novità. In generale, il parere del Consiglio di Stato è positivo, dal momento che il decreto realizza un passo avanti verso l'obiettivo di un testo organico ed unitario per gli appalti dei beni culturali, che deve essere però ulteriormente perseguito – si legge nel parere – «attraverso l'attuazione, se non contestuale, almeno coordinata, anche di altre parti del Codice». Un esempio è l'articolo 25, in materia di istituti archeologici qualificati per le indagini archeologiche preliminari.

Nel merito Palazzo Spada sottolinea, soprattutto, l'opportunità di una disciplina ad hoc e ancora più snella per i lavori sotto i 40mila euro. L'articolo 12, infatti, regola gli appalti sotto i 150mila ma, secondo i giudici, dovrebbe prevedere una categoria specifica di requisiti per somme molto più basse di questa soglia, che non arrivano a 40mila euro. Si dovrebbe anche consentire, in queste ipotesi, che il certificato di buon esito dei lavori possa essere rilasciato, oltre che dalla Soprintendenza, anche dall'amministrazione aggiudicatrice.

Ma il passaggio più interessante del parere riguarda certamente l'articolo 14 del regolamento. Qui si affronta la questione dei livelli di progettazione, ipotizzando la possibilità di omettere, in situazioni particolari, il progetto esecutivo e di affidare i lavori sulla base del solo definitivo. Per il Consiglio di Stato si tratta di un assetto perfettamente compatibile con l'interpretazione dell'articolo 147, commi 4 e 5. Secondo i giudici, allora, «l'affidamento dei lavori relativi a beni culturali avviene, di regola, sulla base del progetto esecutivo, salvo che ricorrano quelle esigenze di maggiore elasticità che giustificano l'integrazione della progettazione in corso d'opera e postulano, dunque, che l'appalto sia affidato sulla base del solo progetto definitivo». Tra le ipotesi di appalto integrato, dunque, va adesso inclusa anche questa. Sul punto, però, le norme contenute nel Codice, se lette insieme al decreto attuativo, non sono sufficientemente esplicite. Quindi, il parere «ritiene di segnalare al Governo l'opportunità di intervenire, con i decreti correttivi, sull'articolo 147 del Codice, rendendo più chiara la formulazione normativa».

Il parere di Palazzo Spada sul decreto dei Beni culturali

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