Imprese

Pagamenti, pensare ai subappaltatori senza dimenticare le Pmi «mandanti»

Un emendamento al Dl Sostegni mira a tutelare i subaffidatari. Resta invece ancora debole la posizione delle imprese in Ati

di Fabio Di Salvo

È di questi giorni la presentazione di un interessante emendamento al Decreto sostegni, la cui conversione in legge è attualmente all'attenzione del Parlamento, che prevede l'introduzione, nel Dlgs 50/2016, di modifiche agli artt. 105 e 194 che renderebbero ancora più agevole l'accesso al pagamento diretto, da parte della stazione appaltante, ai fornitori e subappaltatori dell'appaltatore principale.

In particolare, laddove l'emendamento (presentato da Agostino Santillo, M5S) fosse accolto ed inserito nella legge di conversione, le imprese creditrici dell'appaltatore (o del contraente generale), trascorsi 60 gg. dalla richiesta di pagamento al proprio debitore diretto, potrebbero inviare richiesta alla stazione appaltante la quale – eseguiti gli opportuni controlli sulla regolarità del credito vantato – potrebbe procedere al pagamento diretto.
È nota, sul punto, l'attenzione che il Legislatore ha rivolto ai subappaltatori e fornitori dell'appaltatore principale: già l'art. 118 Dlgs 163/2006 (suabappalto), aveva subito diverse modifiche al comma 3 (riguardante, appunto, i pagamenti), fino ad arrivare alla previsione di un'obbligatorietà del pagamento diretto, in caso di Pmi, in forza dell'art. 13, comma 2, lettera a) della legge n. 180 del 2011 (poi successivamente abrogato dall'art. 217 del Dlgs n. 50/2017, come integrato dal Dlgs n. 56/2017).

Successivamente, l'art. 105, comma 13, del Dlgs 50/2016 ha esplicitato una compiuta disciplina della fattispecie (oggi, come detto, possibile oggetto di riforma).
Una pari attenzione, però, non si è registrata con riguardo ad un'altra tematica, quella dei Raggruppamenti Temporanei di Imprese, non meno importante della prima poiché spesso riguardante, anch'essa, rapporti di "forza" e, non raramente, di "squilibrio" che si generano fra capogruppo mandataria e associate mandanti.

Ci si riferisce, più in particolare, alla tematica dei rapporti di dare/avere tra la capogruppo – che gode di mandato esclusivo di rappresentanza e che, nella prassi, è la destinataria di tutti i pagamenti operati dalla stazione appaltante in favore dell'Ati – e le imprese mandanti le quali, pur fatturando separatamente le prestazioni rese in favore della PA appaltante (in termini di quote di partecipazione), devono poi materialmente attendere il "ribaltamento" delle somme da parte della mandataria.

La tematica, in parte affrontata dall'art. 48, comma 13, Dlgs 50/2016 ("In caso di inadempimento dell'impresa mandataria, è ammessa, con il consenso delle parti, la revoca del mandato collettivo speciale di cui al comma 12 al fine di consentire alla stazione appaltante il pagamento diretto nei confronti delle altre imprese del raggruppamento"), continua a trovare seri e delicati problemi allorquando la capogruppo mandataria acceda – successivamente all'aggiudicazione definitiva e alla stipula del contratto – a procedure concorsuali quali l'amministrazione controllata, il concordato preventivo o il concordato con continuità.

In tale ipotesi, infatti, una parte consistente della giurisprudenza (vedi, a titolo di esempio, Tribunale di Mantova 23 aprile 2007 – in motivazione), ha ritenuto che le somme percepite dalla capogruppo a titolo di compensi per le attività svolte dal Rti, pur se riguardanti – pro quota – le lavorazioni eseguite (o i servizi prestati) dalle imprese mandanti e da queste regolarmente fatturati alla Pa appaltante, si "confondano" nel patrimonio della mandataria; da ciò deriva, in buona sostanza, che le imprese mandanti assumerebbero, automaticamente, il ruolo di creditori tout court della capogruppo mandataria, soggetti, pertanto, alle regole concordatarie sul pagamento dei crediti.

Queste argomentazioni, assolutamente non condivisibili per chi scrive, sono tuttavia alla base di non poche pronunce che hanno visto soccombere le imprese, associate in Ati, allorquando hanno richiesto giudizialmente – e al di fuori della disciplina concordataria – la corresponsione delle somme integrali ad esse spettanti da parte della capogruppo mandataria.

In tal senso, pertanto, sarebbe auspicabile che – sulla falsa riga di quanto già previsto dall'art. 48 Dlgs 50/2016 per il caso di "inadempimento" dell'impresa mandataria – il Legislatore affrontasse più specificatamente la tematica, prevedendo il pagamento diretto alle mandanti anche (e soprattutto, diremmo) in caso di sottoposizione della mandataria a procedura concorsuale.

In attesa di tale "svolta" legislativa, le imprese che decidano di associarsi in Ati potrebbero, tuttavia, adottare una soluzione "di compromesso": prevedere esplicitamente nell'atto costitutivo d'Ati una forma specifica di mandato collettivo con rappresentanza al fine di pattuire non solo la fatturazione separata delle rispettive prestazioni (secondo le percentuali di partecipazione), bensì anche il pagamento diretto, pro quota, di ciascuna fattura in capo a ciascuna associata.

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