Urbanistica

Permessi, proroga da concedere in caso di meteo avverso e nuove prescrizioni urbanistiche

Il Tar Liguria accoglie il ricorso di un'impresa e fornisce una dettagliata analisi dei motivi che giustificano la dilazione dei termni

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di Ivana Consolo

I titoli edilizi soggiacciono ad un termine di decadenza ben preciso e normativamente previsto; ma in presenza di comprovati e seri motivi ostativi, non imputabili al titolare del permesso di costruire, è possibile chiedere al Comune una proroga del termine.
È compito dell'amministrazione procedere ad un'accurata disamina delle istanze di proroga, e fare molta attenzione a non prevaricare sul legittimo interesse del privato.
Nel caso che andremo ad esaminare, il Tar Liguria, con sentenza n. 522/2023, fornisce un'interessante disamina sulla corretta valutazione dei motivi ostativi che il privato può addurre ai fini di una dilazione del termine.

La vicenda
Il Comune di Genova, con regolare permesso di costruire, autorizzava una società di costruzioni alla realizzazione di tre nuovi edifici residenziali monofamiliari, nonché alla ristrutturazione di un rustico, con incremento volumetrico e cambio di destinazione d'uso. L'impresa comunicava la data esatta di inizio delle attività ma in seguito, con diverse e successive istanze, chiedeva il differimento di dodici mesi del termine di fine lavori, documentando di avere subito lunghissimi periodi di fermo cantiere a causa di 376 giorni di pioggia registrati dalla locale stazione Arpal, e di 170 giorni con condizioni meteorologiche di criticità segnalati dal sistema di allerta meteo della Protezione Civile. Il Comune rigettava tutte le istanze, e la società di costruzioni si rivolgeva al Ta.

Il Comune difendeva il proprio agire adducendo due ordini di motivi:

–il titolo edilizio sarebbe decaduto in ogni caso per incompatibilità dell'intervento con la disciplina urbanistica entrata in vigore nelle more dell'esecuzione dei lavori;
–l'impresa non avrebbe prodotto i documenti, le relazioni, e gli elaborati necessari a dimostrare la sussistenza di motivi ostativi non imputabili ad essa o al proprio operato.

I motivi legittimanti la proroga
Ai sensi dell'articolo 15 comma 2 del Dpr n. 380/2001, il termine di ultimazione dell'opera non può superare tre anni dall'inizio dei lavori, a pena di decadenza di diritto per la parte di lavori non ancora eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. Il differimento può essere accordato, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse nel corso dell'intervento.Al comma 4 dell'articolo suddetto, è previsto che il titolo edificatorio decade anche nel caso di entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il triennio dalla data di inizio.Ebbene, con particolare riguardo a tale ultima previsione, la giurisprudenza ha meglio delineato la portata della norma, evidenziando quanto segue: se i lavori sono in corso al momento di entrata in vigore della nuova regolamentazione, la decadenza non matura ed il termine finale può essere prorogato a condizione che siano ravvisabili il tempestivo inizio dell'intervento, e l'impossibilità di portarlo a compimento per cause di forza maggiore, o comunque, indipendenti dalla volontà dell'interessato.

Questa interpretazione giurisprudenziale, ha il pregio di sapere adeguatamente contemperare l'interesse dell'amministrazione all'applicazione della nuova disciplina urbanistica, con quello del privato all'esecuzione dell'intervento edilizio già assentito, regolarmente avviato, e non concluso per fatto a sé non imputabile.Dopo questa breve ma efficace disamina, il Tar procede a dirimere la controversia in esame affermando che le argomentazioni difensive della società ricorrente siano da ritenersi pacificamente fondate.Difatti, prima dello spirare del triennio, l'impresa ha chiesto il differimento del termine finale rappresentando di essere stata costretta a sospendere per parecchi mesi le attività di cantiere a causa delle avverse condizioni climatiche; inoltre, nel corso del procedimento ha dimostrato gli ulteriori ostacoli incontrati, che ha superato grazie ad alcune attività che hanno anch'esse sottratto tempo ai lavori.

Del tutto privi di pregio sono invece tutti gli argomenti difensivi del Comune.In particolare, i giudici fanno una precisazione in merito agli eventi atmosferci: non è condivisibile l'affermazione che potrebbero costituire causa di legittimo ritardo i soli stati di allerta meteo arancione e rossa; difatti, anche l'allerta meteo di colore giallo segnala situazioni di potenziale criticità con probabili rischi per persone e cose. È dunque necessario che, ogni volta che venga richiesta la dilazione dei termini per avversi eventi meteorologici, l'amministrazione esperisca un'adeguata istruttoria, mirata a verificare in concreto la natura e gli effetti dei fenomeni atmosferici indicati dal titolare del permesso di costruire.Il ricorso della società di costruzioni viene quindi accolto, con annullamento del provvedimento comunale.

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