Personale

Pnrr, ecco i mille esperti per aiutare gli enti locali: il 60% finisce al Nord

Tempi strettissimi alle Regioni: nella bozza di Dpcm fabbisogni entro il 15 ottobre e piani territoriali entro il 27

di Ettore Jorio e Gianni Trovati

Il Recovery Plan è una corsa contro il tempo. E sta entrando nel vivo. Per averne una conferma basta leggere la bozza di Dpcm che distribuirà i mille «esperti multidisciplinari» previsti dal decreto Reclutamento (Dl 80/2021) per supportare gli enti locali nella gestione delle «procedure complesse». Tra i compiti di queste task force ci sarà anche l’aiuto per lo smaltimento degli arretrati, il supporto alla presentazione dei progetti e alle rendicontazioni da inviare al Mef.

Ma è l’urgenza a dominare il testo, atteso giovedì all’esame della Conferenza Unificata. Si spiegano così i tempi ultra-rapidi assegnati alle Regioni per la definizione dei fabbisogni di personale e dei piani territoriali per la governance degli interventi sul territorio, incentrata su una «cabina di regia regionale» formata da rappresentanti di Regione, Anci, Upi e città metropolitane. I primi, dice la bozza, andranno comunicati entro il 15 ottobre, e i secondi entro il 27. La Funzione pubblica avrà dieci giorni per approvarli.

L’operazione è complessa tanto più che le Regioni devono confrontarsi con gli enti locali, destinatari delle task force di esperti. Ma non ammette ritardi. In caso di sforamento dei tempi sarà la Funzione pubblica a intervenire direttamente con i poteri sostitutivi previsti dall’articolo 12 del decreto sulla Governance del Pnrr (Dl 77/2021). Gli incarichi andranno conferiti entro dicembre: gli elenchi dei professionisti con profili coerenti rispetto ai fabbisogni territoriali saranno messi a disposizione dal Portale del Reclutamento gestito sempre da Palazzo Vidoni.

L’esigenza di fare in fretta guida anche il criterio di distribuzione di posti e risorse finanziarie. In gioco ci sono 320,3 milioni, a valere sul fondo di rotazione del Pnrr, che saranno assegnati in base a un doppio criterio. Il 20%, 64,06 milioni per 200 posti, saranno distribuiti in base a una quota fissa, uguale per tutte le Regioni (con un piccolo premio al Sud) e Province autonome, mentre l’altro 80% (256,24 milioni per 800 posti) saranno assegnati in base alla popolazione («quota variabile»). Un parametro, quello demografico, che favorisce gli enti del Centro-Nord, a cui finirebbe il 60% delle risorse, con la Lombardia a fare ovviamente da apripista (42 milioni per 131 posti). Un’ipotesi alternativa, discussa in sede tecnica, attenua un po’ questo effetto alzando al 30% la quota fissa, uguale per tutti, e riducendo quindi al 70% quella variabile parametrata alla popolazione. Proprio il parametro demografico resta al centro della discussione che sfocierà giovedì in Unificata.

Il punto è che il parametro non coglie la geografia delle difficoltà amministrative. Si tratta di un punto chiave perché sul tavolo degli esperti finiranno le classiche bestie nere dei calendari burocratici come Via, Vas, autorizzazioni integrate ambientali, procedure abilitative per gli impianti di produzione da energie rinnovabili, permessi di costruire, varianti urbanistiche e autorizzazioni paesaggistiche. Senza dimenticare, ovviamente, le procedure di affidamento dei lavori negli appalti: il vero perno intorno a cui ruotano le possibilità di successo del Pnrr.

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