Personale

Progressioni, conti rigidi sulle quote per evitare incognite costituzionali

La nuova norma non è chiara ma la riserva per gli interni va calcolata sulla qualifica

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di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

Nodi da sciogliere sulle nuove progressioni di carriera. La conversione in legge del Dl 80/2021 (legge 113) ha sancito l’avvio di uno strumento potente. La progressione con una semplice procedura comparativa ne fa prevedere un utilizzo diffuso. Ma la norma genera alcuni dubbi. Tra questi il computo della quota minima del 50% dei posti da coprire che va destinata a procedure selettive pubbliche.

La norma utilizza una locuzione ampia, disponendo una riserva per l'accesso dall'esterno «di almeno il 50% delle posizioni disponibili». Potrebbe immaginarsi che sia possibile, nelle Funzioni locali, prevedere una progressione verticale alla categoria D riservando a selezione pubblica un’assunzione in categoria B o C. Conteggiato il totale dei posti programmati nel piano dei fabbisogni, a prescindere dall’inquadramento, fino alla metà potrebbe essere oggetto del nuovo istituto.

Con una lettura complessiva, però, la stessa locuzione appare collegata all'espressione «progressioni fra le aree», rendendo plausibile anche un’interpretazione meno larga, che, come nella versione precedente, associ nel riferimento alla stessa categoria la riserva al personale interno e quella per l’accesso dall’esterno.

Riferendosi al simile istituto normato dall’articolo 22 comma 15 del Dlgs 75/2017, la Corte dei conti (sezione Campania, delibera 103/2019; Puglia 71/2019; Basilicata 38/2020) ha sostenuto che il riferimento per il calcolo della percentuale da destinare alle selezioni interne, in quel caso il 30%, sia la stessa categoria. D’altro lato rilevano profili di legittimità costituzionale. La Consulta ha più volte affermato che la progressione nei pubblici uffici deve avvenire, in linea di principio, per concorso (ex multis, sentenza 30/2012). Con sentenza 90/2012, ha censurato una legge del Trentino-Alto Adige che disponeva in materia di progressioni verticali riservate al solo personale interno e, come oggi accade con il nuovo comma 1-bis, consentiva che la quota riservata fosse computata compensando diversi profili professionali. La Corte ha ritenuto «lesivo del buon andamento dell’amministrazione il criterio della compensazione globale tra tutto il personale della quota del 50% dei posti riservata al personale interno», per ragioni di equità sostanziale. In effetti, hanno rilevato i giudici, «questo tipo di calcolo indifferenziato potrebbe determinare una riserva dei posti per i profili professionali più rilevanti a favore del personale interno e un’indizione di concorsi indirizzati a candidati esterni solo per le qualifiche e mansioni inferiori». Detto altrimenti, non discernere tra le categorie nel definire le quote riservate all'una e all'altra modalità consentirebbe sperequazioni penalizzanti l'accesso dall'esterno, che resta invece il cardine costituzionale di riferimento, a vantaggio del personale già assunto. Sembra evidente che il medesimo effetto distorsivo potrebbe manifestarsi anche in questo caso.

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