Appalti

Rimessa alla Corte europea la questione del ricorso all'avvalimento da parte del progettista «indicato»

di Ivana Falco

Negli appalti di progettazione ed esecuzione dei lavori l'impresa concorrente che non possieda la attestazione di qualificazione SOA per progettazione e costruzione oppure, ove in possesso, che non sia in grado di documentare i requisiti tecnico professionali e/o economico-finanziari previsti dal bando di gara, può «avvalersi» di un progettista (nella forma della «indicazione», in sede di offerta, del professionista singolo o associato) oppure partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione (articolo 53, comma 3 del Dlgs 163/2006).
Stante il tenore letterale della norma, al progettista qualificato, indicato o associato, è richiesto, pertanto, sia il possesso dei requisiti tecnico-professionali ed economico-finanziari, sia il possesso dei requisiti di carattere generale (Avcp, parere di precontenzioso 19 marzo 2014, n. 55).
La norma di cui all'articolo 53, comma 3 del Dlgs 163/2006 introduce, dunque, nell'ambito della pubblica gara, un soggetto, il progettista «indicato», il quale, non essendo «concorrente», non potrebbe ricorrere all'istituto dell'avvalimento.
Secondo una giurisprudenza consolidata, nel caso di indicazione di un progettista qualificato, si configura un avvalimento «atecnico», in cui il progettista fornisce un servizio all'impresa di costruzioni, rimanendo, tuttavia, estraneo al rapporto contrattuale con la pubblica amministrazione. Per tale ragione, il progettista qualificato indicato, non può fare ricorso all'istituto dell'avvalimento.
Se da un lato il «concorrente» - singolo, consorziato o raggruppato - può ricorrere all'avvalimento per soddisfare i propri requisiti (articolo 49 del Dlgs 163/2006), trattandosi di istituto pro concorrenziale finalizzato a favorire l'accesso alle gare a chi non possieda tutti o parte dei requisiti richiesti dal bando, dall'altro lato il ricorso a tale istituto deve essere precluso a chi si avvalga, tramite la mera «indicazione», di soggetto ausiliario (il progettista qualificato), a sua volta privo del requisito richiesto dal bando, viepiù alla luce del fatto che se il progettista indicato non è legato da un vincolo negoziale con la stazione appaltante, a maggior ragione non è legato il suo ausiliario che, in quanto soggetto terzo, non può offrire alcuna garanzia alla amministrazione.
Le recenti pronunce del Tar Sardegna (sentenza n. 855/2014 e n, 813/2013) hanno, tuttavia, ritenuto che la qualificazione di operatore economico del progettista designato (contemplata dalla direttiva comunitaria, articoli 47 e 48 direttiva Ce 31 marzo 2004, n. 18) delinei una nozione ben più ampia rispetto a quella di mero «offerente», fino ad arrivare a interpretare la norma in modo da rendere compatibile l'utilizzo dell'«avvalimento» anche da parte del progettista «indicato», così assumendo una posizione consapevolmente difforme dal consolidato orientamento del Consiglio di stato e dell'Autorità di vigilanza.
L'apertura a un utilizzo ampio dell'istituto si fonda sulla tesi, affermata dalla Corte di Giustizia europea C-94/12 del 10 ottobre 2013, secondo cui l'avvalimento si applica non ai soli concorrenti, ma a tutti gli operatori economici, tenuti a qualsiasi titolo a dimostrare il possesso dei requisiti in sede di gara.
Lo stesso orientamento è stato assunto dal Tar Sardegna con la sentenza 30 marzo 2015, n. 606, impugnata nanti alla sezione 5 del Consiglio di Stato che, con l’ordinanza 17 febbraio 2016, n. 636, ha rimesso alla Corte di giustizia dell'Unione europea la questione interpretativa concernente la compatibilità, con l'articolo 48 della direttiva CE 2004/18, di una norma come quella di cui all'articolo 53, comma 3 del Dlgs 16 aprile 2006, n. 163, che ammette alla partecipazione un'impresa con un progettista «indicato», il quale, secondo la giurisprudenza nazionale, non essendo concorrente, non potrebbe ricorrere all'istituto dell'avvalimento.

I precedenti orientamenti del giudice amministrativo
Il Consiglio di stato, così come l'Autorità di vigilanza (cfr. Consiglio di Stato, sezione 3, sentenza 1 ottobre 2012, n. 5161; 7 marzo 2014, n. 1072; Avcp, determinazione 1 agosto 2012, n. 2; Avcp, parere 22 maggio 2013, n. 91) hanno respinto la possibilità che il progettista indicato ai sensi dell'articolo 53, comma 3 del Dlgs 163/2006, possa a sua volta qualificarsi mediante l'istituto dell'avvalimento, regolato dalla legislazione nazionale nel successivo articolo 49 del Dlgs 163/2006, sulla base dei seguenti criteri:
• il criterio letterale posto dall'articolo 49, per il quale solo «il concorrente» singolo, consorziato o raggruppato può ricorrere all'avvalimento trattandosi di un istituto di soccorso al concorrente in sede di gara;
• il fatto che se il progettista indicato non è legato da un vincolo negoziale con la stazione appaltante, a maggior ragione non è legato il suo ausiliario, in quanto soggetto terzo che non può offrire alcuna garanzia all'Amministrazione. In sostanza, solo il concorrente assume obblighi contrattuali con la Pubblica amministrazione appaltante, tanto che l'ausiliario, ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera d), del Dlgs 163/2006 si obbliga verso il concorrente e la stazione appaltante a mettere a disposizione le risorse necessarie di cui è carente il concorrente mediante apposita dichiarazione;
• l'ausiliario diventa ex lege responsabile in solido con il concorrente in relazione alle prestazioni oggetto del contratto (articolo 49, comma 4) e la responsabilità solidale, che è garanzia di buona esecuzione dell'appalto, può sussistere solo in quanto l'impresa ausiliaria sia collegata contrattualmente al concorrente. In questo senso, l'articolo 49 prescrive l'allegazione, già in sede di gara, del contratto di avvalimento;
• il progettista prescelto dall'impresa partecipante non assume la qualità di concorrente, la quale compete unicamente all'impresa, rimanendo il primo un mero collaboratore esterno, la cui posizione non rileva nei rapporti con l'Amministrazione appaltante;
• nel caso in cui lo stesso progettista indicato ricorresse ai requisiti posseduti da terzi, ciò comporterebbe potenzialmente una catena di avvalimenti di «ausiliari dell'ausiliario», non consentendo un controllo agevole da parte della stazione appaltante in sede di gara sul possesso dei requisiti dei partecipanti.

Il caso specifico
La società appellata, risultata poi aggiudicataria, chiedeva di partecipare alla gara indetta dall'Agenzia regionale per l'edilizia abitativa (Area) come esecutore dei lavori, in qualità di capogruppo di una costituenda Ati; nel modello 2 il legale rappresentante dichiarava che la società, in quanto priva dei requisiti speciali per i servizi di progettazione, avrebbe affidato la progettazione esecutiva dei lavori a un raggruppamento di progettisti indicati, ai sensi dell'articolo 53, comma 3 del Dlgs 163/2006. Il capogruppo di tale Rtp, in quanto privo del requisito dell'organico medio annuo di cui all'articolo 263, lettera d) del Dpr 207/2010 e 253 comma 15-bis del Dlgs 163/2006, dichiarava di soddisfarlo ricorrendo all'istituto dell'avvalimento.
A dire della ricorrente, che impugnava nanti al Tar Sardegna la successiva aggiudicazione in favore della società appellata, l'avvalimento non poteva essere utilizzato nel caso di specie sia perché, così facendo, si integrava un caso di avvalimento a cascata; sia in ragione del fatto che il progettista indicato, in quanto collaboratore esterno del soggetto concorrente, non poteva utilizzare un istituto applicabile solo a favore dei concorrenti.
Il Tar Sardegna, nella menzionata sentenza n. 606/2015 riteneva di interpretare la norma italiana, coerentemente a quella di fonte comunitaria, nel senso che anche il progettista indicato poteva utilizzare l'istituto dell'«avvalimento», in quanto soggetto direttamente responsabile dell'intera progettazione dell'opera. Come tale poteva, dunque, avvalersi, per i requisiti, anche di altro soggetto progettista. La parte soccombente proponeva, pertanto, ricorso davanti al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza del Tar Sardegna.

Le argomentazioni del Consiglio di Stato remittente
La sezione 5 del Consiglio di Stato sviluppa il suo percorso argomentativo sul motivo d'appello concernente il ricorso all'avvalimento da parte del progettista indicato, sotto un duplice profilo: processuale e di merito.
Sotto il profilo processuale, esclude l'eccezione d'inammissibilità, sollevata dagli appellati sul rilievo dell'omessa impugnativa da parte della ricorrente dell'articolo del disciplinare relativo all'avvalimento. In realtà, rileva la sezione, la legge di gara non offre elementi testuali di consistenza e univocità sufficienti a sorreggere la lettura proposta dalle parti appellate e a giustificare così l'onere d'impugnazione dello stesso articolo sull'avvalimento che si vorrebbe maturato a carico della ricorrente. L'articolo del disciplinare si presenta, rileva la sezione, come una previsione neutra, in quanto non reca elementi decisivi a sostegno di alcuna particolare interpretazione sul tema in discussione. I redattori della lex specialis risultano avere lasciato impregiudicata la problematica dell'applicabilità o meno dell'avvalimento anche a favore del progettista semplicemente «indicato» dal concorrente, rimettendosi, in proposito, alla voluntas legis ricostruibile attraverso l'interpretazione del Codice dei contratti pubblici. Di conseguenza, l'eccezione opposta al primo motivo d'appello viene disattesa (così come l'opposta tesi dell'appellante secondo la quale il medesimo articolo del disciplinare avrebbe, invece, implicato, per converso, che l'avvalimento sarebbe stato ammesso per i soli concorrenti).
La problematica oggetto di disamina, sotto il profilo del merito, viene, invece, analizzata dalla sezione, attraverso il richiamo alla propria precedente ordinanza n. 2737/2015, con la quale era stata sollevata una questione pregiudiziale di diritto comunitario che verteva proprio sulla compatibilità, con l'articolo 48 della direttiva 31 marzo 2004, n. 18 di una norma, come quella di cui al richiamato articolo 53, comma 3 del Dlgs n. 163/2006, che ammette alla partecipazione alle gare un'impresa con un progettista «indicato» il quale però, secondo la giurisprudenza nazionale, non essendo un concorrente, non potrebbe ricorrere all'istituto dell'avvalimento.
Considerata la rilevanza della questione già sollevata anche rispetto al giudizio promosso in riforma della sentenza del Tar Sardegna n. 606/2015, la Sezione ha ritenuto, pertanto, di riportare le argomentazioni svolte in occasione del proprio precedente provvedimento, dalle quali si ricavano i postulati che qui si riassumono:
• pur essendo pacifico in giurisprudenza il carattere generalizzato dell'istituto dell'avvalimento, finalizzato a favorire la massima partecipazione nelle gare di appalto e la effettività della concorrenza secondo i principi di rilievo comunitario, tale istituto deve essere pur sempre contemperato con la esigenza di assicurare idonee garanzie alla stazione appaltante per la corretta esecuzione degli appalti (da ultimo, cfr. Consiglio di Stato, sezione 3, sentenza 7 marzo 2014, n. 1072);
• la questione sostanziale si risolve nello stabilire se il progettista indicato, nell’accezione e terminologia usata dal citato articolo 53, comma 3 del Codice dei contratti, possa o meno fare ricorso a un progettista terzo, utilizzando a sua volta l'istituto dell'avvalimento;
• il disposto di cui al citato articolo 53, comma 3 del Dlgs 16 aprile 2006, n. 163 si limita a statuire che il progettista qualificato, del quale l'impresa concorrente intenda «avvalersi» in alternativa alla costituzione di un'Ati con il medesimo, debba essere semplicemente indicato, non prescrivendo la norma in questione che debbano anche prodursi in sede di gara le dichiarazioni contemplate dall'articolo 49 stesso decreto per la disciplina dell'istituto dell'avvalimento negli appalti di lavori, servizi e forniture, e imposte all'impresa ausiliaria avvalente o all'impresa partecipante avvalsa;
• secondo la giurisprudenza comunitaria (cfr., da ultimo da Corte di giustizia, 10 ottobre 2013, C-94/12) l'istituto dell'avvalimento si applica non ai soli concorrenti ma a tutti gli operatori economici, tenuti a qualsiasi titolo a dimostrare il possesso dei requisiti in sede di gara;
• sulla base del predetto orientamento si pone il dubbio che un progettista indicato, che è qualificato dalla nostra giurisprudenza amministrativa come mero «collaboratore dell'offerente», pur essendo tenuto a dimostrare i necessari requisiti di qualificazione previsti dal bando di gara, in base al citato articolo 53, comma 3 del Codice dei contratti, possa non essere qualificabile come operatore economico e, quindi, non possa fare ricorso all'istituto dell'avvalimento;
• l'avvalimento rappresenta già di per sé una deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara e deve, pertanto, essere consentito solo in ipotesi delineate in maniera rigorosa onde garantire l'affidabilità, nella fase esecutiva, del soggetto concorrente;
• coessenziale all'istituto dell'avvalimento è la sussistenza di un rapporto diretto e immediato tra soggetto ausiliario e soggetto ausiliato, legati da vincolo di responsabilità solidale in relazione all'intera prestazione dedotta nel contratto da aggiudicare; ne consegue che la fattispecie di avvalimento a cascata è da ritenersi vietata in quanto elide il necessario rapporto diretto che deve intercorrere tra ausiliaria e ausiliata, indebolendo la catena che lega il soggetto ausiliato al soggetto ausiliario munito in via diretta dei requisiti da concedere in prestito.
Sulla base di tali argomentazioni la sezione ha, pertanto, ritenuto di dover sottoporre alla Corte di giustizia la questione se sia compatibile con la pertinente normativa comunitaria (articolo 48 della direttiva CE 31 marzo 2004, n. 18) una norma come quella di cui all'articolo 53, comma 3 del Dlgs 16 aprile 2006, n. 163, che ammette alla partecipazione un'impresa con un progettista «indicato» che, secondo la giurisprudenza nazionale, non essendo concorrente, non potrebbe ricorrere all'istituto dell'avvalimento.

Conclusioni
Il contenzioso insorto nel recente appalto integrato complesso di progettazione definitiva/esecutiva ed esecuzione dei lavori, indetto dall'Agenzia regionale per l'edilizia abitativa (Area) della Regione Sardegna, segna un momento importante, e si auspica risolutivamente chiarificatore, nell'accesso in gara della dibattuta figura del progettista indicato dall'operatore economico qualificato per i lavori, al fine di soddisfare i requisiti prescritti dalla lex specialis per il progettista.
Ragioni certamente legate alla doverosa salvaguardia della libera organizzazione di impresa nell'esecuzione dell'appalto, hanno costituito il substrato logico, prima ancora che giuridico, di una figura ibrida la cui introduzione, nell'alveo di una normativa assai rigorosa e puntuale sul fronte dei requisiti generali e speciali, non poteva che generare incertezze applicative, oltreché di inquadramento, proprio nella delicata fase di ammissione alla gara, che costituisce ex se terreno fertile di contenzioso e, quindi, di conseguenti rallentamenti nell'apertura dei cantieri.
La mera «indicazione» del progettista non è una categoria giuridica, per quanto, dopo alterne pronunce, la giurisprudenza si sia risolta, con orientamenti oramai consolidati, ad assimilarla all'associazione del progettista all'esecutore dei lavori, ponendo in capo al progettista indicato i conseguenti obblighi dichiarativi circa il possesso dei requisiti di ordine morale e speciale.
Proprio il porsi al di fuori delle dinamiche certe del «raggruppamento» come forma codificata di partecipazione alle pubbliche competizioni, suscita perplessità, viepiù in considerazione delle pronunce, del giudice amministrativo, come dell'Avcp (ora Anac), volte a correggere le inevitabili distorsioni del sistema, fino ad applicare al progettista indicato le medesime regole garantiste previste per il progettista associato, escludendo, tuttavia, lo stesso, in quanto privo della «patente» di concorrente, dall'obbligo di sottoscrizione dell'offerta e, giustappunto, dalla possibilità di ricorrere all'istituto dell'avvalimento. Pare quasi una rincorsa a trovare forme di compromesso con una disposizione normativa disancorata dai comuni e generali principi che presiedono alla gestione delle pubbliche gare; primo fra tutti, il principio di parità di trattamento, che impone di fissare le regole del gioco e di individuare i soggetti ammessi, ovverossia gli operatori economici concorrenti, e le relative modalità di qualificazione, sia per la progettazione, sia per l'esecuzione, nella logica di ogni appalto misto, quale può considerarsi l'appalto integrato complesso.
Sarà la Corte di giustizia europea a chiarire definitivamente la soggettività del progettista «designato» e le modalità che consentano allo stesso di ovviare alla propria carenza dei requisiti speciali di partecipazione.

LE ULTIME DECISIONI PUBBLICATE SU PROBLEMI ATTUALI

APPALTI

Dipendente pubblico in commissione? Se l’incarico è gratuito non deve essere autorizzato
La natura gratuita dell'incarico di componente della commissione giudicatrice di una gara d'appalto, non incompatibile con la corresponsione di un mero rimborso spese, esclude l'applicabilità della sanzione della nullità di cui all'articolo 53 del Dlgs 165/2001. Ai sensi dell'articolo 53, comma 6, lettera d) del Dlgs 165/2001 non si considerano, infatti, retribuiti gli incarichi conferiti a dipendenti pubblici per i quali, tra l'altro, è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate. Tali incarichi, così come tutti gli altri delineati dal predetto comma 6, risultano esclusi dal regime autorizzatorio - fermo naturalmente restando il rispetto da parte del dipendente pubblico dell'orario di servizio e degli ulteriori doveri - potendosi discutere sulla sola permanenza o meno a carico del lavoratore di un mero obbligo di comunicazione all'Amministrazione di appartenenza, al più finalizzato alla sola comunicazione al Dipartimento della Funzione pubblica prevista dal successivo comma 12 anche per gli incarichi conferiti a titolo gratuito.
Tar Umbria, sezione 1, sentenza 1 marzo 2016, n. 217

Il preavviso di Durc negativo opera solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale
Anche dopo l'entrata in vigore dell'articolo 31, comma 8 del Dl 21 giugno 2013, n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali e assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il cosiddetto preavviso di Durc negativo), già previsto dall'articolo 7, comma 3 del Dm 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall'articolo 31, comma 8 del Dl 21 giugno 2013, n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al Durc chiesto dall'impresa e non anche al Durc richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d'appalto.
Consiglio di stato, adunanza plenaria, sentenza 29 febbraio 2016, n. 5

Per l’incameramento della cauzione l'imputabilità della violazione è irrilevante
L'incameramento della cauzione provvisoria previsto dall'articolo 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, conte tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile a eventuali valutazioni volte a evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all'esclusione (cfr., tra le tante, Consiglio di stato, sentenza 26 maggio 2015, n. 2638).
Consiglio di stato, adunanza plenaria, sentenza 29 febbraio 2016, n. 5

Errore materiale e soccorso istruttorio: differenze e regolarizzazioni
Nelle gare pubbliche, errore materiale, suscettibile di correzione, è quello che si estrinseca in un'inesattezza o in una svista accidentale, rivelando una discrepanza tra la volontà decisionale, chiaramente riconoscibile da chiunque e rilevabile dal contestato stesso dell'atto; in altri termini, l'errore materiale si sostanzia in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell'atto e che, come tale, può essere percepito o rilevato ictu oculi senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva della volontà, il cui contenuto resti individuabile e individuato senza incertezza. Non v'è una specifica disposizione che regolamenta - in materia di gare pubbliche - le conseguenze della commissione da parte di un concorrente di un «errore materiale», e pertanto si applica de plano anche a tale fattispecie la disciplina sub articolo 46 Tucp. Ciò non toglie che, di regola, la procedura attraverso la quale si consente di emendare un simile errore si distacchi, concettualmente, dalla «semplice» rettifica dell'errore materiale: in quest'ultima ipotesi, di fatto, non v'è alcuna originaria incertezza da colmare, la discrasia è sì evidente che soltanto sotto il profilo effettuale può parlarsi di «regolarizzazione»: invero, l'offerta è «regolare» ab imis. Diversamente nei «veri» casi di utilizzo del potere di soccorso istruttorio, si rende necessaria una procedura (e una discrezionale valutazione della stazione appaltante che deve rimanere contenuta entro il limite della ragionevolezza per non ledere la par condicio) che rimuova una irregolarità, «giustificabile», non dirimente, ma effettivamente sussistente, tale che, in carenza della «scelta» dell'Amministrazione di avvalersi di tale facoltà l'offerta sarebbe irregolare.
Consiglio di stato, sezione 4, sentenza 29 febbraio 2016, n. 854

Il limite della par condicio per il soccorso istruttorio
Nelle gare pubbliche il potere di soccorso istruttorio non può ledere la par condicio dei partecipanti ammettendo, oltre il termine previsto dal bando, documenti o dichiarazioni che devono essere presentati entro detto termine a pena di esclusione, atteso che questo deve essere rettamente inteso e applicato nel senso che tale integrazione non è ammessa laddove sopravvenga a colmare una iniziale e sostanziale inadeguatezza dell'offerta presentata dalla concorrente, consentendole di aggiustare il tiro e di modificare in itinere la propria partecipazione alla gara in danno delle altre concorrenti, ma non nel senso che è inibito alla stazione appaltante richiedere o alla concorrente provare, anche con integrazioni documentali, che la propria offerta era, sin dal principio e nella realtà effettuale, conforme a quanto richiesto dalla lex specialis e che tale non appariva per la presenza di un mero vizio formale o di un errore materiale.
Consiglio di stato, sezione 4, sentenza 29 febbraio 2016, n. 854

Il sindacato giurisdizionale nella verifica dell'anomalia
Il procedimento di verifica dell'anomalia non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare in concreto che l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto. Esso mira piuttosto a garantire e tutelare l'interesse pubblico concretamente perseguito dall'Amministrazione attraverso la procedura di gara per l'effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell'esecuzione dell'appalto, così che l'esclusione dalla gara dell'offerente per l'anomalia della sua offerta è l'effetto della valutazione (operata dall'Amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere. Un sindacato nel dettaglio sui singoli aspetti è precluso al giudice amministrativo, cui non è consentito procedere ad una autonoma valutazione della congruità o meno di singole voci, non potendosi sostituire ad una attività valutativa rimessa, quanto alla sua intrinseca manifestazione, unicamente all'Amministrazione procedente.
Consiglio di stato, sezione 4, sentenza 29 febbraio 2016, n. 854

L’interpretazione delle «idonee referenze bancarie» nei bandi di gara
L'espressione «idonee referenze bancarie», ove riportata nei bandi di gara pubblica senza ulteriori precisazioni, deve essere interpretata dagli istituti bancari nel senso, anche lessicalmente corretto, che essi devono riferire sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, quali la correttezza e la puntualità di queste nell'adempimento degli impegni assunti con l'istituto, l'assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, sempre che tali situazioni siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso.
Consiglio di stato, sezione 4, sentenza 29 febbraio 2016, n. 854

EDILIZIA E URBANISTICA

Le distanze non valgono per gli impianti di telecomunicazione
In base all'articolo 86, comma 3, del Dlgs 259/2003, gli impianti di telecomunicazione sono assimilati alle opere di urbanizzazione primaria: non è quindi applicabile la normativa sulle distanze previste per i comuni manufatti edilizi (nella specie, peraltro, l'antenna installata risultava priva di annesse e significative opere edilizie). (Amb. Dir.)
Tar Campania, Napoli, sezione 7, sentenza 3 marzo 2016, n. 1146

La responsabilità del proprietario del terreno per la rimozione dei rifiuti
È riconosciuta sia la responsabilità del proprietario di un terreno sul quale siano depositati rifiuti, ai sensi del Dlgs 22/1997, articolo 14, comma 3, nel caso in cui il terreno sia oggetto di un rapporto di locazione, sia la responsabilità di qualunque soggetto che si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata a evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente. Da ciò consegue che, sia il proprietario locante, che colui che conduce in locazione possono risultare responsabili per l'inquinamento dei suoli.
Consiglio di Stato,sezione 5, sentenza 25 febbraio 2016, n. 765

L'ordine di demolizione di aree sottoposte a sequestro preventivo penale
Non costituisce motivo di illegittimità dell'ordine di demolizione la circostanza che l'area su cui insistono gli illeciti edilizi sia sottoposta a sequestro preventivo, in quanto, nel sistema delineato dalla normativa urbanistica, l'esercizio del potere repressivo di un abuso edilizio costituisce un atto dovuto privo di discrezionalità e autonomo rispetto ad altri poteri repressivi rimessi ad altre autorità, rispetto al quale, dunque, la contestuale circostanza che l'abuso sia oggetto di un provvedimento di sequestro preventivo penale resta irrilevante ai fini del corretto esercizio del potere sanzionatorio dell'autorità comunale. E ciò anche perché il provvedimento di sequestro di cui all'articolo 321 del Codice di procedura penale è finalizzato a impedire l'ulteriore protrazione del reato e non preclude l'ottemperanza a un ordine di ripristino, sempre possibile, previa espressa autorizzazione del giudice penale competente. Di talché la parte ricorrente, siccome tenuta a eseguire l'ordine amministrativo, può richiedere il dissequestro dell'abuso finalizzato all'esecuzione dell'ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi. (Amb. e Dir.)
Tar Lazio, Roma, sezione 1-quater, sentenza 23 febbraio 2016, n. 2510

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