Urbanistica

Se il cessionario muore il credito inutilizzato finisce nella successione

L'Agenzia delle entrate, in una recente risposta a interpello, ha anche detto che l'erede (che conserva la detenzione materiale e diretta dell'immobile) può a sua volta optare per la cessione

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di Giorgio Gavelli

La crescente difficoltà di trovare un acquirente sul mercato finanziario del bonus edilizio maturato attraverso il sostenimento delle spese agevolate, ha portato molti contribuenti a cedere a soggetti privati, spesso familiari o parenti, generalmente dotati di partita Iva e quindi con imposte e contributi compensabili nel modello F24. C'è tuttavia un problema che, ad oggi, non è stato ufficialmente risolto: cosa succede al credito se il cessionario muore prima di averlo integralmente utilizzato? Le regole applicate da anni con riferimento alla detrazione sono, evidentemente, "fuori tema" se rapportate al credito d'imposta. Il comma 8 dell'articolo 16-bis dispone (con una previsione che è stata estesa a quasi tutti i bonus successivi) che «in caso di decesso dell'avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all'erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene», peraltro senza possibilità di reiterazione in caso di nuovo decesso (risposta ad interpello 612/2021).

L'Agenzia ha applicato questo principio (interpello 213/2023) in un caso in cui il soggetto che aveva maturato il bonus facciate era deceduto prima di perfezionare il trasferimento a terzi, aggiungendo l'interessante particolare che l'erede (che conserva la detenzione materiale e diretta dell'immobile) può a sua volta optare per la cessione, azionando l'articolo 121 del Dl 34/2019 per le rate non fruite. Tuttavia, una volta che è stata attivata l'opzione per la cessione o lo sconto in fattura, ipotizzare il persistere di un possibile legame tra il credito d'imposta (ed il suo titolare fornitore/cessionario) e la detenzione dell'immobile è fuorviante. Ed anche pensare all'azzeramento del credito residuo a causa del decesso del suo titolare ci sembra conclusione da scartare. Riteniamo, invece, che debbano essere applicati i principi generali, in base ai quali il credito (anche tributario) del de cuius cade in successione. L'erede, quindi, deve essere messo in grado di poter compensare le rate residue che il de cuius non ha potuto sfruttare, e (in caso di unico erede) ci sembra che possa essere utilmente attivata la stessa procedura che l'Agenzia ha recentemente riconosciuto applicabile con riferimento alla società incorporante (risposta 218/2023) per i crediti dell'incorporata, attraverso l'indicazione del codice fiscale del soggetto deceduto (a cui può essere assimilata la società incorporata) nel modello F24.

In attesa di un chiarimento, è opportuno evidenziare che la situazione si complica in presenza di una comunione ereditaria, seppure la giurisprudenza abbia da tempo fissato dei principi applicativi (Cassazione, sentenza 27417/2017 e sentenza a Sezioni Unite 24657/2007). Recentemente il legislatore si è occupato di rimborsi agli eredi di crediti fiscali, ma in questo caso bisogna disciplinare una compensazione, non un rimborso, ed occorre anche comprendere se l'erede di un soggetto che avesse ancora avuto a disposizione una ulteriore cessione, è (come pensiamo) ammesso ad azionare a sua volta l'opzione.

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