Appalti

Semplificazioni, niente «stand still» di 35 giorni per i mini-appalti

Una sentenza del Consiglio di Stato offre l'occasione per fare il punto sul tempo di attesa tra aggiudicazione e contratto

immagine non disponibile

di Roberto Mangani


Lo stand still così detto processuale – quello cioè che consegue alla proposizione di un ricorso giurisdizionale con contestuale istanza cautelare – è diretto unicamente a tutelare l'interesse del concorrente non aggiudicatario a ottenere una prima pronuncia giudiziaria – appunto sull'istanza cautelare – quando il relativo contratto non è ancora stato stipulato.

Di conseguenza, durante il periodo di stand still non è in alcun modo impedito lo svolgimento di attività successive all'aggiudicazione e propedeutiche alla stipula del contratto, quali la verifica dei requisiti o altri adempimenti previsti dalla legge di gara.
Sono questi i principi affermati dal Consiglio di Stato, Sez. V, 9 settembre 2020, n. 5420, che individua in maniera puntuale la ratio e i limiti di funzionamento dello stand still, offrendo peraltro l'occasione per definire le modalità in cui l'istituto si pone rispetto alle novità in tema di affidamenti dei contratti sottosoglia recentemente introdotte dal Decreto legge 76/2020 (Decreto semplificazioni).

Il fatto
Una centrale di committenza aveva indetto una procedura di gara per la conclusione di una convenzione per il servizio sostitutivo di mensa. Tale servizio doveva essere reso tramite Accordi di convezione sottoscritti tra l'affidatario e i singoli esercizi commerciali presso i quali i fruitori del servizio potevano rivolgersi per utilizzare i buoni pasto.
A tal fine il disciplinare di gara conteneva una clausola secondo cui l'aggiudicatario, entro 45 giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione, doveva fornire evidenza, a pena di decadenza dall'aggiudicazione medesima, degli Accordi di convenzione sottoscritti, in conformità a quanto indicato in sede di offerta.
Nel caso di specie, l'aggiudicatario non adempieva correttamente a questo obbligo, adducendo a giustificazione una serie di difficoltà operative sorte con gli esercenti commerciali e richiedendo una proroga dell'originario termine di 45 giorni. Conseguentemente la stazione appaltante, non ritenendo vi fossero le condizioni per accordare la proroga, disponeva la decadenza dall'aggiudicazione e l'incameramento della cauzione.
Contro questa decisione l'aggiudicatario proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo. Tra i motivi di ricorso, assumeva particolare rilievo quello secondo cui l'effetto sospensivo della stipulazione del contratto conseguente alla proposizione di un ricorso giurisdizionale – appunto il così detto stand still processuale - comporterebbe anche la sospensione dell'adempimento di tutti gli obblighi conseguenti all'intervenuta aggiudicazione e in particolare, con riferimento al caso di specie, la sospensione dell'obbligo di presentare gli Accordi di convenzione con gli esercenti commerciali.

Il giudice amministrativo di primo grado respingeva il ricorso e in particolare non riteneva meritevole di accoglimento la censura indicata.

Con riferimento a quest'ultimo profilo, il primo giudice evidenziava come lo stand still risponde alla fondamentale esigenza dei concorrenti alla gara di far valere le proprie ragioni in giudizio senza essere pregiudicati dall'avvenuta stipula del contratto. Questa essendo la ratio dell'istituto, la sospensione della stipula del contratto non può in alcun modo essere utilizzata per sospendere o prorogare i termini previsti dalla legge di gara per l'assolvimento di un adempimento posto a carico dell'aggiudicatario, che risulta propedeutico alla sottoscrizione del contratto stesso. In questo modo, infatti, si finirebbe per attribuire allo stand still una funzione che gli è del tutto estranea, con l'effetto di utilizzarlo per modificare in modo illegittimo una specifica clausola contenuta nella documentazione di gara.
Contro questa decisione del Tar l'originario aggiudicatario proponeva ricorso al Consiglio di Stato.

Lo stand still processuale
In sede di appello il ricorrente ha sostenuto che il primo giudice non avrebbe considerato che lo stand still processuale deve considerarsi rivolto a tutelare non solo l'interesse del concorrente non aggiudicatario che ha presentato ricorso giurisdizionale a non vedersi pregiudicato dalla rapida stipulazione del contratto, ma anche l'interesse dell'aggiudicatario che – una volta attivato il meccanismo di sospensione della stipula – sarebbe esentato dall'assolvimento degli adempimenti strettamente necessari e propedeutici a detta stipula.
In sostanza, la sospensione determinata dalla proposizione del ricorso giurisdizionale investirebbe l'intero segmento procedimentale successivo all'aggiudicazione. Ciò in quanto, una volta proposto il ricorso, viene mesa in dubbio la legittimità della procedura di gara e della relativa aggiudicazione. Di conseguenza, ogni successiva attività posta in essere sia dall'ente appaltante che dall'aggiudicatario potrebbe rivelarsi inutile, con inevitabile spreco di risorse e quindi in contrasto con i principi di economicità efficienza e buon andamento dell'azione amministrativa.

Applicando questi principi al caso di specie la tesi del ricorrente è che il termine di 45 giorno in cui lo stesso avrebbe dovuto presentare gli Accordi di convenzione con gli operatori commerciali doveva considerarsi sospeso ope legis, proprio in virtù dell'avvenuta proposizione del ricorso giurisdizionale da parte di altro concorrente non aggiudicatario.
Queste prospettazione è stata respinta dal Consiglio di Stato. Il giudice di appello ricorda innanzi tutto che in base alla previsione dell'articolo 32, comma 11 del D.lgs. 50/2016 la proposizione di un ricorso giurisdizionale con contestuale istanza cautelare comporta che il relativo contratto non può essere stipulato per almeno venti giorni, se entro questo termine interviene un provvedimento del giudice (ordinanza cautelare o decisione di merito). Se tuttavia entro i venti giorni questi provvedimenti non vengono adottati, la sospensione si prolunga fino alla pronuncia degli stessi. L'effetto sospensivo cessa se il giudice si dichiara incompetente o non concede misure cautelari.

Si tratta appunto dello stand still processuale, secondo cui la proposizione di un ricorso giurisdizionale con contestuale istanza cautelare blocca la stipula del contratto per almeno venti giorni.
A questo riguardo il Consiglio di Stato ribadisce come la ratio dell'istituto vada individuata nella tutela che viene accordata all'interesse del concorrente che impugna l'aggiudicazione di poter ricevere una prima valutazione delle sue ragioni in sede giudiziaria – nello specifico in sede di decisione sull'istanza cautelare – prima che il contratto sia concluso. In questo modo da un lato si rafforza la tutela del ricorrente, che può eventualmente rendersi esso titolare del contratto; dall'altro non vi è neanche una compromissione dell'interesse pubblico, come si avrebbe se fosse accolta l'istanza di sospensione con il contratto già stipulato e magari con la fase esecutiva già iniziata.

Sotto questo profilo l'interesse dell'aggiudicatario – e anche quello dell'ente appaltante – alla celere stipulazione del contratto diviene recessivo, ma tale aspetto è mitigato dalla durata temporale limitata dello stand still.

Se questa è la ratio dell'istituto, la conseguenza è che l'effetto sospensivo non può che rimanere circoscritto alla stipulazione del contratto, non potendosi certamente estendere a tutte le altre attività propedeutiche a tale stipulazione, la cui sospensione non trova alcuna ragione giustificatrice. Ed anzi, verrebbe illogicamente e inutilmente pregiudicato l'interesse dell'ente appaltante e anche dell'aggiudicatario, posto che senza alcuna valida ragione sarebbe impedita qualunque attività propedeutica alla stipula, con un inevitabile allungamento dei tempi una volta esaurito il periodo di stand still.

Lo stand still e le novità del Decreto semplificazioni
Come è noto il Decreto legge 76/2020 (Decreto semplificazioni) recentemente convertito dalla legge 120/2020, ha introdotto tra l'altro una disciplina derogatoria, valida fino al 31 dicembre 2021, per l'affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie.
In particolare, tale disciplina consente l'affidamento diretto per i lavori fino a 150.000 euro e per le forniture e i servizi fino a 75.000 euro. Mentre per gli affidamenti ricompresi tra i suddetti importi e le soglie comunitarie, è previsto lo svolgimento di una procedura negoziata con un numero di inviti che è pari a cinque per l'affidamento di forniture e i servizi, mentre è crescente (da cinque a quindici) per l'affidamento dei lavori.

Occorre dunque verificare come si ponga la disciplina dello stand still rispetto a questa normativa derogatoria introdotta, tenendo conto delle disposizioni specifiche che in materia di stand still per i contratti sotto soglia sono contenute nell'articolo 32 del D.lgs. 50.
Appare indubbio che lo stand still processuale sopra esaminato, disciplinato dal comma 11 dell'articolo 32, trova applicazione anche agli affidamenti sottosoglia nelle modalità introdotte dal Decreto semplificazioni. Si deve peraltro rilevare che l'eventuale proposizione di un ricorso appare più probabile in relazione allo svolgimento di una procedura negoziata che per gli affidamenti diretti.

Più articolata si presenta la questione con riferimento allo stand still che potremmo definire "ordinario", cioè quello disciplinato dal comma 9. In base a questa previsione il contratto non può comunque essere stipulato prima di 35 giorni dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione. Tuttavia il successivo comma 10 elenca una serie di casi in cui lo stand still non opera. Tra questi assumono rilievo ai nostri fini quelli indicati alla lettera b), secondo cui lo stand still non si applica nel caso di affidamenti effettuati ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettere a) e b).

In base a questa esenzione la stipula del contratto non è quindi sospesa:
a) per gli affidamenti diretti di importo fino a 40.000 euro;
b) per gli affidamenti ricompresi tra 40.000 euro e 150.000 euro per i lavori e la soglia comunitaria per le forniture e servizi, per i quali l'affidamento diretto deve essere preceduto dalla previa valutazione di tre preventivi (per i lavori) o di cinque offerte (per le forniture e servizi).

Occorre verificare se e in che termini queste ipotesi di non operatività dello stand still mantengano la loro validità anche in relazione agli affidamenti operati in applicazione del Decreto semplificazioni.

Per gli affidamenti diretti – fino a 150.000 euro per i lavori e fino a 75.000 euro per forniture e servizi – si deve ritenere che lo stand still non operi, trattandosi di importi che comunque rientrano nei limiti indicati dal comma 10 dell'articolo 36.
Allo stesso modo l'esenzione dallo stand still opera per gli affidamenti di forniture e servizi fino alla soglia comunitaria, che rientrano nell'esenzione secondo quanto indicato sempre al comma 10 dell'articolo 36.

Più controversa è la questione per gli affidamenti di lavori di importo superiore a 150.000 euro e fino alla soglia comunitaria. Per questi si deve ritenere che, in mancanza di una norma di coordinamento diretta ad estendere l'esenzione dello stand still oltre l'importo di 150.000 euro, rimanga valido l'obbligo di non stipulare il contratto prima che siano trascorsi 35 giorni dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione.

Non sembra infatti possibile invocare l'intento acceleratorio proprio delle norme del Decreto semplificazioni per superare un dato normativo che è rimasto integro nella sua formulazione testuale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©