Personale

Spese legali, niente rimborso al dipendente che ha violato i doveri d'ufficio

La Cassazione ha deciso sul caso di di difesa nel procedimento penale per il reato di abuso d'ufficio

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di Domenico Carola

I giudici della terza sezione civile della Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 24461/2020, hanno ritenuto che non può riconoscersi il rimborso delle spese legali al dipendente se la condotta posta in essere viola i doveri d'ufficio.

Un giudice onorario aveva riconosciuto il diritto di un dipendente comunale a ottenere dal Comune il rimborso delle spese legali sostenute per la difesa nel procedimento penale nel quale era stato indagato per il reato di abuso d'ufficio e che era stato definito con decreto di archiviazione del giudice delle indagini preliminari del Tribunale. Il Comune proponeva appello e il Tribunale lo accoglieva, riformando la decisione e rigettando l'istanza di rimborso, disconoscendo la sussistenza dei presupposti di legge, per vizio di legittimità che inficiava il provvedimento La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione dal dipendente.

La Cassazione ha rigettato il ricorso in quanto in tema di rimborso della spese legali richiesto dal dipendente coinvolto in un processo penale, l'atto di gradimento non integra un provvedimento da considerare quale elemento della fattispecie normativa che, unitamente agli altri presupposti legali viene a costituire il diritto al rimborso. All'atto di gradimento non può riconoscersi effetto costitutivo del diritto, e neppure esso esplica carattere vincolante, in ordine alla sussistenza delle altre condizioni legali necessarie per ottenere il rimborso.
Il rigetto è stato motivato dalla circostanza per la quale oggetto del procedimento penale o della controversia civile deve essere l'attività materiale o amministrativa provvedimentale compiuta dal dipendente, in quanto «direttamente connessa» all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti di ufficio. L'elemento problematico della fattispecie, in relazione al quale, secondo una sola circostanza in mandato ricevuto orientamento giurisprudenziale, viene a dipendere la configurabilità della situazione di conflitto di interesse. Fermo il principio, condiviso in giurisprudenza, che l'esito del giudizio, quando anche assolutorio in sede penale, o il mancato esercizio della azione disciplinare, o la omessa costituzione di parte civile dell'ente datore di lavoro, non hanno alcuna influenza sulla verifica del «conflitto di interesse» (che, al contrario, deve ravvisarsi tutte le volte in cui l'Amministrazione pubblica si sia attivata in via amministrativa, disciplinare o giudiziale, contestando al dipendente la illiceità od irregolarità dell'attività svolta), al fine di accertare la incompatibile divergenza tra le posizioni del dipendente e del Comune occorre che l'attività svolta dal primo sia estrinsecazione delle competenze allo stesso attribuite, nel senso che la condotta materiale o provvedimentale da quello tenuta sia riconoscibile come attività riferibile all'ente datore di lavoro, in quanto strumentale al perseguimento dei fini istituzionali dell'ente, ovvero compiuta nell'adempimento di doveri di servizio.

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