Urbanistica

Superbonus, i crediti incagliati diventano prestiti per le imprese

Allo studio uno strumento per dare liquidità a chi non è riuscito a monetizzare i bonus. In arrivo un finanziamento agevolato con garanzia pubblica sul modello Sace nato durante la pandemia

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di Giuseppe Latour e Marco Mobili

Un prestito agevolato con garanzia pubblica, che dia alle imprese in tempi rapidi liquidità per superare i problemi legati alla mancata monetizzazione dei crediti fiscali. Gira attorno a questo strumento il lavoro di Governo e maggioranza, andato avanti per tutta la giornata di ieri, tra incontri formali e informali, per definire le proposte di modifica alla legge di conversione del decreto legge Aiuti quater in materia di superbonus. Ieri i lavori di messa a punto delle correzioni al meccanismo della cessione dei crediti non sono ancora arrivati a un punto finale: la proposta dell'esecutivo, discussa ieri anche con le opposizioni, potrebbe essere presentata nella giornata di oggi in commissione Bilancio al Senato. Con il passare delle ore, però, i punti fermi si consolidano. L'elemento più innovativo della proposta allo studio è legato al meccanismo dei finanziamenti. L'ipotesi è che le imprese che hanno crediti di imposta incagliati, perché hanno prima effettuato lavori e poi non hanno trovato acquirenti, possano beneficiare di un prestito agevolato, parametrato all'ammontare dei crediti, sul modello già utilizzato durante la pandemia per assicurare liquidità al sistema produttivo attraverso Sace.

In questo modo, chi non riesce a monetizzare i bonus ottiene subito un supporto, essenziale per portare avanti la sua attività.Incassato il prestito agevolato, l'impresa continua però a tenere in pancia i crediti. L'idea è che potrà compensarli con i suoi versamenti in F24 anno per anno, con la scansione naturale della loro rateizzazione (quattro anni in caso di superbonus). Con il denaro liquido che non impiega per i versamenti, l'impresa potrà andare a rimborsare il finanziamento bancario. I prestiti avranno durata quinquennale: quindi, andranno rimborsati al ritmo del 20% all'anno. Seguendo una durata simile all'estensione naturale dell'agevolazione più utilizzata, il superbonus. In questo modo, infatti, non viene toccata la genetica dei crediti fiscali: il loro funzionamento resta esattamente identico al passato. Un dettaglio non da poco che mette al riparo "il nuovo sblocca crediti" da possibili contestazioni di Eurostat sul fatto che i bonus possano essere qualificati come payable e, quindi, essere riclassificati come debito pubblico.Qui sta uno dei punti più problematici, come sottolineano anche dall'Ance (si veda l'altro articolo in pagina), perché le imprese che non hanno capienza fiscale sufficiente a utilizzare i crediti che hanno in pancia rischiano di far girare a vuoto questo meccanismo.

Per loro l'unica strada resta la cessione dei crediti.Mercato dei crediti su cui, almeno nelle intenzioni del governo, entra in gioco l'altra misura allo studio: l'aggiunta di una ulteriore cessione tra banche e l'apertura alle cessioni dei crediti infragruppo, che dovrebbero consentire di sfruttare in maniera più pervasiva la capienza fiscale dei gruppi bancari, dando agli istituti qualche margine in più per acquistare (e alle imprese per monetizzare i crediti). Attualmente, le cessioni "in ambiente controllato" (cioè, ad esempio, tra banche e assicurazioni) sono solo due: spesso gli istituti di credito, quindi, si trovano ad avere a disposizione un solo trasferimento, una volta che hanno acquistato i crediti. Aumentando il numero di cessioni, si rende più semplice l'utilizzo dei crediti nel circuito bancario e più liquido questo mercato.Conferme, infine, arrivano sul fronte della Cilas. Prende forma il mini-rinvio, anticipato dal Sole 24 Ore nei giorni scorsi: la proroga del termine da centrare per salvare il 110% nel 2023 sarà agganciata al 31 dicembre e, salvo sorprese, riguarderà solo le comunicazioni di inizio lavori. Resta ferma la scadenza delle delibere, che il decreto Aiuti quater ha fissato al 24 novembre.

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