Urbanistica

Superbonus, per la cessione del credito spazi limitati per correggere le comunicazioni

Difficile sanare gli errori emersi dopo la formazione del credito: decisiva l'accettazione del trasferimento fatta dal cessionario

immagine non disponibile

di Luigi Sollazzo e Chiara Todini

Dopo il rilascio del visto di conformità, propedeutico alla circolazione del credito, possono presentarsi alcune criticità, dovute a errori formali o sostanziali emersi dopo la sua certificazione, potenzialmente in grado di inficiarne la spettanza e la circolazione. Si pensi al caso in cui, al termine dei lavori o in relazione a ciascun Sal, il beneficiario che abbia optato, inviando apposita comunicazione all'agenzia delle Entrate, per la cessione del credito d'imposta in luogo dell'utilizzo della detrazione, venga a conoscenza della non spettanza del credito per errori di natura formale o sostanziale, riflessi nelle asseverazioni e, conseguentemente, nelle conformità, e che, per l'effetto, ne dia tempestiva informazione al cessionario.

I rapporti cedente-cessionario
Bisogna considerare: che la documentazione prodotta non è rettificabile nel momento successivo alla conclusione dei lavori o a una fase intermedia degli stessi (ad esempio, dopo il completamento del Sal 2, non è possibile emendare il Sal 1, che risulta così congelato); che, con ogni probabilità, sarà inutilmente decorso il brevissimo termine di emendabilità della comunicazione (come noto, entro il quinto giorno del mese successivo a quello di invio della comunicazione, si può procedere all'annullamento del modello errato, e contestualmente alla presentazione di una nuova comunicazione, interamente sostitutiva della precedente; si veda il provvedimento dell'agenzia delle Entrate n. 283847 dell'8 agosto 2020, punto 4.7).Risultano, qundi, a oggi di difficile gestione i rapporti pendenti tra cedente e cessionario (e quindi, tra questi e l'Erario), generatisi sulla base delle comunicazioni errate.Occorre quindi individuare le situazioni che possono dirsi ormai consolidate e quelle, invece, i cui effetti devono essere rimossi. Al riguardo, in assenza di interventi legislativi e di chiarimenti di prassi, è bene distinguere diverse situazioni.

Credito non accettato
Nell'ipotesi in cui venga comunicato l'errore prima che il cessionario abbia accettato il trasferimento del credito d'imposta, un possibile rimedio è individuato nel semplice rifiuto del credito d'imposta da parte del cessionario (in questo caso, il cessionario andrebbe a cliccare "Rifiuta" sulla piattaforma web accettazione/cessione dei crediti), non perfezionandosi ad origine la cessione. In realtà, un simile meccanismo non dovrebbe generare complicazioni per il cessionario, dal momento che il credito in questione non è mai transitato nel suo cassetto fiscale. In ogni caso, pare corretto ritenere che anche il cedente (se a sua volta non utilizzerà il credito) non potrà essere assoggettato a una sanzione amministrativa per aver presentato una documentazione errata (che abbia inciso, dunque, sulla stessa esistenza del credito), poiché nessuno ha mai effettivamente fruito dell'agevolazione e, per l'effetto, alcun pregiudizio è stato arrecato all'Erario. Dovranno soltanto essere chiariti i meccanismi che consentano l'eliminazione della posta di credito non spettante dal cassetto fiscale del cedente.

Credito accettato
Più complessa è, invece, l'ipotesi in cui l'errore venga reso noto dopo che il cessionario abbia accettato il credito d'imposta e che, quindi, questo compaia nel suo cassetto fiscale. In questa circostanza, occorre operare una distinzione a seconda che, nel momento in cui venga a conoscenza della non spettanza del credito d'imposta, il cessionario lo abbia o meno già utilizzato. Nel caso in cui il cessionario non abbia ancora utilizzato il credito d'imposta, sarà possibile ovviare all'errore ricorrendo a uno "storno" di pagamento, che consenta al credito di tornare nel cassetto fiscale del beneficiario o dell'impresa cedente, nell'ipotesi in cui essa abbia concesso lo sconto in fattura, con emersione del credito di imposta direttamente sul suo cassetto fiscale. In questa circostanza, il cessionario non potrà essere assoggettato ad alcuna sanzione per aver accettato un credito, in seguito rivelatosi non spettante. Ovviamente, laddove il credito sia stato pagato, saranno attuati gli ordinari metodi civilistici per il recupero del prezzo, rivelatosi il contratto nullo, per impossibilità o illiceità dell'oggetto o contrarietà a norme imperative. Nel caso in cui il cessionario abbia, invece, già utilizzato il credito quando viene a conoscenza della sua non spettanza, occorre prima di tutto osservare che il credito d'imposta è stato acquistato e accettato in buona fede e che, laddove sia stato utilizzato (intendendosi per "utilizzo" anche la sua ulteriore cessione a terzi), non sia possibile imputare al cessionario alcuna responsabilità; si ricorda infatti che, nell'introdurre un regime di circolazione del credito di imposta, il legislatore ha inteso individuare nel beneficiario dell'agevolazione l'unico soggetto destinatario di un eventuale recupero del credito (comma 5 dell'articolo 121 del decreto Rilancio), esclusi i casi di concorso nella violazione (comma 6). Per quanto concerne invece la posizione del cedente, si ipotizza – ma è auspicabile un chiarimento, in proposito – il ricorso al generale istituto del ravvedimento spontaneo (articolo 13, comma 1, Dlgs n. 471/1997), con la restituzione all'Erario dell'importo complessivo del credito non spettante, oltre interessi e sanzioni.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©