Fisco e contabilità

Tari, la determinazione dei vincoli mette a confronto l'entrata prevista con quella accertata

Con l'avvento del Mtr introdotto da Arera la situazione è completamente cambiata

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di Elena Masini

Nella complessa attività di rendicontazione, gli enti locali si trovano a dover individuare correttamente i vincoli da esporre nel risultato di amministrazione. Tra le tante voci che concorrono alla determinazione delle quote vincolate dell'avanzo, una ha subito negli ultimi anni importanti modifiche normative tali da mettere in discussione gli assunti e le scelte fatte in passato: la Tari.

Sappiamo come questa entrata abbia natura vincolata imposta dal comma 654 della legge 147/2013, che la destina a copertura integrale dei costi del servizio. La stessa Corte dei conti, Sezione autonomie, con delibera n. 31/2015 ha riconosciuto natura vincolata alla tassa sui rifiuti. Fino al 2019 la prassi diffusa aveva portato a determinare il Pef sulla base dei costi previsionali del servizio desunti dalle spese iscritte nel bilancio dell'ente, in deroga ai criteri contenuti nel Dpr 158/1999. Così che la rendicontazione del vincolo era disposta confrontando le somme accertate in competenza con le spese impegnate. Molti enti non si facevano carico di inserire la Tari nel prospetto a.2 di determinazione delle quote vincolate, in quanto in molti casi le entrate risultavano più basse delle spese del servizio rifiuti.

Con l'avvento del Mtr introdotto da Arera la situazione è completamente cambiata. I costi "efficienti" del servizio vengono determinati sulla base dei bilanci consuntivi registrati dal gestore o dai gestori (compresi quelli del comune) nel penultimo esercizio precedente. Pertanto, oltre ad essere definitivi e non più suscettibili di modifica (salvo le voci previsionali ammesse dal Pef ed oggetto di conguaglio), i costi assumono dimensioni che nulla hanno a che vedere con le spese che il comune è chiamato a sostenere in base al contratto di servizio in essere con il gestore. Può ben accadere, quindi, che il Pef evidenzi costi per 100 (anche in virtù del limite alla crescita tariffaria) e le spese del bilancio ammontino a 120 o a 80. Gli enti si chiedono, quindi, come rendicontare i vincoli della Tari e soprattutto se ha ancora un senso considerare la Tari vincolata, considerato che l'entrata di un anno è parametrata sui costi dei due anni precedenti. Nel fornire la risposta, occorre innanzitutto premettere che il riferimento ai costi dell'esempio n.-2 è solo un parametro indicato da Arera per determinare i costi efficienti sui quali determinare la tariffa a carico dell'utenza, ma ciò non significa che la Tari del 2021 copre i costi del 2019. Se così fosse, effettivamente, trattandosi di entrata a rimborso, non avrebbe senso parlare di vincolo. I costi dell'es. n-2 rappresentano la base per determinare il Pef dell'esercizio di riferimento, sul quale calcolare la tariffa e stimare l'entrata da conseguire. Quindi a fronte di un PEF di 100, vengono elaborate le tariffe della TAri per ottenere 100 da richiedere agli utenti del servizio. Questo sarà poi l'importo da stanziare nel capitolo della Tari inserito a bilancio. Se a fine esercizio, tuttavia, l'entrata accertata dovesse risultare diversa, vi è da chiedersi se si possano o si debbano attivare meccanismi di conguaglio da gestire anche contabilmente. Anche in questo caso è l'Mtr-2 che viene in aiuto. Uno degli elementi di novità introdotti da Arera nel nuovo metodo tariffario, infatti, è la presenza tra i costi del Pef della voce di conguaglio inerente il recupero dello scostamento tra le entrate tariffarie fisse e variabili approvate nell'anno n-2 se non coperto da entrate disponibili e le entrate fatturate (articoli 18 e 19 del Mtr-2). Quindi nel 2022 gli enti sono chiamati a valorizzare tali scostamenti tra le entrate previste nel 2020 e quelle effettive: se positivo (gli enti hanno accertato di più del previsto) deve essere obbligatoriamente portato in riduzione del Pef; se negativo (gli enti hanno accertato meno del previsto) viene portato in aumento del Pef (e quindi aumenta potenzialmente i costi, salvo poi sottostare ii limiti alla crescita tariffaria) a meno che l'ente non abbia coperto con altre risorse la differenza.

Contabilmente queste dinamiche si traducono nella necessità, a rendiconto, di confrontare l'entrata Tari prevista nel Pef con l'entrata accertata in bilancio. Se l'ente ha accertato più del previsto, dovrà vincolare la differenza nell'avanzo e l'importo dovrà essere inserito nel Pef dei due anni successivi per portare a beneficio dei contribuenti il surplus di gettito. Se l'ente invece ha accertato meno del previsto, non dovrà vincolare nulla in avanzo (in quanto il vincolo non potrà mai essere negativo) e deciderà se porre a carico del Pef quella differenza. Nella colonna d) del prospetto a.2, quindi, il dato da inserire non è la spesa impegnata sul bilancio, ma l'importo corrispondente al totale delle entrate tariffarie massime previste nel Pef approvato, dopo le detrazioni di cui al punto 1.4 della determina 2/DRIF/2021. Secondo questa logica, potrebbe risultare necessario verificare non solo il 2021 ma anche gli scostamenti anche relativi al 2020, e qualora positivo (ovvero avanzo da vincolare) determinare correttamente la quota al 31/12/2021 evidenziando la quota 2020 da recuperare nella colonna f) con il segno negativo.

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