Fisco e contabilità

Tributi, il concessionario non può compensare i mancati riversamenti con altri crediti vantati nei confronti dell'ente locale

L'opzione, se esercitata, configura l'inadempimento di una specifica obbligazione che grava sull'agente contabile

di Claudio Carbone

Non è prevista la possibilità da parte del concessionario di compensare i debiti derivanti dal mancato riversamento di tributi riscossi, con i crediti vantati a diverso titolo nei confronti dell'ente locale. L'opzione, se esercitata, configura l'inadempimento di una specifica obbligazione che grava sull'agente contabile, non giustificato da un oggettivo impedimento. È quanto emerge dalla sentenza n. 5/2023 della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Veneto.

Premette il giudice contabile che gli agenti della riscossione dei tributi locali sono assimilabili agli agenti contabili degli enti locali e, in tale qualità, sono assoggettati all'obbligo di resa del conto. Conto che nella compilazione deve rispondere essenzialmente al criterio sostanzialistico in base al quale l'ente impositore deve disporre di tutti gli elementi per verificare la rispondenza dei dati contabili ai fini dell'approvazione dell'attività svolta dall'agente contabile e dell'invio alla Corte dei conti per il giudizio.

L'Amministrazione individua un responsabile del procedimento che, espletata la fase di verifica, entro 30 giorni dalla approvazione e previa parificazione del conto, lo deposita, unitamente alla relazione degli organi di controllo interno, presso la Sezione giurisdizionale territorialmente competente. L'agente contabile, naturalmente, rimane responsabile per la mancanza o la distruzione delle prove della gestione contabile da lui stesso tenuta. In tale contesto, la resa del conto giudiziale altro non è che l'istanza giudiziale dell'agente contabile di essere scaricato mediante la prova contabile e documentale di avere esattamente adempiuto ai propri obblighi di servizio, sia riscuotendo le imposte sia versando quanto dovuto all'amministrazione; prova che incombe sul medesimo agente.

Tutto ciò non è accaduto nel caso di specie perché nelle risposte trasmesse dal Comune e dall'agente contabile, non si fa alcun riferimento alla documentazione contabile prescritta dal regolamento comunale di contabilità, che richiama, sul punto, le norme del Dpr 28 gennaio 1988 n. 43 sulla tenuta delle scritture contabili dei cosiddetti riscuotitori.

Ciò rilevato in principio, la sentenza aggiunge che nel nostro ordinamento, «la regola generale dell'assoggettabilità ad esecuzione di tutti i beni del debitore (artt. 2740 e 2910 cod. civ.) subisce, per quanto attiene gli enti pubblici, una limitazione in dipendenza della natura dei beni appartenenti agli enti stessi, essendo espropriabili solo i beni disponibili e non quelli di origine pubblicistica e destinati per legge ad uno scopo specifico pubblico. Perciò, per la realizzazione di crediti di terzi verso l'amministrazione pubblica, non possono essere pignorati», presso i soggetti che provvedono «alla riscossione dei tributi, i corrispondenti crediti dell'ente pubblico, anche se, per effetto del versamento, sia esaurito il rapporto tributario fra l'ente e il contribuente». Rilevano, in proposito, l'articolo 181 del Tuel e l'articolo 226 del Rd 827/1924. Dal principio secondo cui non sono pignorabili e sequestrabili le somme riscosse, a titolo di tributi, consegue che non è ammissibile uno ius retentionis, a garanzia di un contro credito, da parte dell'agente della riscossione, il quale deve assolvere all'obbligo di corresponsione delle somme detenute. Pertanto, stante la natura di crediti tributari, va escluso che possa opporsi, al mancato versamento dei tributi introitati da parte dell'agente contabile, una compensazione legale dei crediti in base all'articolo 1243, comma 1, del codice civile visto, tra l'altro, il dettato normativo di cui al successivo articolo 1246, n. 3 che esclude espressamente tale possibilità per i crediti dichiarati impignorabili.

Non è possibile, inoltre, nella fattispecie in esame, configurare una ipotesi di compensazione volontaria, mancando in realtà la prova di una concorde volontà delle parti richiesta dall'articolo 1252 del codice civile.

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