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Varianti in corso d'opera, dopo 15 anni i contenziosi promossi da Aspi trovano il giudice (ordinario)

Palazzo Spada dirime definitivamente la questione sulla competenza sulle perizie riviste al ribasso da Anas e Mit

di Massimo Frontera

Il Consiglio di Stato si è pronunciato definitivamente (sentenze 4034 - 4036 e 4041) sulle perizie di variante richieste da Aspi a partire dal 2007 e approvate - a seconda dei casi da Aspi e Mit - con modifiche al ribasso, sia degli importi che dei maggiori tempi contrattuali richiesti, con conseguente sistematica impugnazione dei vari provvedimenti al Tar. Ma proprio qui è iniziato un rimpallo che è durato anni e che si è risolto in modo definitivo solo il 23 maggio scorso con la pubblicazione di tre pronunce del Consiglio di Stato. Nelle tre sentenze (sull'appello di altrettante pronunce dei Tar: Toscana n.807/2021 - n.805/2021 - Tar Emilia Romagna n.323/2021) si afferma che se Autostrade vuole contestare le decisioni dell'Anas e del ministero delle Infrastrutture dovrà rivolgersi al giudice ordinario. Una indicazione chiara e netta, peccato che arriva dopo un tempo che arriva fino a 15 anni dai fatti, tempo speso in valutazioni, rimpalli e discussioni da parte del giudice amministrativo. Il tutto per importi non trascurabili, anche se non sempre indicati nelle pronunce. Ma l'aspetto paradossale è che il contenzioso promosso da Aspi anni fa non è ancora mai entrato nel merito. Proprio perché nel merito - appunto - il Consiglio di Stato ha deciso che ci deve entrare il giudice ordinario, e non quello amministrativo, cui invece la società si era rivolta fino ad finora.

Le pronunce del Consiglio raccontano contenziosi che riguardano opere diverse - e in territori diversi - ma che sono simili nella sostanza. Per esempio, il 17 giugno 2009, Aspi ha sottoposto ad Anas una perizia di variante relativa al tratto Badia Nuova-Aglio, Lotto Mugello 1° stralcio, lungo l'A1 per un valore di quasi 54 milioni di euro, chiedendo nuovi prezzi e un maggior tempo contrattuale di 268 giorni. La variante è stata approvata dall'Anas il 6 giugno 2011, stralciando però alcune voci di costo - riducendo dunque l'importo - e decurtando anche il tempo aggiuntivo calcolato da Aspi. Il 19 settembre 2011 Aspi ricorre al Tar Lazio. Il 5 febbraio 2019 - oltre sette anni dopo - il Tar Lazio dice che la competenza è del Tar Toscana. Il 3 febbraio 2020 il Tar Toscana chiama il Consiglio di Stato a valutare la competenza. Lo stesso anno il Consiglio di Stato conferma la competenza del Tar Toscana. Pertanto Aspi prosegue il giudizio presso il Tar Toscana, il quale però il 27 maggio 2021 declina la propria giurisdizione indicando che la competenza è del giudice ordinario. Aspi si appella Consiglio di Stato, il quale questa volta - e siamo appunto arrivati al 23 maggio scorso - il Consiglio di Stato conferma la decisione del Tar.

Il copione è lo stesso per la perizia di variante relativa all'ampliamento alla Terza corsia Barberino del Mugello-Incisa Valdarno, tratto: Firenze Nord-Firenze Sud, Tratta B-lotti 4-5-6, sottoposta ad Anas nel 2007 e approvata l'8 gennaio 2009 e per la seconda perizia approvata il 9 luglio 2012 relativa sempre allo stesso appalto e poi ancora per la terza perizia (approvata nel 2014) e infine per la quarta variante approvata il 17 luglio 2017 dagli enti concedenti, sempre relativi ai lotti 4-5-6 della Terza corsia della A1, Firenze Nord-Firenze Sud. Anche in tutti questi casi il balletto è lo stesso: ricorso al Tar Lazio, rinvio al Tar Toscana, rinvio al Consiglio di Stato, rinvio al Tar, incompentenza del Tar, confermata dal Consiglio di Stato.

Stessa cosa anche in Emilia Romagna per lavori sulla A14. In questo caso Aspi contesta la variante approvata dal Mit il 9 marzo 2016 relativa all'ampliamento alla terza corsia tra Rimini Nord e Pesaro tratto Rimini Nord-Cattolica, Lotto 1A; e poi ancora alla variante approvata, sempre dal Mit, il 3 agosto 2017 relativa allo stesso tratto, lotto 1B. Anche in questo caso gli importi delle varianti pur non essendo indicati, devono essere rilevanti, come si desume dal fatto, riportato nella sentenza, che «sono stati ritenuti collaudabili lavori per importo netto di 278.500.341,70 euro».

Ovviamente, al netto dei tempi medi della giustizia, c'è una spiegazione all'eccezionale ritardo con cui sono stati giudicate questioni anche risalenti. Solo nel 2020, infatti, la Corte di Cassazione (civile Sezioni Unite, 26 ottobre 2020, n.23418 e civile Sezioni Unite, 28 febbraio 2020, n.5594) ha chiarito che le controversie che attengono alla fase esecutiva del rapporto Pa-operatore economico spetta al giudice ordinario. In sostanza, anche nel caso delle concessioni (e non solo nei lavori), a valle della selezione del contraente, dopo la firma della convenzione, il rapporto tra concedente e operatore (salvo che la Pa intervenga con atti autoritativi che incidono direttamente, seppure successivamente all'aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d'ufficio o comunque nella fase esecutiva mediante altri poteri riconosciuti dalla legge) diventa paritetico, «essendo i poteri di vigilanza del primo inerenti alla sua posizione di committente al pari di quanto avviene nell'appalto di lavori, mentre l'approvazione delle perizie di variante non assume configurazione pubblicistica in quanto è sempre inerente ad un rapporto paritetico tra concedente e concessionario». In altri termini, dopo la firma della convenzione, «la gestione funzionale ed economica dell'opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario con la conseguenza che le controversie relative alla fase di esecuzione appartengono alla giurisdizione ordinaria, poiché attengono a profili applicativi del contratto intercorso tra le parti».

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