Amministratori

Il provvedimento di acquisizione sanante è competenza riservata al consiglio comunale

di Guido Befani

La competenza all'adozione del provvedimento di acquisizione sanante è riservata al Consiglio comunale, in quanto riconducibile al novero dei provvedimenti di acquisizione ex articolo 42, comma 2, lett. l, del Dlgs n. 267/2000, che dispone doversi adottare con delibera consiliare gli acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del Segretario o di altri funzionari. È quanto afferma il Tar Salerno, con la sentenza n. 1205/2019.

L’approfondimento
Il Tar Salerno è intervenuto sui profili di legittimità del provvedimento di acquisizione sanante adottato con atto monocratico del dirigente del settore patrimonio dell’Ente locale, piuttosto che con deliberazione del Consiglio comunale.

La decisione      
Nell’accogliere parzialmente il ricorso, il Collegio ha avuto modo di rilevare come la competenza all'adozione del provvedimento di acquisizione sanante è riservata al Consiglio comunale, in quanto riconducibile al novero dei provvedimenti di acquisizione ex articolo 42, comma 2, lett. l, del Dlgs n. 267/2000, che dispone doversi adottare con delibera consiliare gli «acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari», così ricomprendendo anche l'ipotesi di acquisto di immobili disciplinata dall'articolo 42 bis del Dpr n. 327/2001.
Per il Collegio, inoltre, , in tema di espropriazione per pubblica utilità, sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario, ove si discuta – come, appunto, nella specie – della quantificazione dell'importo dovuto in applicazione dell'articolo 42 bis del Dpr n. 327/2001, e le relative controversie sulla determinazione e corresponsione dell'indennizzo, globalmente inteso, previsto per la c.d. acquisizione sanante, sono, quindi, devolute, in unico grado, alla Corte d’appello, secondo una regola generale dell'ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità, dovendosi interpretare in via estensiva l'articolo 29 del Dlgs n. 150/2011, tanto più che tale norma non avrebbe potuto fare espresso riferimento a un istituto – quale quello della acquisizione sanante – introdotto nell'ordinamento solo in epoca successiva.
Pertanto, nella fattispecie di cui all'articolo 42 bis del Dpr n. 327/2001, l'illecita o illegittima utilizzazione dell'immobile per scopi di interesse pubblico costituisce solo un presupposto dell'acquisizione del bene, sicché, ove il provvedimento acquisitivo sia stato adottato in conformità agli altri presupposti normativi, l'indennizzo previsto per la perdita della proprietà non ha natura risarcitoria, ma indennitaria, e la controversia sulla sua determinazione e corresponsione appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario ai sensi degli articoli 53 del Dpr n. 327/2001 e 133, lett. g, c.p.a. (si veda Cassazione, Sezioni unite, n. 2583/2018; n. 11180/2018).

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva che il provvedimento impugnato è viziato da incompetenza, siccome adottato dal Responsabile del Settore patrimonio, ambiente e lavori pubblici, anziché dal Consiglio comunale.

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