Appalti

Nuovo Codice, con le commissioni giudicatrici esterne rischio esplosione dei costi di gara

di Giuseppe Latour

Rischio esplosione dei costi di gara con le nuove regole sulle commissioni giudicatrici. La polemica è rimasta sottotraccia nelle scorse settimane, ma a farla riemergere con forza ha pensato il presidente Anac Raffaele Cantone, nel corso della sua audizione in Parlamento. Il Codice appalti prevede che i commissari esterni, inseriti negli elenchi dell'Anticorruzione, vadano remunerati. Usarli per tutte le gare comporterebbe allora oneri pesanti, tanto che alcune grandi stazioni appaltanti hanno già protestato: lo stesso Cantone ha fatto riferimento a osservazioni in questo senso di Anas e Consip. Il decreto, quindi, individua una scappatoia: usare le commissioni esterne solo per il soprasoglia, la parte residuale del mercato (circa il 20% in numero). Per le altre gare si farà ricorso alle commissioni interne.

Una soluzione che non piace all'Authority e che, in sede di pareri, è ad alto rischio di ritocco. Intanto, si apre la seconda settimana di lavori parlamentari: l'appuntamento chiave è l'audizione del ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, fissata per mercoledì pomeriggio.

La questione viene affrontata all'articolo 77 del Codice. Qui si legge che per le aggiudicazioni con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa le valutazioni andranno affidate a una commissione giudicatrice, composta da esperti: dovrà essere composta da un numero dispari di persone, non superiori a cinque. I commissari saranno scelti tra gli esperti iscritti negli albi dell'Anac, attraverso un sorteggio pubblico. Non sempre, però: la stazione appaltante, in caso di affidamenti sotto la soglia comunitaria (5,2 milioni per i lavori), può scegliere di nominare componenti scelti al suo interno. E potrà farlo anche in un secondo caso: le procedure di non particolare complessità.

Ricapitolando, allora, il Codice ha fissato una (doppia) scappatoia che depotenzia in maniera consistente la regola generale che avrebbe voluto tutto nelle mani dei commissari con il bollino dell'Anac. Poste queste due eccezioni, gran parte del mercato utilizzerà le commissioni individuate al suo interno. La scelta, che non ha nessun fondamento nella delega, ha una paternità ben precisa: alcune grandi stazioni appaltanti hanno chiesto di ammorbidire la norma. Tra queste, come riferito dallo stesso Cantone, ci sono Consip e Anac.

Il motivo è, principalmente, legato ai costi. "Le spese relative alla commissione – si legge nel Codice - sono inserite nel quadro economico dell'intervento tra le somme a disposizione della stazione appaltante". La Pa, quindi, dovrà pagare i commissari esterni, nell'ambito di paletti tariffari prefissati dal ministero dell'Economia. Ai dipendenti pubblici, invece, "non spetta alcun compenso, se appartenenti alla stazione appaltante". Quindi, le commissioni interne lavorano gratis. A questo problema finanziario, si somma anche una considerazione legata alla qualificazione: alle grandi stazioni appaltanti andrebbe riconosciuta la possibilità di utilizzare le proprie commissioni, per ragioni di efficienza.

Su queste scelte, però, pendono i dubbi di Cantone. In questo modo, infatti, le commissioni Anac sarebbero di fatto relegate in un angolo. Il sottosoglia ingloba un terzo del mercato in valore e circa l'80% del numero di bandi di lavori. Escludendolo, si getta una pesante ombra sulla scelta, fatta dal Codice, di dare un ruolo centrale all'offerta economicamente più vantaggiosa. Senza contare che le commissioni interne alle stazioni appaltanti sarebbero, in molti casi, ad alto rischio di corruzione. "La scelta di dare centralità all'offerta economicamente più vantaggiosa non può prescindere da un meccanismo trasparente di selezione dei commissari esterni", è il ragionamento di Cantone.

Questi dubbi, come molte altre osservazioni che stanno venendo fuori in queste ore, entreranno nel parere unico che le commissioni Ambiente della Camera e Lavori pubblici del Senato stanno preparando in questi giorni. La scorsa settimana è servita a raccogliere i dossier dei diversi soggetti interessati e ad ascoltare l'audizione del presidente Anac. Questa settimana ruoterà attorno all'audizione del ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio che sarà ascoltato mercoledì pomeriggio. Ascoltato il ministro, la fase di raccolta delle osservazioni sarà conclusa e i due relatori, Raffaella Mariani e Stefano Esposito potranno procedere alla scrittura materiale del parere, che sarà approvato probabilmente già per fine marzo. E che, da quello che sta emergendo in questi giorni, sarà parecchio voluminoso.

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