Urbanistica

Progetti a tempo, una nuova strategia per la riqualificazione urbana

di Paola Pierotti

Edifici pubblici e privati, aree urbane e spazi aperti sono soggetti a cicli di alto e basso utilizzo. Nei momenti di transizione, c’è «un gap temporale, tra vecchia e nuova destinazione d’uso - come lo definisce Isabella Inti, presidente di Temporiuso e docente al Politecnico di Milano - dove è possibile sperimentare attività e progetti temporanei, che possono offrire nuovi scenari di rigenerazione urbana».

Spunti anche per identificare vocazioni future. Riqualificazione del patrimonio e sottrazione dello stesso al degrado, sussidiarietà con il terzo settore e creazione di incubatori culturali. E ancora, posizionamento del bene sul mercato immobiliare, in attesa che l’edificio o l’area possano essere apprezzati, una volta riaccesi. Queste sono alcune delle finalità economiche, sociali e urbanistiche del riuso temporaneo che sempre più spesso ha ricadute dirette sul valore immobiliare.

Un caso che fa scuola è l’iniziativa promossa dalla società Ninetynine guidata da Simone Mazzarelli a Roma per la riattivazione del palazzo della Civiltà Italiana oggi headquarter di Fendi. In questi giorni Ninetynine ha stilato il bilancio della sua divisione “Urban Value”: investimenti per 3,9 milioni di euro in tre anni, 2mila aziende coinvolte e 1,5 milioni di visitatori, 604 attività realizzate e 894mila euro di ricavi per i proprietari degli immobili, un indotto per le città ospitanti che supera i 56 milioni, 500 posti di lavoro creati.

Una macchina rodata per il team di Mazzarelli che ha affiancato nella capitale Cdp nell’area di Guido Reni (Guido Reni District) e per il Palazzo degli Esami e per l’Atac ha ridato vita a tre ex autorimesse: PratiBus District, Ragusa Off e San Paolo District; a queste si aggiunga l’ex cartiera Ligestra (CityLab 971). A Napoli con Agenzia del Demanio ha riattivato Palazzo Fondi. Ultima operazione, da poco assegnata tramite gara dal Comune di Milano, la trasformazione del Cavalcavia Bussa in un contenitore di attività aperte al pubblico in ambito sportivo, ricreativo, cinematografico, artistico e di intrattenimento.

«Di fatto prendiamo in gestione dei ruderi – racconta Mazzarelli - e con un investimento iniziale (per Atac si parla di un milione di euro, per Palazzo Fondi mezzo milione, per Guido Reni 2 milioni, ndr) li facciamo diventare delle infrastrutture idonee per ambientare una serie di attività temporanee. Siamo dei gestori, trasformiamo l’immobile in un brand, sempre prestando attenzione alla comunità e ai diversi target». In questi anni si sono affacciati operatori del mondo food, della moda, e dell’innovazione; gli spazi hanno ospitato anche mercatini, riprese televisive, mostre, shooting. «A Napoli, dove il palazzo diventerà la sede dell’Agcom, in un anno e mezzo di attività temporanee, si sono generati 4,4 milioni di indotto per l’economia della città».

Da Berlino a New York i casi internazionali di successo fanno scuola, e anche in Italia ormai le pratiche di riuso temporaneo vengono riconosciute per il loro valore economico. «Negli ultimi dieci anni – racconta Isabella Inti - sono stati avviati numerosi progetti da una pluralità di soggetti istituzionali e informali. Da Milano a Sesto San Giovanni, da Bologna a Ferrara con la Factory Grisù, da Genova a Lecce, a San Vito dei Normanni (Br), fino in Sicilia con esperienze a Favara e Giarre. Una rete informale di riutilizzatori dal basso con associazioni, artisti, artigiani e makers, studenti e gruppi di cittadini, studi di architetti e designer, piccole imprese creative con attori tra i 20 e 50 anni, che si sono attivati per promuovere ricerche, campagne di sensibilizzazione e strategie di intervento». Un fermento che attraverso la creatività e l’imprenditorialità va a creare un mercato, ad alimentare quella nicchia che per una decina d’anni poche strutture come la stessa Urban Value hanno capitalizzato, anche educando la committenza pubblica e privata ad una domanda in continua evoluzione.

«Sperimentazioni positive, con tutti i rischi del caso» commenta un rappresentante della committenza com’è Marco Sangiorgio, direttore Cdp Investimenti sgr. Ricordando l’esperienza di successo del Guido Reni District davanti al Museo Maxxi dove «la città si è ripresa un luogo chiuso da anni, grazie ad un fitto programma di iniziative culturali e ludiche. Sul fronte della normativa c’è ancora qualche passo da fare: nel Lazio ad esempio c’è una legge regionale che prevede questi usi per una durata limitata, ma per stare tranquilli meglio optare per il comodato che per l’affitto». Sul fronte della normativa si è distinta la Regione Veneto grazie all’articolo 8 della legge 14/2017 sul contenimento del consumo di suolo. Claudio Bertorelli, paesaggista urbano di Aspro Studio, ha contribuito a questo obiettivo forte della considerazione che «le destinazioni d’uso classiche non riescano ad intercettare bisogni e tendenze del mercato. Concretamente stiamo lavorando a Verona Est, dove c’era il grande polo della logistica delle Ferrovie dello stato che sta per diventare un polo dello sport (Adige Docks) e nel tempo di transizione è stato riaperto come piazza. Ancora, a Treviso di fronte all’aeroporto nell’area delle ex ceramiche Pagnossin si sta lavorando per farne un polo delle eccellenze, restituendola alla comunità con usi temporanei».

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