Urbanistica

Edilizia privata, illegittimo l'annullamento differito della concessione

di Donato Palombella

Illegittimo l'annullamento in autotutela della concessione edilizia rilasciata quindici anni prima, quando l'amministrazione comunale non specifichi le ragioni del provvedimento e il pubblico interesse che intende tutelare. Il decorso del tempo genera l'affidamento del cittadino sulla legittimità del titolo concessorio. Il Tar capitolino, con la sentenza del 29 gennaio 2016, n. 1310, pone nel nulla l'ordine di demolizione essendo necessario tutelare la posizione degli acquirenti che hanno fatto affidamento sulla legittimità del titolo edilizio.

Il fatto contestato
Il fatto trae origine dal provvedimento con cui il dirigente comunale procede (siamo ad ottobre del 2014) all'annullamento in autotutela di una concessione edilizia rilasciata nel gennaio del 2000 - ovvero quasi quindici anni prima - ordinando, conseguentemente, la demolizione delle cubature illegittimamente realizzate. A dare innesco al provvedimento di autotutela sarebbe la erroneità del calcolo della superficie fondiaria con conseguente aumento, di circa 120 mc, della volumetria espressa dal lotto. Secondo l'ufficio tecnico comunale, si sarebbe verificato un errore tra la rappresentazione grafica del lotto che aveva espresso i volumi edificati e le tavole del piano particolareggiato. I destinatati del provvedimento contestavano le modalità con cui l'amministrazione aveva effettuato il calcolo della superficie fondiaria e, conseguentemente, delle volumetrie realizzate; proponevano comunque una soluzione conciliativa offrendo di cedere gratuitamente, all'interno del medesimo piano particolareggiato, delle superfici da destinare a sede stradale, nonché la cubatura espressa da altro lotto.

Principio generale: alla Pa ampi poteri per annullare in autotutela
Il giudice amministrativo, in primo luogo, richiama il principio di portata generale, codificato dall'art. 21 nonies della Legge n. 241/1990 ed ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza, che permette l'annullamento in autotutela del provvedimento amministrativo illegittimo; sottolinea, in proposito, che la giurisprudenza riconosce all'amministrazione ampi poteri discrezionali.

Il decorso del tempo richiede specifica motivazione
Il potere di procedere all'annullamento in autotutela dell'atto amministrativo, tuttavia, incontra dei limiti: esso può essere esercitato entro un lasso temporale ragionevole, tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati in quanto il cittadino fa affidamento sulla "bontà" del provvedimento. In altre parole, la giurisprudenza parte dal presupposto che il cittadino è convinto che l'atto amministrativo sia di per se legittimo e basa il proprio comportamento proprio su tale presunzione di legittimità. Il decorso del tempo non fa altro che accrescere tale convincimento. Se così non fosse, gli scambi commerciali sarebbero bloccati in quanto tutti avrebbero il timore di "inciampare", prima o poi, nell'annullamento del titolo concessorio.
Nell'ipotesi in cui l'amministrazione voglia procedere all'annullamento in autotutela di un atto risalente nel tempo, non sarà più sufficiente invocare, in via generica, la salvaguardia del pubblico interesse, ma sarà necessario procedere al una specifica motivazione nonché occorrerà contemperare l'interesse pubblico con la salvaguardia della posizione dei cittadini che hanno fatto affidamento sulla legittimità del provvedimento (Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 maggio 2015, n. 2468; Consiglio di Stato, Sez. III, 4 maggio 2012, n.2567). In definitiva, l'amministrazione, nell'esercizio del potere di annullamento, dovrà contemperare il generico interesse pubblico con quello dei cittadini.

Il caso in esame
Nel caso in esame l'amministrazione ha effettuato l'annullamento in autotutela di un atto amministrativo rilasciato quasi quindici anni prima senza specificare quale sia l'interesse pubblico attuale all'esercizio del potere di autotutela e senza fare alcuna valutazione sugli interessi dei privati. Occorre tener presente, per inciso, che, visto il lungo arco di tempo trascorso tra il rilascio del titolo concessorio ed il suo annullamento, nelle more gli immobili erano stati alienati a terzi che, in buona fede, avevano ovviamente fatto affidamento sulla piena legittimità della concessione edilizia rilasciata dal Comune.
Il TAR Roma, con la sentenza in commento, ha ritenuto illegittimo il provvedimento di annullamento in autotutela ed il conseguente ordine di demolizione, in quanto privi di motivazione circa l'interesse pubblico ed attuale e concreto anche in relazione al tempo trascorso e all'affidamento dei privati.
L'amministrazione, inoltre, sarebbe incorsa in un errore procedurale avendo notificato gli atti ai destinatari originari della concessione edilizia annullata e non ai proprietari attuali degli immobili che, presumibilmente, avevano fondato l'acquisto facendo affidamento sulla bontà della concessione edilizia.

Due tesi a confronto
In relazione al potere dell'amministrazione di procedere all'annullamento in autotutela del titolo concessorio sembrano essersi formati, sul fronte giurisprudenziale, due diversi orientamenti, tra loro contrastanti.
Secondo un primo indirizzo, l'annullamento in autotutela di titoli edilizi illegittimi non necessita di una espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse oggetto di tutela in quanto il provvedimento troverebbe il proprio fondamento sul generico interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica nonché sull'esigenza di ripristinare l'ordine violato (Consiglio di Stato Sez. IV, 5 febbraio 2015, n. 562; TAR Cagliari, Sez. II, 16 ottobre 2013, n. 651; Consiglio di Stato, Sez. V, 3 giugno 2013, n. 3037; Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4300; Sez. V, 5 settembre 2011, n. 4982; Sez. IV, 6 ottobre 2010, n. 7342). Di conseguenza, almeno in linea di principio, in ambito edilizio la motivazione del provvedimento di annullamento sarebbe implicita. Tale tesi troverebbe applicazione nel caso in cui la tutela del pubblico interesse sia tanto evidente da non richiedere alcuna specifica motivazione come, ad esempio, accade qualora interventi edilizi di notevole consistenza siano stati assentiti in totale spregio alle prescrizioni urbanistiche sostanziali che pongono vincoli di inedificabilità assoluta o che prevedono limitazioni volumetriche.
Secondo un diverso orientamento, l'adozione del provvedimento di annullamento e di ripristino dello status quo ante richiederebbe un'espressa motivazione in ordine all'interesse pubblico, attuale e concreto, non essendo sufficiente l'intento di operare un astratto ripristino della legalità violata (TAR Firenze, Sez. III, 2 maggio 2014, n. 688; Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 marzo 2013 n. 1605; TAR Marche, Ancona, I, 25 luglio 2013, n. 593; Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4770 che riforma TAR Toscana, III, 6648/2010; TAR Lazio, 29 aprile 2011, n. 3698; Consiglio di Stato, 27 novembre 2010, n. 10501; TAR Lombardia, 17 giungo 2009, n. 4066). Tale indirizzo troverebbe il proprio fondamento sulla natura "discrezionale" del provvedimento che sarebbe il

La sentenza del Tar Lazio n.1310/2016 depositata il 29 gennaio

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©