Fisco e contabilità

Ecco il piano da 196 miliardi ma sul Recovery un altro rinvio

Nella bozza 74,3 miliardi alla transizione green di cui 40 miliardi per la riqualificazione degli edifici

di Manuela Perrone

Un piano di ripresa e resilienza da 196 miliardi, di cui 123 destinati alla transizione verde e digitale. Delle 125 pagine della bozza approdata ieri al Consiglio dei ministri - riunito in ritardo, andato avanti a singhiozzo e infine interrotto prima del previsto per la notizia della positività al Covid-19 della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese - si è in realtà parlato poco. La maggior parte del tempo è stata assorbita dal più controverso dei capitoli del testo, quello dedicato alla governance immaginata per la gestione del Recovery Plan (si veda l’articolo accanto). Le tensioni e i veti, in particolare dei renziani, hanno fatto aggiornare a oggi pomeriggio il Cdm, almeno per licenziare il resto del Recovery Plan da trasmettere alle Camere e a Bruxelles.

È un governo sull’ottovolante quello che tenta di riempire di numeri e progetti il suo programma di rilancio. «Per l’Italia si tratta di voltare pagina rispetto al passato», ha scritto nella premessa il premier Giuseppe Conte. Anche perché al nastro di partenza il Paese arriva colpito da una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, con un debito pubblico a quota 158% del Pil, ritardi strutturali, nuove fragilità. Non a caso si indicano come prioritarie due ataviche incompiute: le riforme della giustizia e del fisco, soprattutto per ridurre la pressione sui redditi da 40 a 60mila euro.

Ma quale strada per gli investimenti pubblici viene disegnata nei 17 cluster che raggruppano i 56 progetti totali in cui sono articolate le sei missioni del Recovery Plan? La parte del leone, in linea con le indicazioni di Bruxelles, è giocata dalla missione «rivoluzione verde e transizione ecologica», destinataria di 74,3 miliardi che salgono a 80 considerando anche i progetti di confine. Quattro i cluster associati: «efficienza energetica e riqualificazione degli edifici» è il più consistente dell’intero piano (40,1 miliardi), con l’estensione del superbonus 110% e un programma di risanamento di scuole, ospedali, edifici comunali. Ci sono poi 18,5 miliardi per la transizione energetica e la mobilità locale sostenibile, 6,3 per impresa verde ed economia circolare, 9,4 per la tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica (con gli interventi anti-dissesto idrogeologico, la messa in sicurezza della rete idrica e una riforma della governance dell’acqua con l’affidamento a gestori integrati dove ancora non è avvenuto).

Al secondo posto per volume di risorse assegnate (48,7 miliardi) c’è la missione «digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura», con ben 35,5 miliardi appostati per la transizione digitale delle imprese, tra 4.0, banda larga, 5G e internazionalizzazione, e 10 miliardi per l’innovazione nella Pa. Una delle voci contestate in Cdm, quest’ultima, che ha visto contrari ministri di vari schieramenti, compresa la tecnica Lamorgese.

Al capitolo infrastrutture andrebbero 27,7 miliardi, di cui 23,6 per l’alta velocità di rete e la manutenzione stradale 4.0, a istruzione e ricerca 19,2 miliardi. A «parità di genere, coesione sociale e territoriale» sono destinati 17,1 miliardi, di cui 4,2 per la parità (con i nidi e l’istituzione di un Sistema nazionale di certificazione della parità per orientare incentivi alle imprese), 3,8 per la coesione territoriale (destinati anche agli ecosistemi per l’innovazione al Sud e alle aree interne e montane), 3,2 per giovani e politiche del lavoro. Alla salute 9 miliardi.

La bozza calcola anche l’impatto del piano sulla crescita: la spinta per il Pil è stimata nello 0,3% nel 2021, in crescita fino al 2,3% alla fine dei sei anni, nel 2026. A patto, si chiarisce, che gli investimenti pubblici riescano a essere realmente efficienti.

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