Urbanistica

Il vincolo alberghiero disposto dal Comune non opera per sempre

Va valutata l'eventuale perdita di convenienza economica dell'impresa

di Gianlorenzo Saporito e Guglielmo Saporito

Un vincolo alberghiero disposto dal Comune non può essere a tempo indeterminato, ma deve valutare l’eventuale perdita di convenienza economica dell’impresa: lo precisa il Consiglio di Stato con la pronuncia n. 475/2021.

Nel caso deciso, un Comune della riviera romagnola aveva imposto un vincolo urbanistico permanente su di un albergo all’interno di una zona a specifica vocazione turistica.

Su ricorso della proprietà, i giudici hanno invece ritenuto che il Comune deve sempre valutare il profilo legato alla perdita di convenienza economico-produttiva dell’impresa alberghiera.

Nelle zone ad alta vocazione turistica, in particolare in Liguria ed Emilia-Romagna, sono frequenti contrasti sul vincolo alberghiero: la legge 217/83 affida all’ente locale da discrezionalità su criteri e modalità per la rimozione del vincolo, distinguendo tra le diverse zone del territorio comunale e tipologie di strutture: i vincoli, se contenuti nei piani urbanistici, dovrebbero avere la stessa durata di tali piani, ma la giurisprudenza ora mitiga questo criterio, obbligando a valutare il profilo legato alla perdita di convenienza economica dell’impresa alberghiera.

Se quindi l’iniziativa alberghiera non ha più convenienza economica, il vincolo urbanistico va rivalutato.

Senza un’indagine sui flussi turistici e sulle tendenze della domanda, il piano urbanistico che imponga vincoli a tempo indeterminato diventerebbe infatti uno strumento di limitazione del diritto d’impresa e del diritto di proprietà: per imporre un vincolo di destinazione alberghiera, va invece valutata la capacità turistico ricettiva complessiva del Comune e quella specifica della struttura ricettiva, traendone le conseguenze sulla durata della destinazione. Quindi, se vi è un’oggettiva impossibilità dell’immobile ad adeguarsi, nelle caratteristiche distributive, funzionali e dimensionali a livelli standard qualitativi del settore alberghiero, la funzione alberghiera può risultare incompatibile o insostenibile, anche se a suo tempo prevista dal piano urbanistico. Questi principi sono desumibili da più pronunce (Consiglio di Stato 1449/2012 per il Comune di Levanto; 6626/2018 per il Comune di Rapallo) dove si legge che il piano urbanistico non può imporre limiti permanenti immodificabili, se non è possibile adeguare la struttura ai migliori standard alberghieri stante la conformazione dell’edificio la mancanza di spazi. Ad esempio, la sola distanza limitata alla costa (300 metri) non può generare un vincolo alberghiero inamovibile, se mancano altri indici obiettivi di redditività e di valutazione della sostenibilità economica dell’attività.

Se quindi è impossibile adeguare l’immobile agli standard alberghieri, alle dotazioni richieste della clientela (piscina, giardino, spazi comuni) è possibile sostenere l’inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato, chiedendo la rimozione della destinazione di piano.

Stesso ragionamento si applica per le difficoltà causate dall’esistenza di vincoli monumentali, paesaggistici e architettonici, che possono interferire con la normativa in materia di sicurezza (su accessi, vie di fuga, scale antincendio, barriere architettoniche). Se tali problemi incidono sulla convenienza economico produttiva della struttura ricettiva, non si può infatti imporre coattivamente lo svolgimento dell’attività, perché la convenienza economica è connaturata alla libertà di impresa.

Con questa logica, nel Comune di Varazze un manufatto promiscuo (a destinazione commerciale, turistica e abitativa) e in prossimità della rumorosa linea ferroviaria Genova Ventimiglia, ha ottenuto (Tar Liguria, 260/2021) l’eliminazione del vincolo per l’impossibilità di adeguarsi sotto il profilo della convenienza economica produttiva dell’impresa alberghiera.

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